Giustizia e politica, perché, in Italia, bisogna stare dalla parte dei giudici

  • Postato il 3 agosto 2025
  • Politica
  • Di Blitz
  • 3 Visualizzazioni

In Italia, il problema dei rapporti tra cittadini e “Giustizia” è molto importante dal punto di vista “politico”.

Ciò è dimostrato dal fatto che i partiti di “destra” e di “sinistra” non si differenziano per le strategie economiche e finanziarie, decise ormai in ambito europeo, bensì per la “Questione morale” e il ruolo dei magistrati.

Insomma, come la Francia è nota per lo champagne e l’Olandaper i tulipani, il Bel Paese è conosciuto nel mondo per i continui referendum sulle “Toghe”.

I più grandi “rivoluzionari” di tutti i tempi hanno preso il potere denunciando la corruzione del “sistema” da abbattere.

È stato così per Lutero rispetto alla vendita delle Indulgenze da parte della Chiesa, per i giacobini che ghigliottinavano i nobili e i preti, per Lenin che voleva distruggere i privilegi della casta zarista. Sullo stesso piano è stato delegittimato lo scia di Persia e persino i terroristi di Hamas hanno messo in minoranza il governo precedente per via della corruzione di Arafat e di Abu Mazen.

Per tornare alle vicende di casa nostra, la Prima Repubblica è stata annientata sul piano etico dai magistrati. Di Pietro aveva fondato un partito dei “Valori” e il comico Grillo voleva “aprire”il Parlamento come una “scatola di tonno”, imitando quell’ex Pm di Milano che voleva estirpare la “corruzione” usando la metafora del “calzino”.

I moralisti che entrano in politica esortando ai “buoni costumi” sono sempre stati patetici e pericolosi. Del resto, il principio secondo cui occorre difendere valori astratti (dell’economia, dello Stato, della morale) risale al nazional-socialismo.

A riprova di tutto ciò, rilevo che l’attuale dibattito politico sull’autonomia della Magistratura ha assunto caratteri di pura “convenienza”: un partito sta con i giudici o contro di loro perché spera (o teme) che le loro iniziative abbiano “ritorni” elettorali.

Il primo problema sul tappeto è quello di stabilire se lo Stato (e quindi un Pm) possa ingerirsi nei rapporti tra “privati”. In Italia, la Magistratura non si è mai occupata di svolgere questo ruolo per mezzo secolo. Farò un esempio eclatante.

Verso la fine degli anni Ottanta i Pm scoprirono che la “Esso”pagava in nero i sindacati per gli scioperi “pilotati” e per questo procedettero contro il presidente della multinazionale per il reato di “falso in bilancio”. I sindacati facevano coincidere gli scioperi con i periodi di manutenzione degli impianti petroliferi.

In questo modo l’azienda risparmiava sulle spese di personale. La Cassazione mandò assolto il presidente perché la Esso era un’impresa privata e i sindacati erano una semplice “associazione”.

Le cose si complicarono quando alcuni Pm di Milano cercarono di perseguire penalmente i dirigenti delle Casse di Risparmio e dell’Iri. Questi enti erano certamente “pubblici” e tuttavia esercitavano una normale impresa. Come si poteva obbligare un’azienda commerciale a indire una “gara” o un “concorso” ogni volta che essa faceva affari o assumeva personale?

Questo filone si esaurì ben presto anche se numerosi amministratori furono arrestati da magistrati ritenuti di “destra” (quelli romani, vicini al MSI) o di “sinistra” (quelli milanesi e genovesi).

In altri paesi questa “rivoluzione” etica non si è verificata. Quando il cancelliere Kohl fu “beccato” con una tangente miliardaria per la CDU ricevuta dalla Elf francese ai tempi di Mitterand, non subì conseguenze penali: andò in pensione, non fu obbligato all’espatrio e rimase il padre della “Patria”.

Lo scontro politica – giustizia ebbe inizio con Mani Pulite

Giustizia e politica, perché, in Italia, bisogna stare dalla parte dei giudici
Giustizia e politica, perché, in Italia, bisogna stare dalla parte dei giudici (foto Ansa-Blitzquotidiano)

I finanziamenti irregolari alla politica esistevano in tutta Europa, solo in Italia si ebbe Mani pulite. Non intendo prendere posizione su questa vicenda, voglio solo chiarirla da un punto di vista storico.

Perché in Germania non si ha notizia di frequenti arresti per finanziamenti alla politica, forse perché i tedeschi sono più onesti degli italiani?

La risposta è semplice: perché in Germania la violazione delle norme elettorali comporta l’obbligo di restituire il doppio dei contributi irregolari. Non c’è spazio per la giurisprudenza che equipara il finanziamento alla corruzione, corruzione che esiste in Germania come da noi.

In Italia il reato di “finanziamento illecito” prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni e una multa fino al triplo delle somme versate.

il problema, avvertito anche nell’america di Trump, è quello di evitare che il sistema “degeneri” dal momento che, come affermail deputato democratico Russel della Luisiana “la differenza tra un contributo elettorale e un atto di corruzione è grande quanto un capello”.

Credo peraltro che non esista in natura un imprenditore che versi fondi rilevanti a un partito per simpatia verso il leader.

Per risolvere la questione sarebbe quindi opportuno vietare i finanziamenti alla politica da parte delle società commerciali, ma ciò è incostituzionale.

