Giustizia e economia: la via italiana alla felicità fa una curva di 150 anni

  • Postato il 6 luglio 2025
  • Politica
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Giustizia e economia: la via italiana alla felicità fa una curva di 150 anni.

In Italia negli e Stati Uniti si continua a dibattere sul conflitto tra Magistratura e Politica. Trump ha dimostrato di essere Lui a comandare, gli italiani non hanno ancora le idee chiare.

Non mi riferisco al problema dei finanziamenti alla politica, la cui unica soluzione seria è quella adottata in America: vinca il più ricco e si spartisca il bottino fra i più fedeli. A sua volta, il nullatenente ha il diritto di prendere soldi in cambio del voto di familiari ed amici.

In un sistema democratico non devono esistere differenze tra ricchi e poveri.

I soldi che “contano” destinati ai giornali, riviste, catene televisive e agli influencer, sono utilizzati per imbastire scandali e delegittimare l’avversario.

I “magnati” americani devono prendere posizione e abbracciare subito il partito dei “migliori”, senza restare al coperto ad aspettare chi vince. Il loro è un investimento, ossia un rischio ed è giusto che siano premiati alla luce del sole se avranno saputo scegliere.

Questo principio vale per repubblicani e democratici.

Tuttavia il ruolo di questi “magnati” resta subordinato alla politica: se Musk non farà gli interessi del paese rimpatriando le proprie aziende dalla Cina, ne subirà le conseguenze, nonostante l’entità astrale dei suoi contributi elettorali.

I capitalisti italiani hanno sempre finanziato i governi di destra, di sinistra o di centro per ricevere utilità pubbliche e questa è corruzione.

Qual è la differenza sostanziale tra il sistema giuridico italiano e quello americano?

In America, le leggi considerano i sistemi reali che si basano sul principio del “business” che esalta la “competizione”. Questa è la vera democrazia: ciascun individuo che sia imprenditore o lavoratore deve essere pagato per l’utilità che produce, non per il rango politico o per l’appartenenza ad un forte gruppo organizzato.

La giustizia in America

Giustizia e economia: la via italiana alla felicità fa una curva di 150 anni., nella foto La Corte Suprema Usa
Giustizia e economia: la via italiana alla felicità fa una curva di 150 anni (foto Ansa) – Blitz Quotidiano.i

Gli stessi pubblici ministeri americani fanno campagna elettorale, sanno come gira il mondo e non si sentono in colpa quando ricevono contributi e rimborsi spese.

In Italia, la cultura catto comunista ha creato in provetta il prodotto più pericoloso e patetico: l’uomo “etico”. E ha preteso di stabilire per via giudiziaria cosa sia il bene e cosa il male.

Ma sotto questa patina etica si nasconde la ricerca costante del “privilegio”.

Aveva fatto scalpore il caso di quel ministro che aveva comprato una casa davanti al Colosseo a prezzo “catastale”, affermando che ciò si era verificato a sua “insaputa”.

I personaggi più influenti romani sono sempre stati gli amministratori delle aziende pubbliche che potevano affittarti la casa ai Parioli ad equo canone. E gli utenti non erano i poveri bisognosi, ma i detentori del potere diffuso che potevano ricambiare il favore: giornalisti, burocrati, deputati e magistrati.

Quando scoppiano scandali al Ministero della cultura per le erogazioni di fondi pubblici a soggetti immeritevoli, si scopre l’acqua calda perché hanno fatto così i governi di ogni colore. Meglio allora il sistema americano che considera naturale lo spoil system.

Un principio cardine della democrazia americana è che la politica deve prevalere sul diritto. Nessun governo può sopravvivere sotto la spada di Damocle di una sentenza giudiziaria. La forza di Trump è quella di controllare i Giudici della Corte Suprema che devono baciargli l’anello (lui usa un termine “anatomico”). Così hanno sempre fatto i democratici. Il “buon” giudice supremo deve essere un tecnico raffinato in grado di scrivere sentenze credibili a favore del Governo che li ha nominati.

Le sentenze che fanno politica

In Italia ci siamo ormai abituati a sentenze della Corte Costituzionale che destabilizzano il quadro politico; Berlusconi dichiarava che la Corte era espressione della sinistra. In questo periodo si sta cercando l’occupazione di destra.

Alla fine, tutti si sono resi conto che una cosa è stabilire dei principi generali (bastava copiare il Bill of Rights del 1689), altra cosa è risolvere problemi concreti nel periodo storico in cui si vive.

I diritti al posto di lavoro, alla casa, all’istruzione, alla salute, hanno un senso compiuto quando è lo Stato a garantirli. Infatti, lo scenario che si profilava nel dopoguerra era quello dell’economia guidata dalle aziende pubbliche, come l’Iri, un’eredità del nazional socialismo rimasta intatta nel tempo.

