Giornalisti, il nuovo tesserino elettronico divide la categoria: “Più costi e danni all’ambiente”

  • Postato il 2 luglio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una card elettronica da rinnovare ogni anno al posto dello storico tesserino professionale cartaceo. La proposta della presidenza dell’Ordine dei giornalisti guidato da Carlo Bartoli, da poco rieletto per il secondo mandato, divide la categoria. La novità, che sarà messa al voto alla prossima seduta del Consiglio nazionale in programma dall’8 al 10 luglio, è stata giustificata con la necessità di adeguarsi alla normativa europea sui documenti di riconoscimento: “L’attuale tesserino cartaceo nel corso del 2026 non potrà essere più utilizzato come documento di riconoscimento. Il Regolamento Ue 2019-1157 relativo alle caratteristiche minime di sicurezza dei documenti di identità in ambito Ue prescrive infatti elementi di sicurezza minimali che i documenti cartacei, come i tesserini attuali, non possiedono”.

L’opposizione di Bartoli in Consiglio nazionale, però, definisce falsa questa ricostruzione. In un post sul sito dell’Ordine, la consigliera nazionale Francesca Filippi sottolinea che il nuovo tesserino andrà rinnovato e pagato ex novo ogni anno, aggiungendo ai circa cento euro di quota annuale di iscrizione “un minimo di 15 euro per le spese di spedizione a casa”. “Il fatto che la Carta d’identità elettronica abbia una validità di dieci anni, mentre il tesserino dei giornalisti scada dopo appena 365 giorni, al termine dei quali occorrerà buttare il vecchio e farne uno nuovo, con altri 15 euro (se va bene) a carico dei giornalisti, per la presidenza del Cnog è una quisquilia”, attacca Filippi.

“C’è poi un aspetto legato all’ambiente, e non di poco conto”, prosegue il post. “Gli iscritti all’Ordine sono 103mila, ogni anno – secondo le intenzioni della presidenza Cnog – finiranno in discarica 103mila tessere in materiale non riciclabile. Secondo alcuni studi una tessera elettronica come quella che si vorrebbe far adottare ai giornalisti impiega circa 2000 anni per decomporsi nell’ambiente. Eh, ma “ce lo chiede l’Europa””, conclude.

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Il Fatto Quotidiano

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