Se il Pm constata una situazione di questo tipo, avrà sentore della possibile corruzione elettorale. Prevedere che un Pm possa indagare sui finanziamenti ai partiti significa sottomettere la politica alla Magistratura.

La conseguenza principale è che lo stesso Pm può mettere un trojan per spiare la vita degli indagati e avviare un’indagine segreta che può durare mesi per provare il vantaggio ottenuto dall’imprenditore che ha donato contributi.

Il secondo aspetto che occorre considerare è la differenza che esiste tra codice civile e penale in materia di responsabilità degli amministratori.

Non esiste al mondo una legge che proibisca i rapporti economici tra gli amministratori e una società commerciale. Quando un manager assegna una commessa o una consulenza a qualche azionista o a un parente, nessuno grida allo scandalo. È sufficiente che il “conflitto di interesse” sia dichiarato in Consiglio e che, per le società quotate, si chieda una perizia di stima di “congruità” del corrispettivo pattuito.

In assenza di danno per l’impresa, non c’è responsabilità degli amministratori.

Nel nostro paese, se ad affidare la commessa è una persona che ricopre una carica pubblica, esiste la presunzione assoluta del “reato” a prescindere dall’esistenza del danno erariale.

Ne abbiamo avuto un esempio nel processo al governatore ligure Toti e agli amministratori coinvolti nei processi di corruzionee e di finanziamento irregolare. I genovesi, ancora oggi non sanno se gli spazi portuali siano stati assegnati in concessione a prezzi di favore o a condizioni di mercato.

Nella Seconda Repubblica i reati “economici” si sono inaspriti a seguito della legge Severino del 2012 relativa alla “corruzione impropria” e della legge “spazzacorroti” voluta dai grillini nel 2018.

Queste leggi abrogavano le norme precedenti secondo le quali bisognava dimostrare il danno erariale, come del resto è previsto in tutti i paesi civili.

Il fondamento della norma “grillina” consisteva nella seguente enunciazione lessicale: “La corruzione è uno dei fenomeni maggiormente lesivi della sfera pubblica e del buon andamento della Pubblica Amministrazione, creando un notevole pregiudizio per i cittadini”. Questi “legislatori” tutelavano il “popolo degli onesti”, peraltro alla ricerca di un salario statale per il solo fatto di essere “cittadini”.

Qualunque “scemo del villaggio” poteva capire che l’amministrazione pubblica ne sarebbe uscita distrutta, perché non è possibile arrestare un funzionario che ha accettato una mancia per sveltire una pratica, ma deve esistere un rapporto tra entità della dazione e il vantaggio ottenuto. Non è neppure possibile considerare delinquenti tutti i dipendenti pubblici perché una minoranza abusa della posizione di potere.

La legislazione dell’“etica green” è quella che ha fatto perdere competitività al  sistema produttivo europeo, ha creato una burocrazia ingessata e irresponsabile, ha bruciato innumerevoli punti di Pil, ha ridotto la Von Der Leyen ad una marionetta nelle mani di Trump, il quale non si è fatto problemi nell’imporre i dazi in dispregio dei Trattati Internazionali solennemente sottoscritti.

Del resto, la distribuzione a pioggia di risorse pubbliche a vantaggio di singoli operatori economici, propiziata da una potente lobby, è la regola di vita delle grandi democrazie.

Costituisce grave errore del legislatore quello di produrre norme che gli stessi controllori non possono far rispettare; è meglio un sistema a più basso livello formale di legalità su cui non si transige, che la finzione di un sistema perfetto aggirato nel quotidiano.

Le sanzioni penali non hanno mai prodotto effetti durevoli. Basterà considerare che i reati fiscali si sono moltiplicati dopo la legge “manette agli evasori”.

L’operatore che subisce una burocrazia inefficiente dovrà necessariamente aggirare gli ostacoli che si trova ad affrontare per portare a termine il ciclo produttivo nei tempi previsti. Spetta allo Stato selezionare i funzionari pubblici, vigilare sulla loro efficienza e correttezza.

Il più grave “reato” economico, quello che distrugge ricchezza a catena, è l’inefficienza dei funzionari pubblici.

La Magistratura  deve garantire la certezza del diritto: la causa principale dell’incertezza del diritto, nonostante le iniziative delle procure, è la disapplicazione sistematica delle leggi.

Un ufficio che deve rispondere alle esigenze di giustizia di un paese, non ha bisogno di raffinati cultori della scienza giuridica, ma di magistrati che producano sentenze nei tempi necessari.

Dal momento che, a parità di addetti e di strutture, in Italia le cause civili e i processi penali hanno una durata molto superiore a quella di altre nazioni, sembra evidente che quel “corpo separato” non risponde alle legittime aspettative dei cittadini.

La magistratura nel suo complesso, non può dunque avere la pretesa di essere interprete della morale collettiva, per via della sua inefficienza.

Tuttavia, il ruolo dei giudici è essenziale e la campagna di delegittimazione in atto nei loro confronti, è criminale.

Se l’Italia è considerata il paese degli evasori, degli scrocconi e dei furbi, la responsabilità non è solo della Magistratura ma dei partiti “naif” in perenne lotta tra loro per accaparrarsi prebende, incapaci di fare leggi serie e chiare.

Per questa ragione, dobbiamo stare dalla parte dei Giudici.

L'articolo Giustizia e politica, perché, in Italia, bisogna stare dalla parte dei giudici proviene da Blitz quotidiano.

Autore
Blitz

Potrebbero anche piacerti