“Gli italiani sono i più blasfemi, mentre tedeschi e ispanofoni sono più ironici”: il sorprendente studio sulle ‘parolacce’

  • Postato il 19 ottobre 2025
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Le parolacce che non si dovrebbero dire raccontano più di quanto si pensi. È quanto emerge da una ricerca internazionale che ha analizzato i tabù linguistici in 17 Paesi e 13 lingue, con l’obiettivo di capire come il linguaggio “proibito” rifletta i valori, le norme e le differenze culturali tra le società.

Secondo quanto riferito dal The Guardian, i ricercatori interpellati hanno chiesto ai partecipanti del questionario di elencare tutte le parole tabù che riuscivano a ricordare e a quel punto sono emerse differenze significative. I madrelingua inglesi nel Regno Unito e gli ispanofoni in Spagna hanno segnalato in media 16 parole, mentre i tedeschi ne hanno indicate oltre tre volte di più, con una media di 53 termini. Tra questi compaiono esempi come intelligenzallergiker ovvero “persona allergica all’intelligenza” e hodenkobold che sarebbe “folletto dei testicoli”, usato per descrivere qualcuno di fastidioso.

Queste parole possono essere più o meno offensive, possono avere una connotazione negativa o ironica – spiega Jon Andoni Duñabeitia, scienziato cognitivo e docente all’Università Nebrija di Madrid – Ma prese nel loro insieme, offrono piccoli spaccati della realtà di ogni cultura”. Sulle differenze tra spagnolo e tedesco, Duñabeitia ha ipotizzato due spiegazioni: “La lingua tedesca permette di creare infinite parole composte. Ma potrebbe anche darsi che in altre lingue le persone trovino più difficile produrre termini tabù in un contesto neutro”.

La ricerca ha mostrato anche alcune tendenze ricorrenti. La parola “merda”, con tutti i suoi equivalenti e derivati, è risultata tra le più frequenti in inglese, finlandese e italiano, ma non in francese, spagnolo o tedesco. Al contrario, insulti rivolti alle donne, come “bitch”, compaiono in molte lingue. “Questo riflette le tradizioni profondamente sessiste di molti Paesi, – osserva Duñabeitia – e mostra come il linguaggio rispecchi la realtà di società in cui le donne sono state a lungo marginalizzate”.

Il coordinatore dello studio, Simone Sulpizio, docente di psicologia all’Università di Milano-Bicocca, spiega che si aspettava “un coro di bestemmie legate alla religione”. Tuttavia, “la blasfemia, pur presente in tutte le lingue, è risultata tra le più frequenti solo in Italia”, racconta. Gli italiani intervistati hanno elencato oltre 24 parole tabù legate alla Chiesa, tra cui 17 varianti di bestemmie, legate al massimo vertice della religione cattolica.

“Questo può dipendere dalla vicinanza culturale e storica con il Vaticano e dalla forza della tradizione cattolica nel nostro Paese.- spiega Sulpizio – È un esempio chiaro di come le differenze sociali e culturali influenzano il linguaggio”. La ricerca ha individuato anche alcune costanti universali: gli uomini tendono a usare più spesso parolacce rispetto alle donne, così come le persone estroverse. In media, si impreca una volta ogni due minuti di conversazione, anche se la frequenza varia in base al contesto e al tipo di rapporto tra gli interlocutori.

Sulpizio sottolinea anche la funzione psicologica delle parolacce. “In uno studio abbiamo chiesto ai partecipanti di immergere la mano in acqua ghiacciata mentre pronunciavano parole neutre o tabù. Quando usavano le parole tabù, riuscivano a resistere più a lungo.- spiega – Questo dimostra che il linguaggio volgare può avere un effetto di regolazione emotiva”.

“Hanno un potere straordinario – aggiunge Sulpizio -. Possono ferire, scuotere le strutture di potere, ma anche alleviare lo stress o suscitare ironia”. Nonostante il loro uso controverso, i linguisti concordano sul fatto che le parole tabù siano strumenti complessi e significativi.

“Per molto tempo imprecare è stato considerato un segno di aggressività o di scarsa competenza linguistica – si legge in uno studio del 2022 pubblicato su The Conversation -. Oggi sappiamo invece che il linguaggio volgare può influenzare profondamente il modo in cui pensiamo, agiamo e comunichiamo”.

Le parolacce, concludono i ricercatori, non sono semplicemente espressioni di rabbia o maleducazione, ma elementi che riflettono la cultura, la psicologia e la struttura sociale dei popoli: un linguaggio al confine tra ribellione e catarsi.

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