Giro d'Italia 2026, la trasferta in Bulgaria è un caso: accordo ancora lontano. E il percorso fa discutere

  • Postato il 28 dicembre 2025
  • Di Virgilio.it
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Non capita spesso che una edizione del Giro d’Italia facesse così discutere come quella del 2026. Al di là delle opinioni sul percorso, e questo è un refrain che si ripete ogni anno e che comunque riguarda anche le altre grandi corse a tappe, la Corsa Rosa del prossimo maggio è al centro di interlocuzioni decisamente più importanti e delicate di quelle da divano, ovvero quelle tra l’organizzazione e i team in merito alla partenza dalla Bulgaria.

Il rimborso spese che l’organizzazione del Giro provvede per i team

Ci sono poi altri aspetti motivo di dibattito, ma partiamo intanto dal confronto basato sul vile denaro. Come riportano le testate specializzate come BiciSport e Tuttobiciweb, infatti, il motivo di contendere tra le squadre e RCS Sport riguarda come detto la trasferta in terra bulgara, teatro delle prime tre tappe del Giro 2026.

Per la precisione il rimborso spese che l’organizzatore elargisce ai team per coprire i costi del viaggio e della logistica collegata: pensiamo al fatto che non ci sono solo i corridori e i manager a spostarsi, ma ci sono anche i mezzi, i bus, le bici, tutta la componentistica e via discorrendo.

Una somma che rappresenta una buona pratica da parte dell’organizzazione di un grande giro, tradizionalmente accordata alle squadre partecipanti. Tuttavia nel caso del Giro 2026 c’è ancora un dettaglio, non di poco conto, da appianare, ovvero la quota precisa che verrà stanziata da RCS Sport per i team.

La distanza tra le parti sul rimborso spese per la Bulgaria

Ebbene, la richiesta di questi ultimi, avanzata tramite l’Associazione Internazionale dei Team di Ciclismo Professionistici (AIGCP) dovrebbe essere di 160.000 euro. L’organizzatore invece ha proposto 115.000 più 5.000 euro extra per il volo tramite le compagnie aeree dello scalo di Burgas. A fronte comunque della richiesta dei team, la stessa RCS Sport ha ritoccato l’offerta a 125.000 euro, ma anche questa non ha avuto un riscontro positivo dalla controparte.

Va bene che la Corsa Rosa è in programma dal prossimo 8 maggio, ma in realtà il tempo stringe per chiudere un accordo. Anche perché come riportano i media le due parti al momento non trovano un terreno comune, e questo crea un clima di incertezza con il rischio che la cosa si trascini davanti al Consiglio del Ciclismo Professionistico dell’UCI, sede che potrebbe risolvere la controversia qualora l’impasse non si dovesse sbloccare.

Le discussioni sul percorso del prossimo Giro

Piove insomma sul bagnato sul Giro 2026, l’ultimo disegnato da Mauro Vegni. E a proposito delle tappe, come abbiamo accennato anche questa volta l’opinione di appassionati e addetti ai lavori è spaccata. Al di là delle solite polemiche sulla partenza in trasferta, le discussioni come tradizione si concentrano sulla presenza o meno di determinate salite.

Giovanni Battistuzzi sul Foglio ha lamentato il cedimento di Vegni, in passato argine “alla vueltizzazione del ciclismo, ossia la tendenza a piazzare l’arrivo di tappa su di un qualsiasi colle abbastanza ripido” (come è prassi della Vuelta, nota per i suoi strappi, rampe e ascese alla fine delle tappe) e che in questo Giro ha invece fatto marcia indietro.

Un Giro “senza anima” (e la mancanza delle stelle di primo piano)

Stefano Garzelli sulla rivista BIKE invece ha imputato alla prossima Corsa Rosa una identità “senza anima”, perché mancano le grandi ascese come “Stelvio, Gavia, Pordoi, Sella, Colle dell’Agnello o Colle delle Finestre”. Questo perché, secondo il vincitore del Giro 2000, la tendenza oramai “è quella di andare meno possibile oltre i 2000 metri per non rischiare di incontrare cattive condizioni atmosferiche” (qui poi si aprirebbe il dibattito sull’inversione tra Giro e Vuelta, proposto da Pogacar e rifiutata da RCS Sport).

“La mia idea è che gli organizzatori abbiano voluto disegnare un percorso non durissimo che possa andare bene a tutti in modo da attirare più stelle possibili”, ha proseguito Garzelli, che cita i nomi forti che qualunque organizzatore vorrebbe avere, come “Evenepoel, Vingegaard e Pogacar”.

Peccato che le chance di vederli in azione al prossimo Giro siano per due terzi inesistenti. Evenepoel e Pogacar hanno già depennato la Corsa Rosa dai loro programmi 2026, mentre Vingegaard, il cui citato percorso sembra tarato sulle sue qualità, ha espresso interesse pur senza sciogliere la riserva di una stagione dove il Tour de France resta centrale. Grande Boucle dove i tre saranno tutti presenti, per la cronaca.

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