Giornata Mondiale del Malato, ecco le storie di chi “ha preso in mano la sua vita e ne ha fatto un capolavoro”

  • Postato il 11 febbraio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico febbraio 2025

La salute ci consente di godere la vita, la malattia di comprenderne meglio il significato“. “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro“.

Non ci sarebbero aforismi migliori di questi due (il primo di Emanuela Breda, il secondo, famosissimo, di papa Giovanni Paolo II che rivolse ai giovani radunati, il 20 ottobre 1985, a Cagliari) per descrivere quello che hanno fatto nella propria vita le gemelle Gaia e Lara, Corrado, Alice, Elena e Maria. Le loro storie (come tante altre) testimoniano come la vita vale la pena essere vissuta, qualunque essa sia.

Storie di coraggio, o forse no, ma sicuramente vere e autentiche. Testimonianze che vale la pena leggere per, appunto, comprendere appieno il significato della vita di ciascuno di noi. Storie che vale la pena fermarsi a leggere, specialmente oggi (11 febbraio), nella giornata Mondiale del Malato.

Gaia e Lara affette da atrofia muscolare spinale, di tipo 2

Partiamo dunque con raccontare le vite delle savonesi Gaia e Lara, due gemelle di quattordici anni affette da atrofia muscolare spinale, di tipo 2. Una malattia genetica rara, scoperta all’età di 18 mesi.

“In poche parole una malattia che colpisce i muscoli indebolendoli e quindi siamo costrette a muoverci su una carrozzina. Nel 2018 abbiamo iniziato una cura sperimentale e da allora ci sentiamo meglio perché rallenta la degenerazione della malattia. Nonostante tutto, noi non ci abbattiamo davanti a nulla. Cerchiamo di vivere nella normalità facendo, a modo nostro, tutto quello che fanno i nostri coetanei”.

Perché le due gemelle hanno trasformato la loro vita in un capolavoro? Perché sono campionesse italiane di danza paralimpica: “Balliamo insieme alle nostre amiche d’infanzia Viola e Noemi – spiegano – abbiamo così creato, conosciuto da tutti come “Le Smallerine”. Ci alleniamo con la nostra insegnante Emilia Briano, nella scuola Semplicemente danza di Savona”.

“Abbiamo provato altri sport (sci, hockey, jet ski…) e seguiamo il calcio andando regolarmente allo stadio a tifare la nostra Juve. Facciamo parte dell’associazione “Seconda Seconda Stella a Destra” dove promuoviamo, insieme a tutti i nostri amici, l’inclusione”.

Gaia e Lara però non si sono realizzate solo nello sport ma anche nello studio. Sono al passo coi tempi e, da fonti, apprese sono anche delle “secchione”: “Frequentiamo il primo anno di Liceo classico linguistico dove siamo riuscite a creare nuovi legami tra i compagni e i professori. Il nostro motto è: nulla è impossibile, nonostante tutto”.

“La nostra forza? Essere in due. Ci sosteniamo a vicenda e siamo l’una la forza dell’altra”.

Gaia e Lara fanno fisioterapia due volte alla settimana per le gambe e le braccia e anche quella respiratoria con macchinari appositi. Dopo essere state operate nel 2021 per scogliosi, assumono uno sciroppo ogni mattina che sostituisce il farmaco che veniva somministrato direttamente al midollo osseo ogni 4 mesi. La ricerca è andata avanti trovando nuovi farmaci genetici che, presi nei primi mesi di vita, permette il non svilupparsi della malattia. Infatti la Sma, oggi, è stata inserita nello screening neonatale.

Corrado con la sua rettocolite ulcerosa

Poi c’è il savonese Corrado che di anni ne ha 57, e quando ne aveva 19 ha scoperto di essere affetto dalla rettocolite ulcerosa. E’ una malattia infiammatoria cronica intestinale che colpisce la mucosa dell’intestino crasso interessando primariamente il retto, per poi eventualmente estendersi e coinvolgere parte o tutto il colon. “L’ho scoperto quando avevo 19 anni, un attacco acuto che mi stava portando alla morte, poi per fortuna ne sono uscito – spiega – ora mi sottopongo ad una cura sperimentale con un farmaco immunosoppressore e per questo effettuo gli esami del sangue ogni 6 mesi”.

“Per quanto riguarda invece gli esami strumentali più invasivi li effettuo ogni due anni – prosegue – devo però sempre stare attento alla alimentazione perché gli attacchi acuti possono venire da un momento all’altro.

La malattia è caratterizzata da episodi acuti seguiti da periodi di remissione in cui è clinicamente silente: “Diciamo che la fase acuta non è piacevole per nulla, anzi, perché i sintomi clinici principali sono la diarrea, spesso con sangue e muco, il tenesmo rettale, l’urgenza defecatoria e i dolori addominali”.

Perchè Corrado ha trasformato la sua vita in un capolavoro? Perchè è stato (negli anni ’90 e 2000) un dj savonese famoso, che ha fatto ballare decine e decine di giovani per tutti i locali più in della riviera: “Esatto (ride), ora sono più anziano e lavoro nel mondo della comunicazione. Diciamo che nel mondo del lavoro mi sono realizzato ma anche in quello famigliare, sono molto orgoglioso di mio figlio”.

