Giovanni Sallusti: il compagno Starme tradisce sui migranti

  • Postato il 18 settembre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Giovanni Sallusti: il compagno Starme tradisce sui migranti

I tempi della politica, e del giornalismo, sono il trionfo della relatività einsteniana. Repubblica, 6 luglio scorso: «La lezione inglese di Schlein: “Basta veti, ora l'alternativa progressista anche in Italia”».

Il pezzo attaccava poi richiamando «una certa euforia prodotta dalla vittoria laburista di Keir Starmer nel Regno Unito». Il nuovo condottiero del Labour è stato infatti per un istante (il tempo di accorgersi che guardava al centrismo blairiano e non al talebanesimo terzomondista di Corbyn) l'ennesimo Papa straniero incoronato sulle colonne del quotidiano/partito.

Repubblica, ieri 17 settembre, un paio di mesi con l'orologio cronologico, un'eternità sulla bilancia della politica. La testata di Largo Fochetti riesce ad essere l'unico media europeo e non britannico presente sull'aereo di Stato del premier. Il cronista Antonello Guerrera è già parecchio stizzito, visto che in sede di introduzione gli tocca annotare che «Starmer deve ottenere risultati concreti sui migranti in patria e per questo chiede aiuto all'Italia», l'Italia sotto il bastone fascio-sovranista raccontata quotidianamente dal suo giornale. «Addirittura», scrive (e più che un avverbio suona come un rimprovero tra pari), «Starmer fa capire che, dopo aver detto no al Ruanda, potrebbe replicare il piano Albania dell'Italia».

 

LA REALTÀ E L'IDEOLOGIA

La misura è colma, ma il collega di Rep. è lì apposta per ricondurre il recalcitrante primo ministro del Regno Unito nel recinto di una narrazione (politicamente) corretta. E infatti non ci gira intorno, alla prima domanda affonda già nel cuore dello scandalo: «Sir Keir Starmer, lei, di centrosinistra, sui migranti prende ispirazione da un governo di destra, accusato di ignorare i diritti umani» (specificare da chi non è importante, vecchie regole del mestiere che non devono intralciare l'ideologia). La risposta è un saggio di compostezza britannica: «Ma l'Italia resta un alleato G7 e Nato. Abbiamo forti relazioni bilaterali. E i migranti sono una sfida comune: più cooperiamo, più otterremo risultati».

Insomma gli intrecci geopolitici si dipanano un filo più in là delle paturnie ombelicali del suo giornale, è il suggerimento discreto all'interlocutore. Che non solo non coglie minimamente, ma rilancia, è il suo momento, vuole il virgolettato del primo ministro di Sua Maestà contro il reprobo sequestratore di uomini nostrano: «Ma Matteo Salvini, vicepremier italiano, è sotto processo sui migranti e Meloni ha attaccato i magistrati, come lo era anche lei». Al netto della sintassi traballante, l'amo personalistico è lanciato, abboccherà di sicuro. Macché: «Non voglio commentare casi individuali della giustizia italiana». Piuttosto, «è importante lavorare insieme anche sui migranti, come lo facciamo su Ucraina e Medio Oriente. Non credo che sarebbe ragionevole non avere questo forte rapporto bilaterale con delle sfide globali così enormi davanti».

E qui l'intervistatore comincia ad andare in tilt: gli tocca avventurarsi nel terreno incognito per cui le relazioni tra governi non sono dettate dall'agenda della procura di Palermo. Ma il colpo del ko deve ancora arrivare, e sembra quasi che Starmer si diverta, a smentire la propria caricatura paraschleiniana che a luglio imperversava sulle pagine di Repubblica: «L'Italia resta un alleato e noi lavoriamo con gli alleati per distruggere le gang di trafficanti». Qui ce n'è abbastanza per allertare un'équipe di rianimatori, per l'articolista, per il collega che impagina il pezzo, per il caporedattore, su su fino al direttore Maurizio Molinari. Il nuovo leader laburista d'Oltremanica, quello per cui loro documentavano «una certa euforia» dalle parti del campo largo, affronta il fenomeno dell'immigrazione con le categorie di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini, del centrodestra: anzitutto in termini di contrasto al traffico di esseri umani.

 

UNA GANG DI TRAFFICANTI

Con ciò ammettendo la premessa che le anime belle tricolori e continentali si rifiutano ostinatamente di sottoscrivere, ovvero l'evidenza fattuale per cui gli odierni flussi migratori, quello proveniente dalla sponda meridionale del Mediterraneo in primis, non rientrano nella normale fisiologia dello spostamento di persone e popolazioni, una costante innegabile della storia umana. Piuttosto, attecchiscono su una patologia criminale della contemporaneità: il contrabbando sistematico di esseri umani, allestito da mafie intercontinentali, non di rado in contatto con gruppi terroristici (quelle che Starmer chiama, con pragmatismo linguistico anglosassone, «gang di trafficanti»).

Alla fine di questa disfatta concettuale nata come intervista, esce rafforzata la visione che Starmer ha tratteggiato in tutti i momenti pubblici del suo tour italiano. L'immigrazione è un problema da gestire, non un carnevale dei buoni sentimenti. Gli accordi internazionali per bloccare le partenze non sono un tabù, ma un obiettivo. I confini degli Stati/nazione esistono, vanno presidiati, anzitutto dall'offensiva delle gang che smerciano disperazione. Sì, sembrano proprio le posizioni di quel tizio sotto processo a Palermo.

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Libero Quotidiano

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