Global Sumud Flotilla, il giallo del “drone fantasma” tra propaganda e teatrini politici

  • Postato il 9 settembre 2025
  • Di Panorama
  • 6 Visualizzazioni

La Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale che intende sfidare il blocco navale israeliano sulla Striscia di Gaza, ha denunciato un presunto attacco con droni contro la sua nave ammiraglia Family, battente bandiera portoghese, mentre era ancorata nelle acque tunisine. L’episodio si è verificato nella notte tra lunedì e martedì e, secondo gli organizzatori, un ordigno sganciato dall’alto avrebbe colpito il ponte principale, innescando un incendio.Le immagini diffuse dal gruppo mostrano effettivamente un oggetto in fiamme cadere sul ponte, tra le urla concitate dei sei membri dell’equipaggio. Miguel Duarte, attivista portoghese a bordo, ha raccontato di aver visto «chiaramente un drone a quattro metri sopra la testa» e di essere «al cento per cento certo» che si sia trattato di un ordigno sganciato da un velivolo teleguidato.

Le smentite tunisine

Peccato che la realtà racconti altro. La Guardia nazionale tunisina ha smontato la versione spettacolare degli attivisti: «Secondo le prime indagini, l’incendio è partito dalle scorte di giubbotti di salvataggio a bordo», ha dichiarato il portavoce Houcem Eddine Jebabli, aggiungendo che «nessuna traccia di droni è stata rilevata». Insomma, nessun attacco aereo, ma un banale incendio, probabilmente accidentale. Un cortocircuito o una scintilla nel deposito dei materiali infiammabili spiegherebbero molto più di quanto non faccia la tesi del drone, ma il fascino della propaganda è irresistibile. Perché ammettere di aver avuto un rogo di giubbotti quando si può evocare un bombardamento mirato?

Una lunga storia di messinscene

Non è la prima volta che le missioni marittime dirette a Gaza si trasformano in spettacoli politici. Già dal 2010, con il caso tragico della Mavi Marmara, queste iniziative hanno mostrato un obiettivo più mediatico che umanitario. Più recentemente, nel giugno 2025, una nave con a bordo Greta Thunberg fu intercettata dalla Marina israeliana e rimorchiata a terra; a luglio un’altra imbarcazione, la Handala, venne fermata con 21 attivisti di dieci Paesi a bordo. In entrambi i casi il carico era minimo, simbolico, ma il clamore mediatico fu enorme. Il copione è collaudato: la flottiglia non porta realmente aiuti significativi, ma genera immagini e narrazioni che trasformano un piccolo equipaggio in “resistenza civile” contro Israele. La versione del “drone fantasma” si inserisce perfettamente in questa logica: più che i fatti, conta la suggestione.

L’onda politica italiana

E come sempre accade, il riflesso condizionato delle opposizioni italiane non si è fatto attendere. A Roma, mentre i pompieri tunisini archiviavano la pratica come “incendio accidentale”, sotto Montecitorio si leggevano i nomi dei giornalisti uccisi a Gaza, gli studenti organizzavano assemblee negli atenei e in serata era già pronto un corteo in solidarietà con la flottiglia. Elly Schlein, segretario del Partito democratico, ha twittato: «Solidarietà alla Global Sumud Flotilla: l’Unione europea e i governi tutelino la missione umanitaria». Giuseppe Conte, più ispirato del solito, ha parlato di «paradosso: cittadini impegnati per un progetto umanitario trattati come terroristi, mentre il governo criminale di Netanyahu viene considerato un alleato con tutti gli onori». In sostanza, il drone non c’era, ma per l’opposizione italiana è l’occasione perfetta per organizzare fiaccolate, cortei e dichiarazioni indignate. Poco importa se a bruciare sono stati dei giubbotti e non un attacco militare: l’importante è gridare all’emergenza democratica, chiedere embargo sulle armi e accusare Meloni di “stare dalla parte sbagliata della storia”. È il paradosso del teatrino politico: più l’episodio è inconsistente, più diventa un argomento da talk show.

Albanese in versione Sherlock Holmes

E come se non bastasse, a completare il quadro ci ha pensato Francesca Albanese, relatrice speciale ONU per i territori palestinesi, che si è precipitata al porto per «capire i fatti». Con zelo investigativo degno di un romanzo giallo, si è messa a raccogliere testimonianze, ignorando che le autorità tunisine avessero già parlato chiaro: nessun drone, solo un incendio accidentale. Il risultato è un copione quasi surreale: un incidente tecnico trasformato in atto di guerra, un corteo a Roma che si infiamma per un “drone fantasma”, e un’ONU che manda un proprio inviato speciale a indagare non su missili o arsenali, ma su giubbotti di salvataggio bruciati. In definitiva, il vero incendio non è quello che ha annerito la coperta del Family, ma quello della propaganda. L’episodio dimostra ancora una volta come le flottiglie per Gaza abbiano più valore come palcoscenico mediatico che come missione umanitaria. E dimostra come in Italia l’opposizione sia sempre pronta a trasformare un banale incidente in tragedia politica da sfruttare contro il governo. Alla fine, l’unico drone che si è visto davvero è quello dell’immaginazione. Ma tra attivisti che parlano di bombe inesistenti, opposizioni che sventolano parole come “genocidio” e una relatrice ONU che scambia giubbotti in fiamme per ordigni teleguidati, il dubbio resta: siamo davanti a un incidente marittimo o a una pièce teatrale? E se davvero si tratta di teatro, qualcuno dovrebbe ricordare a Francesca Albanese che Sherlock Holmes era un personaggio di fantasia. Proprio come il drone di Sidi Bou Said.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti