Gratteri evoca l’allarme democratico sulla riforma della giustizia, e si fa autogol
- Postato il 14 gennaio 2025
- Di Il Foglio
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Gratteri evoca l’allarme democratico sulla riforma della giustizia, e si fa autogol
Oggi il Parlamento inizierà a votare la riforma della giustizia, un tema molto delicato e complesso che però viene spesso piegato a ricostruzioni di parte e lontane dal vero. È qualcosa che accade spesso nel dibattito politico, ma è più preoccupante quando ad alimentare una discussione distorta e mistificata sono i magistrati. Sabato scorso, era ospite di “In altre parole” su La7 il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Il programma condotto da Massimo Gramellini, affiancato da Roberto Vecchioni, è un po’ il salotto della complessità e della cura delle parole, come appunto suggerisce il nome della trasmissione, in contrapposizione alle semplificazioni populiste e alle fake news. Il contesto perfetto per discutere approfonditamente di giustizia con un importante magistrato, sebbene noto per le sue banalizzazioni e il suo linguaggio spiccio.
Il problema è che le semplificazioni di Gratteri, in verità molto lontane dalla verità e dalla logica, non hanno trovato alcun argine ma solo sorrisi e cenni di approvazione con il capo o verbali. Gratteri attacca frontalmente la riforma Nordio come “molto pericolosa”: “La peggiore dall’unità d’Italia a oggi”. Oltre le leggi fascistissime, quindi. Gratteri ce l’ha in particolare con la separazione delle carriere nella magistratura: “Siccome non esiste nel mondo un paese dove c’è la separazione della carriere in cui il pm non dipende dall’esecutivo, la sorpresa nell’uovo di pasqua sarà che ogni anno il ministro della giustizia dice quali sono le linee e le emergenze”. Si tratta di un’affermazione falsa. L’art. 104 della Costituzione proposto nella riforma recita infatti: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica”. Nessuna dipendenza dal governo, quindi, ma due distinti Csm.
Ma c’è poi un problema logico nelle argomentazioni del procuratore di Napoli, quando sostiene che il governo non dovrebbe proprio sottoporre al Parlamento la riforma perché sulla separazione delle carriere “il 12 giugno 2022 c’è stato un referendum, e il popolo si è già pronunciato – dice Gratteri –. È andato a votare il 20 per cento, quindi l’80 per cento non è d’accordo su questa riforma”. Si tratta di un grossolano non sequitur: che nel referendum abrogativo l’80 per cento non si sia espresso non implica affatto che si sia come vuole Gratteri. Peraltro, la suprema volontà popolare è un argomento ballerino per i magistrati: nel 1988 l’80 per cento degli italiani (stavolta davvero) votò a favore della responsabilità civile dei magistrati, ma quella volontà è stata largamente disattesa anche per l’opposizione dell’Anm. Lo stesso Gratteri ha dichiarato di essere “assolutamente contrario” alla responsabilità diretta del magistrato, evidentemente infischiandosene di come si è pronunciato il “popolo”.
In ogni caso, se pure nel frattempo avesse cambiato idea sulla volontà suprema dei cittadini, Gratteri non ha di che preoccuparsi. La separazione delle carriere prevista dalla riforma Meloni-Nordio è infatti una legge costituzionale che, per definizione, non essendoci in Parlamento una maggioranza dei due terzi, verrà sottoposta a un referendum popolare (peraltro senza quorum). Se, come dice Gratteri, l’80 per cento degli elettori è contrario alla separazione delle carriere, questo non è affatto un argomento per sostenere che la riforma non deve essere neppure proposta. L’esatto contrario: gli italiani avranno modo di poter esprimere la loro contrarietà con una schiacciante maggioranza. In altre parole, il problema di un magistrato come Gratteri non è tanto la banalizzazione di una riforma costituzionale, ma l’assenza di logica.
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