Gratteri: «Mafia autoctona in Basilicata»

  • Postato il 13 luglio 2025
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Gratteri: «Mafia autoctona in Basilicata»

Nicola Gratteri

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Per il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri la mafia in Basilicata: «si è ispirata alle organizzazioni pugliesi, campane e calabresi».


Nicola Gratteri, 67 anni, originario di Gerace, nel Reggino, è procuratore di Napoli dal 20 ottobre del 2023. Mafia e politica, vanno ancora troppo a braccetto?

«È un vizio antico. Senza il legame con politici, imprenditori, professionisti, uomini delle istituzioni, le mafie sarebbero state già debellate. Invece in Italia sono presenti da oltre 160 anni. Falcone diceva: “Solo riducendo la mafia a un mero fenomeno criminale possiamo sperare di sconfiggerla”. Se non lo abbiamo ancora fatto è perché la mafia, o meglio le mafie, sono molto di più». Quanta credibilità ha ancora la giustizia in Italia? «Secondo un recente sondaggio commissionato dall’Anm, il 58% degli italiani nutre “molta” o “abbastanza” fiducia nella magistratura. Non penso che i cittadini abbiano voltato le spalle ai magistrati, come spesso ripete il ministro Nordio. Ovviamente, abbiamo le nostre colpe e, forse, dopo il caso Palamara, dovevamo sciogliere il Csm e voltare pagina. Ma posso affermare che le problematiche che riguardano la giustizia non sono dovute, per larga parte, a responsabilità riconducibili ai magistrati. Questo messaggio purtroppo non lo si coglie bene perché la magistratura non ha alcun peso mediatico».

MAFIA IN BASILICATA, IL GIUDIZIO DI GRATTERI SUL GOVERNO MELONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA

Che voto darebbe al governo Meloni sul fronte della giustizia? E perché?

«Non penso che il governo sul fronte giustizia stia andando nella direzione necessaria o auspicabile. Tranne qualche riforma sulla sicurezza digitale, non è stato fatto nulla che possa contribuire a sveltire i processi e a dare risposte ai cittadini, in termini di efficacia, efficienza e di decisioni giuste. Anzi, molte riforme vanno nel senso opposto. E non solo in campo penale, ma anche amministrativo contabile; mi riferisco alla riforma della Corte dei conti. Lo dico e lo ripeto: dalla riforma Cartabia in poi, non ho visto nulla di positivo». Si è mai sentito tradito dallo Stato? «No, non mi sono mai sentito tradito».

Chi vuole ancora un Sud in affanno rispetto al resto dell’Italia?

«Farei qualche distinguo. In Calabria, per esempio, le mafie hanno tutto l’interesse a mantenere le cose come sono. Se ci fosse sviluppo e se i servizi fossero efficienti, non avrebbe senso ricorrere alla ‘ndrangheta. Viceversa, qualcuno, non tutti, che ha bisogno chiede, ma poi si vincola. Il consenso delle mafie nasce anche da piccole necessità quotidiane».

A proposito di Istruzione, lo Stato ha investito poco su questo fronte?

«Purtroppo i Governi degli ultimi decenni non hanno investito in istruzione che implicherebbe una distrazione per i ragazzi anche nel pomeriggio anche per evitare che così i ragazzi figli mafiosi si stia lontano da brutti esempi. Questo vuol dire pagare meglio gli insegnanti e prenderne di più. Ci vorrebbe almeno un terzo in più di insegnanti che impegnano i ragazzi nel pomeriggio. Bisognerebbe cercare di tenere i ragazzi più possibile a scuola, con scuole belle e colorate, altrimenti sembrano prigioni. La scuola dev’essere accogliente, dove la mattina si studiano le materia didattiche e nel pomeriggio si fa cultura. Poi c’è un altro dato, noi abbiamo bisogno di una scuola dove ci siano insegnanti preparati. Ci sono docenti che insegnano l’italiano e non conoscono la lingua. Le ultime riforme della scuola hanno consentito un incentivo per gli accessi dei genitori nella scuola e questa è una cosa negativa.

Mediamente i genitori sono ignoranti, scostumati e spesso, vorrebbero insegnare la professione agli insegnanti. I genitori devono intervenire solo se c’è un insegnante ignorante o se c’è un insegnante pedofilo. Bisogna parlare di droghe. Chiedo ai dirigenti scolastici di organizzare degli incontri tra i ragazzi e i tossici per capire come ci sono arrivati lì. Non facciamo parlare i ragazzi con i medici, ma con i tossici».

PREVENZIONE DROGHE: ASCOLTARE I TOSSICODIPENDENTI

Lei è favorevole o contrario alla legalizzazione delle droghe leggere?