Alice e la sua thalassemia major

Alice, di Savona, ha 37 anni e da quando è nata è affetta da una malattia rara, la thalassemia major. La thalassemia è una grave malattia genetica ereditaria che coinvolge l’emoglobina del sangue, nota anche come anemia mediterranea. Ad oggi l’unica terapia salvavita sono le trasfusioni di sangue che vengono effettuate ogni 18/21 giorni. Terapia che però comporta accumuli di ferro (e le loro conseguenze) negli organi vitali come fegato, cuore e pancreas.

“Conduco una vita, sostanzialmente, “normale” con tutte le difficoltà del caso, ovviamente – spiega – ma non mi sento diversa. Ho studiato e, ad oggi, lavoro”. La patologia è di origine genetica, alice però in famiglia è l’unica ad averla. “Sono la più piccola di tre sorelle ma loro, fortunatamente, sono sane. La famiglia è la mia forza, loro due, insieme ai miei genitori, mi hanno sempre aiutata e sostenuta. Anche gli amici per me sono stati importanti”.

Alice si è sposata con Michele e insieme hanno costruito una bellissima famiglia. Perchè Alice ha trasformato la sua vita in un capolavoro? Perchè ha una bellissima bambina, nata a settembre 2020, di nome Savannah. “E’ un piccolo terremoto ma è la nostra gioia – afferma – nonostante le difficoltà è stata un regalo. La vita con lei ha preso un colore diverso”.

Elena con la tetraparesi plastica 

Elena e di Savona e ha 49 anni. Vive con una disabilità dalla nascita, essendo nata prematura. “Soffro di una tetraparesi spastica da sofferenza perinatale; non avendo mai camminato non ho un prima a cui fare riferimento quindi non ho un qualcosa da rimpiangere. Io convivo abbastanza bene con la mia disabilità ho imparato a far pace con i miei limiti”.

Perchè Elena ha trasformato la sua vita in un capolavoro? Perché non si è mai arresa ai limiti, nemmeno quelle delle barriere architettoniche di cui ci aveva parlato.

“Ho un buon lavoro al servizio veterinario dell’Asl 2, ho un figlio, e (pensate) ho avuto pure un marito…. ma poi (diciamo anche) i grandi amori finiscono! I miei amici capiscono la mia disabilità e se ne fa carico nei momenti di bisogno che possono essere: uscire, cercare un luogo accessibile dove magari andare a cena a pranzo oppure guidare la mia macchina per andare a qualche concerto”, afferma.

“Ovviamente sarei stupida se dicessi di non voler provare una volta nella vita cosa vuol dire camminare – afferma Elena – ma quello che pesa di più non è tanto il non camminare ma piuttosto non essere indipendente“.

Elena a causa della sua disabilità deve pianificare con settimane o mesi di anticipo i posti nei quali recarsi. “Vorrei non dover dipendere da una persona per compiere le azioni più semplici della vita: come infilarsi un paio di pantaloni. Mi piacerebbe poter entrare in un negozio di vestiti e potermi provare in camerino un abito”.

Posso affermare però che sono tutte limitazioni che non mi hanno impedito di prendermi le mie soddisfazioni dalla vita“. Elena è anche autrice di poesie, e alcuni suoi libri sono stati pubblicati”.

Maria e la sua malattia all’occhio che, ancora, non ha un nome

Maria di Genova ha 32 anni, e una malattia che non sa come chiamare.

“Una splendida festa tra chi era riuscito per la seconda volta a fare una lunga scarpinata con tanto di corde per arrampicarsi. C’era la musica e l’aperitivo con focaccine dolci, calde e profumate. Di quella sera voglio ricordare solo quello perché all’improvviso uno dei miei occhi è precipitato nel buio. Non vedevo più nulla. Il mio primo pensiero non è stato cosa mi stesse succedendo, come e quando avrei potuto vedere nuovamente”, spiega.

“No, mi ero preoccupata di come avrebbe vissuto mia madre, con il possibile dolore della propria figlia che doveva per forza fare delle rinunce. E così è stato: dal primo controllo, alla scorsa visita mi è stato detto che non tornerò mai più a vedere. Certamente, con cure specialistiche e cure all’avanguardia sono riuscita a recuperare non vista, ma almeno a non vedere più quel nero nel quale non avevo mai provato a buttarmici dentro”, prosegue nel suo racconto.

“Vedo nebbia e fili neri. Non va meglio, ma con quelle corde con cui scalavo non mi ci sono almeno impiccata. Scherzo ovviamente, anche se non c’è nulla da ridere e non sopporto chi cerca sempre di sdrammatizzare. Io non posso più scalare e vivere quegli attimi magici che mi vedevano sospesa tra rocce e cielo. Però, ho potuto fare tanti esercizi per poter in sicurezza tornare a camminare anche su percorsi non proprio semplici. Certamente spesso anche per le cose banali è difficile. Un esempio? Inserire le chiavi nella toppa. Non ci vedo mai!“, aggiunge Maria

Perchè Maria ha trasformato la sua vita in un capolavoro? “Una cosa buona c’è, anzi due: un occhio e il fatto che di questo problema non sia riuscita a farne tragedia. Non so se per me o per non dare dolore a chi mi ama: la mia famiglia e il mio fidanzato che su tutti gli impervi sentieri della vita non lascia mai la mia mano. E poi ho un lavoro degno di nota”.

Queste persone, non hanno super poteri, non sono esenti da sconforto o rabbia, non sono sante. Hanno solo imparato a prendere per mano quello che la vita gli ha riservato. D’altronde certe cose capitano solo ai vivi. 

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Il Vostro Giornale

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