Durante il periodo dell’Iri, una fascia importante di lavoratori era protetta mentre i dipendenti di aziende private risultavano sacrificati. Tuttavia esisteva un certo equilibrio per l’indotto generato dall’economia pubblica.

Sono state distrutte le PP.SS per ragioni “etiche”. In America, l’ente più importante in materia di commesse pubbliche è la Nasa che privilegia e sorregge le imprese di settore di Musk, ma nessuno grida allo scandalo.

Agli inizi degli anni novanta, l’Italia era tornata al “laissez faire” del primo capitalismo: lo Stato non doveva più gestire imprese pubbliche e le aziende inefficienti non potevano essere tenute in vita artificialmente. Si è trattato di una colossale presa in giro, perché ai contributi per salvare la singola azienda sono subentrati i finanziamenti di settore, tanto che l’Europa è diventata il territorio più sovvenzionato al mondo.

Il diritto ad una casa è rimasto nella Costituzione ma non ha alcuna applicazione pratica. L’idea di consentire l’esproprio proletario delle abitazioni sfitte secondo il verbo della Salis, confligge con il diritto di proprietà.

La recente sentenza che consente di occupare le case di chi ne possiede più di una, per impedire pericolose ricadute sociali, sembra scritta da ideologi di un sistema giuridico ormai scomparso. Il fatto è che la Magistratura non può stabilire le regole per mantenere l’ordine pubblico.

La posizione dei giudici che negano al governo di aprire un centro di smistamento dei migranti in Albania, è principalmente legata alla mancanza di garanzie legali e al timore di violazioni dei diritti fondamentali degli stessi migranti. Non sembra che i giudici francesi e inglesi si pongano problemi del genere e tutti aspettano la Corte di Giustizia europea.

I principi universali del liberalismo, disattesi da Trump con il consenso della Corte Suprema, risalgono nel tempo.

I problemi dell’immigrazione fino agli anni ottanta, erano ben diversi. I nostri costituenti consideravano anzitutto il diritto d’asilo “politico” del militante spagnolo angariato dal regime di Franco o di quello che scappava dall’ex Urss.

Il soccorso in mare riguardava i naufraghi delle imbarcazioni sorprese da un fortunale o dallo scoppio dei motori e la nave che salvava questa gente aveva diritto ad un compenso. Lo stesso compenso che pretendono le Ong che imbarcano i derelitti sui barchini.

Nessuno di quei vecchi legislatori avrebbe potuto pensare alle centinaia di migliaia di popolazioni imbarcate dai mercanti di morte, ad un mondo perennemente in guerra la cui principale arma sarebbe diventata la destabilizzazione dell’occidente attraverso le emigrazioni di masse incontrollabili.

Dico l’occidente, perché fenomeni analoghi non si registrano verso la Cina, la Russia o altre nazioni autarchiche.

Molti paesi europei, compresi quelli ad elevate tradizioni socialiste, stanno pensando a soluzioni analoghe a quelle adottate dal governo Meloni e la stessa Germania condanna le posizioni in materia di migrazione a suo tempo adottate dalla Merkel.

Nessuna burocrazia europea è in grado di gestire nel concreto i flussi migratori incontrollati come pretendono le opposizioni di governo che si comportano allo stesso modo della Meloni quando sono al potere.

La circostanza non interessa la Magistratura, che applica i sacri principi del diritto e non si preoccupa delle ricaduteeconomiche e sociali delle proprie sentenze.

Trump ha applicato in politica i principi del business e parla lo stesso linguaggio di Putin: la superiorità degli armamenti decide la politica estera. Se volete risparmiare sulla difesa, dovete pagare le armi agli americani.

Gli europei considerano assurda questa posizione: viene prima il welfare. Il fatto che lo stato sociale lo debba pagare la mano pubblica è secondario.

Nel nostro paese, al fine di rimediare alle degenerazioni derivanti dall’uso improprio dei beni collettivi, è necessario comprendere il seguente fondamentale assunto: quel che conta non è il costo dei beni e dei servizi posto a carico del cittadino, bensì il costo complessivo che per essi sopporta il sistema-paese. Le risorse derivano dal gettito tributario o ci stiamo vendendo l’argenteria?

Una cosa deve essere detta a Trump: l’economia ha come obbiettivo il miglioramento del benessere materiale, ma è chiaro che gli aspetti della vita umana non possono essere separati l’uno dall’altro.

Una riprova di questo fatto piuttosto ovvio, può essere trovata nelle profonde divisioni esistenti all’interno delle nostre società e nella constatazione che gli uomini di oggi sono meno vicini alla felicità di quanto non lo fossero i loro nonni, nonostante i progressi compiuti nel campo economico.

A giudicare dalla quantità di droga consumata nei paesi del benessere e dal numero degli “strizzacervelli” che vi operano, vien fatto di pensare che nessuna moderna democrazia abbia mai raggiunto il grado di appagamento collettivo di vecchi “regimi autarchici” i cui cittadini si accontentavano di “mille lire al mese” per essere felici.

 

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