«Sono contrario alla legalizzazione delle droghe leggere perchè il disegno di legge dice che un maggiorenne potrebbe andare in farmacia e comprare a dodici euro un grammo di marijuana. Se legalizziamo le droghe leggere impoveriamo le mafie, sì, ma di pochissimo. Il futuro appartiene alle droghe sintetiche. In Bolivia si sta sperimentando la cocaina sintetica, la cocaina rosa, ed è inodore in modo che sia difficile da intercettare. Poi c’è il Fentanyl che è la droga degli Zombie, che incide sul sistema celebrale e fa perdere il senso dell’orientamento e fa perdere ogni stimolo sul piano neurologico: Si cammina proprio come zombie. Questo sarà un problema immediato di enorme importanza per il futuro».

Come sono cambiate le mafie negli ultimi dieci anni?

«Alcuni clan sono diventati più ricchi e potenti. La droga è un enorme volano di ricchezza. Quei pochi che la gestiscono hanno accumulato capitali enormi e, grazie a un’economia sempre più vorace, riescono a reinvestirli con una facilità impressionante, trovando sempre nuove opportunità per espandere il loro dominio, anche nei settori legali. Le mafie sono diventate un sistema di potere integrato che permea e sfrutta le maglie deboli delle istituzioni e dell’economia». Ci sono meno morti ammazzati e meno guerre di mafia. Come se lo spiega… «Hanno imparato dalle esperienze passate. Il sangue crea allarme sociale. La violenza la usano quando è strettamente necessaria, preferendo muoversi sottotraccia. Senza dare nell’occhio». L’economia del Sud è “contaminata” ancora dalle organizzazioni criminali e si ha sempre più difficoltà a denunciare estorsioni e soprusi… «Qualche segnale positivo si coglie. Ci sono figli di boss che hanno deciso di collaborare con la giustizia e alcuni imprenditori hanno trovato il coraggio di denunciare le estorsioni subite, dimostrando una fiducia crescente nelle istituzioni. C’è molto da fare. Ci sono interi territori che restano permeati dalla cultura e dall’influenza delle mafie».

GRATTERI: «LA MAFIA IN BASILICATA E’ PRESENTE NEL MATERANO, POTENTINO E MELFESE»

La Basilicata è una terra troppo spesso dimenticata dal resto dell’Italia: camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita hanno interessi su questa regione?

«Purtroppo, sì, c’è una mafia autoctona che si è ispirata soprattutto alle organizzazioni criminali pugliesi, campane e calabresi. È presente prevalentemente nella zona del materano, potentino e melfese».

Lei ha una scorta di livello 3, in quanti hanno in Italia questo tipo di protezione?

«Solo io e Nino Di Matteo ce l’abbiamo, oltre al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ci sono momenti dove mi viene la sindrome dell’affogamento, ma la forza la si ricava dall’idea che ciò che fai serve. Bisogna convincersi che il mio sacrificio ha una funzione. Lo faccio perché devo raggiungere un risultato e perché voglio che sia più vivibile il territorio, perché la gente paga le tasse e vorrebbe vivere un territorio più democratico. Ci sono migliaia di persone che credono in me e per le quali io sono l’ultima risorsa, l’ultima speranza di cambiamento. Non posso deluderle».

Su La7 lei condurrà un programma in quattro puntate, “Lezioni di mafie”. Può darci qualche anticipazione?

«Intanto, non è il mio programma, come è stato detto. E non sarò io a condurlo. Ci sarà un giornalista che, nel caso di Lezioni di mafie, è Paolo Di Giannantonio. Uno degli autori del programma è il professor Antonio Nicaso che, durante le quattro puntate, farà degli approfondimenti sui temi trattati. E poi ci saranno tanti ospiti. Io mi limiterò a rispondere alle domande degli studenti e alle sollecitazioni del conduttore del programma».

Il programma ha scatenato polemiche, qualcuno ha ritenuto inopportuno la sua presenza al programma. Come è nata questa iniziativa? Cosa replica a chi oggi la attacca?

«Sono abituato a questo tipo di critiche. Lo ripeto: ognuno nel suo tempo libero può fare quello che vuole. Non è un programma di attualità, non parlo di inchieste in corso. Mi limito a parlare di mafie e delle loro caratteristiche con un taglio informativo. Lo hanno fatto in passato altri magistrati, tra cui Falcone, Grasso e Roberti. Peraltro, scrivo libri da decenni con un taglio meramente divulgativo, come il format del programma, e mai nessuno ha avuto motivo di dolersene. Mi stupisce questa critica. Forse creo fastidio a qualcuno? Ho la coscienza a posto. E vado avanti per la mia strada».

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