Governi più solidi scelti dai cittadini: ecco le ragioni della riforma

  • Postato il 1 dicembre 2023
  • Di Libero Quotidiano
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Governi più solidi scelti dai cittadini: ecco le ragioni della riforma

Con le prime audizioni svolte davanti alla Commissione affari costituzionali del Senato è iniziato il procedimento di revisione costituzionale sulla forma di governo. E su un dato sembra esservi una tendenziale condivisione: anche i più strenui detrattori della proposta governativa di introdurre l'elezione diretta del presidente del Consiglio convengono sul fatto che il sistema parlamentare, per usare le parole di Gustavo Zagrebelsky, «pur scritto sulla Carta, è andato degenerando legislatura dopo legislatura, governo dopo governo».
Più in generale, l'esigenza di una maggiore stabilità dei governi è largamente condivisa e non potrebbe essere altrimenti. La durata dei governi in Italia è un unicum nel panorama europeo e internazionale e i numeri sono sin troppo noti: abbiamo avuto 68 governi in 75 anni, 13 presidenti del Consiglio diversi negli ultimi trenta anni, e una durata media dei governi, da record negativo, pari a poco più di un anno.


Numeri che, come è ovvio, si ripercuotono negativamente sul funzionamento delle istituzioni e della democrazia e sono di ostacolo alla realizzazione di indirizzi politici di medio-lungo periodo e all'elaborazione e attuazione di riforme organiche. L'instabilità dei governi e il trasformismo parlamentare producono, inoltre, disaffezione nei cittadini con il correlato astensionismo e si riflettono anche in ambito macroeconomico: l'instabilità favorisce la spesa corrente, penalizzando la spesa di investimenti, a detrimento della crescita del Pil e dello sviluppo infrastrutturale del Paese. Diminuisce, inoltre, il livello di attrattività degli investimenti, in quanto i piani ecomici finanziari di un investimento pluriennale richiedono una normativa stabile che mal si concilia con governi di breve durata.
 

ALLARMISMI INGIUSTIFICATI
Se vi è condivisione sul problema di fondo, molto più articolate si presentano le opinioni rispetto alle possibili soluzioni e alle criticità che presenterebbe la proposta governativa. Premesso che qualsiasi testo è migliorabile e che il dibattito parlamentare serve fisiologicamente a favorire la sintesi politica e a trovare le modifiche più adeguate, alcuni allarmismi sembrano poco giustificabili rispetto all'impatto che la proposta governativa potrebbe avere.


La scelta di non riprendere i modelli più diffusi negli altri ordinamenti statali è, infatti, motivata proprio dall'esigenza di agire in continuità con il sistema parlamentare e di favorire un intervento minimale e sintonico alla nostra tradizione costituzionale. Il presidenzialismo e il semipresidenzialismo avrebbero, infatti, comportato l'elezione diretta del presidente della Repubblica, con una penetrante modifica del ruolo istituzionale dell'organo: eventualità che tutte le forze di opposizione avevano fortemente osteggiato; il sistema tedesco - prospettato invece come possibile soluzione da una parte dell'opposizione - presupponeva anch'esso una serie di modifiche molto significative. Esse avrebbero inciso tanto sul rapporto di fiducia, che nel sistema tedesco coinvolge solo il presidente del Consiglio e non il governo nel suo complesso; quanto sul bicameralismo paritario; quanto, infine, sui poteri del presidente della Repubblica in relazione alla nomina del Cancelliere e allo scioglimento delle Camere, in modo molto più penetrante rispetto alla proposta in discussione.

La proposta del governo si ispira, invece, alla forma di governo sperimentata nelle Regioni, dopo la modifica della l. cost. n. 1 del 1999, che ha effettivamente centrato l'obiettivo di assicurare maggiore stabilità, tanto da raddoppiare la durata media dei governi regionali. L'unica eccezione è rappresentata, non a caso, dalla Regione Valle d'Aosta che è l'unica Regione a non avere l'elezione diretta del governatore e che ha avuto 9 governi negli ultimi 6 anni. Rispetto, peraltro, al sistema regionale, vengono introdotti alcuni elementi di elasticità (come la deroga al meccanismo automatico del simul stabunt simul cadent), col fine di contemperare l'esigenza di governabilità con il ruolo delle Camere e le prerogative parlamentari.

ALTERNANZA E DEMOCRAZIA
Un sistema che si avvicina per modalità di funzionamento a quello che ha caratterizzato, nella prima decade degli anni Duemila, il nostro sistema di governo sotto la vigenza di leggi elettorali a tendenza maggioritaria, quando vi è stata sostanzialmente un'alternanza al governo tra Berlusconi e Prodi e quando i cittadini si ritrovavano addirittura il nome del candidato presidente del Consiglio della coalizione sulla scheda elettorale. E credo che nessuno ritenga che in quel periodo vi sia stata una sospensione delle regole democratiche; anzi i cittadini in quella fase potevano consapevolmente scegliere il candidato presidente del Consiglio, il programma e la coalizione che li avrebbe governati. Non c'era, o era comunque molto limitata, la mediazione dei partiti in Parlamento. Diversamente nella precedente legislatura abbiamo avuto tre governi, con tre presidenti del Consiglio “tecnici”, con coalizioni di governo assolutamente imprevedibili e con programmi che cambiavano da un anno all'altro in relazione alle diverse coalizioni. È stato osservato che con la proposta del governo si finirebbe per consentire a chi vince di disporre, per cinque anni, da solo del potere, e si evocano addirittura sistemi illiberali e antidemocratici. A conferma si cita la notissima osservazione di Rousseau che ricordava agli inglesi che erano liberi solo nel giorno in cui votavano, perché subito dopo erano servi di coloro che avevano vinto. Premesso che il sistema inglese - che si basa, similmente a quanto vorrebbe realizzare la proposta governativa, su una legge elettorale maggioritaria e su una sorta di elezione diretta del premier – è la culla del sistema parlamentare, si potrebbe replicare con una battuta che, se anche avesse ragione Rousseau, in quel sistema almeno un giorno i cittadini sono chiamati a decidere. Il rischio che si corre, invece, con un approccio esclusivamente critico e conservativo, è che non ci sarà nemmeno quel giorno. *Docente di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università Tor Vergata 

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Libero Quotidiano

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