Gramellini & Co, la stampa progressista molesta gli atleti neri
- Postato il 19 settembre 2025
- Sport
- Di Libero Quotidiano
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Gramellini & Co, la stampa progressista molesta gli atleti neri
La vera notizia sarebbe se per una volta un atleta italiano dalla pelle scura riuscisse a vincere qualcosa senza che qualche illustre rappresentante della stampa italiana usasse la sua vita per un commentino politico. E invece non ce la fanno: a ogni medaglia, a ogni piazzamento, a ogni successo nelle batterie dall’Olimpico fino ai campi di Capiago Intimiano, gli azzurri di colore vengono immediatamente arruolati come testimonial involontari di una battaglia che peraltro non è affatto detto che sia la loro (di solito gli si fanno domande sull’immigrazione solo dopo...). Usati come bamboline e subito messi in contrapposizione con gli italiani bianchi e di destra. La loro vittoria deve diventare uno “schiaffo”, una lezione a qualcuno che invece, chissà perché, li vorrebbe perdenti. Un delirio.
L’ultimo caso in ordine cronologico è quello di Mattia Furlani, medaglia d’oro di salto in lungo ai mondiali che da buon romano pronuncia la parola “magico” con due “g” come Francesco Totti e ha una madre nata in Ghana. La Stampa spara in prima pagina un titolo per porre in risalto le sue parole dopo il trionfo, il suo «ciao mamma da italiano vero», come se qualcuno gli avesse rinfacciato di non esserlo. Uno spaccato più preciso lo fornisce Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, «a qualche ex generale darà fastidio il colore della sua pelle e dirà che i veri italiani hanno caratteristiche cromatiche diverse». Ecco lo schiaffo. Poi arriva la lezione: «Le storie di successo come quelle di Mattia non nascondono i problemi dell’integrazione ma indicano soluzioni».
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Il bersaglio preferito è spesso Vannacci, ma è vero che anche lui- che su questo argomento rappresenta l’ala estrema - fa parte di un partito, la Lega, che ha eletto a Palazzo Madama il primo senatore di colore della storia repubblicana. La pelle non conta per indossare la maglia azzurra e non è un problema per nessuno nell’arco parlamentare. Sarebbe invece cosa buona se in generale a tutti in Italia passasse per sempre la voglia di usare i nostri atleti per le campagne politiche, spesso gettando nello stesso calderone questi ragazzi con chi sbarca a Lampedusa. La storia degli sportivi non può diventare un’arma per criticare la lotta all’immigrazione clandestina, pratica che almeno fino agli anni ’90 anche a sinistra si riteneva ovviamente non tollerabile ma che successivamente, a causa di una deriva ideologica inspiegabile e controproducente, è stata in qualche modo sdoganata.
Resta ovviamente da affrontare l’aspetto culturale di questa polemica, quello legato all’integrazione. E in questo senso si contrappongono due mondi. La destra ovviamente fa della lotta per preservare la nostra identità una bandiera. In questo senso si può citare la lettera con cui Donald Trump dà il benvenuto ai nuovi cittadini americani, con cui li accoglie annunciandogli di essere entrati in una famiglia che ha una sua cultura e una sua storia e che vuole che se ne conservi la traccia. «Questo patrimonio è ora vostro, da proteggere, promuovere e tramandare alle generazioni future. La nostra storia è ora la vostra storia». Anche chi ha idee differenti, dovrà riconoscere che non c’è nulla di razzista in questo. Sembra crederci anche Furlani, che canta l’inno con la mano sul cuore. Viva l’atleta azzurro, abbasso i suoi sfruttatori bianchi di sinistra.
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