Giorgio Armani, l’eredità divisa: il patrimonio da 13 miliardi e l’azienda, ecco cosa succede ora

  • Postato il 5 settembre 2025
  • Di Panorama
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Il 4 settembre 2025, all’età di 91 anni, si è spento Giorgio Armani. Con lui scompare il simbolo di un’eleganza che ha reso l’Italia riconoscibile ovunque nel mondo. Ma oltre all’eredità immateriale di stile e visione, resta una questione di peso: la distribuzione di un patrimonio valutato tra gli 11 e i 13 miliardi di euro (11,5 secondo Forbes). Una ricchezza che non si limita ai numeri, ma a un gruppo solido con 8.700 dipendenti e ricavi da 2,4 miliardi, non quotato in Borsa e quindi al riparo da valutazioni di mercato dirette.

Armani, consapevole della portata del suo impero, aveva pianificato con largo anticipo la transizione, fissando nello statuto della Giorgio Armani spa – fondata il 24 luglio 1975 – le regole che ne assicureranno continuità e identità.

Il patrimonio personale e gli investimenti

Oltre al cuore pulsante della Giorgio Armani Spa, “Re Giorgio” aveva costruito negli anni un immenso patrimonio immobiliare: la villa di Pantelleria, quella di Forte dei Marmi, la storica residenza di via Borgonuovo a Milano, Villa Rosa nell’Oltrepò pavese, e ancora case e rifugi a Saint Moritz, Parigi e Saint Tropez. Collezioni d’arte, la squadra di basket Olimpia Milano e, da ultimo, l’acquisto simbolico della Capannina di Forte dei Marmi, concluso pochi giorni prima della sua scomparsa.

L’ultimo bilancio

L’ultimo bilancio approvato, relativo al 2024, registra ricavi per 2,3 miliardi (in calo del 5% sul 2023), utile ante imposte ridotto a 74,5 milioni e investimenti raddoppiati a 332 milioni. L’Europa rappresenta il 49% del giro d’affari, America e Asia Pacific il 21% ciascuna, il resto del mondo il 9%.

La diversificazione resta una delle cifre del gruppo: moda, accessori, beauty, sportwear, design, hotellerie e ristorazione. Senza dimenticare la proprietà dell’Olimpia Milano. Dal 2021 a oggi sono stati generati quasi 600 milioni di utili, base finanziaria che alimenterà dividendi e patrimonio degli eredi.

Gli eredi familiari

Lo stilista non lascia figli, dunque non esistono quote di legittima da rispettare. Restano la sorella Rosanna (86 anni), il nipote Andrea Camerana (55), e le nipoti Silvana (69) e Roberta (54), figlie del fratello Sergio, scomparso da tempo.

Camerana, sposato con la cantante Alexia (Alessia Aquilani), è legato anche alla famiglia Agnelli: con John Elkann condivide il trisnonno Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat.

Armani sintetizzava così la propria visione: «L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare», e ancora «La moda è quella che viene suggerita e che spesso conviene evitare, lo stile è ciò che ciascuno ha e che deve conservare per tutta la vita». Un testamento di pensiero che accompagnerà quello patrimoniale.

Il documento chiave della successione

Lo stilista deteneva il 99,9% della società, costruita e guidata per oltre mezzo secolo. Non avendo figli e senza vincoli di legittima, i suoi eredi diretti sono i nipoti Silvana e Roberta Armani, figlie del fratello Sergio, e Andrea Camerana, figlio della sorella Rosanna. Tutti già presenti nel cda, insieme al fedelissimo Leo Dell’Orco, storico braccio destro e presidente dell’Olimpia Milano, e a Federico Marchetti, fondatore di Yoox.

Il passaggio generazionale era stato pianificato con largo anticipo. Nel 2016 Armani istituì la Fondazione Giorgio Armani, rafforzata da un nuovo statuto nel 2023, per garantire stabilità, continuità e soprattutto indipendenza alla maison. La struttura di governance prevede sei categorie di azioni (dalla A alla F), con uguali diritti economici ma differenti poteri di voto, così da evitare conflitti e assicurare la guida a soci forti.

All’interno della Fondazione siedono Dell’Orco, il nipote Luca Camerana e Irving Bellotti, manager di Rothschild Italia. La missione è chiara: garantire armonia tra gli eredi, continuità nello sviluppo globale del marchio e difesa dei valori di essenzialità ed eleganza. Armani stesso spiegava: «Per evitare innanzitutto che il gruppo venga acquistato da altri o spezzettato». Pur ammettendo più di recente che, un giorno, l’indipendenza potrebbe non essere più garantita.

Le regole dello statuto blindato

Le regole fissate sono rigide: fusioni e scissioni possono avvenire solo con il 75% dei voti assembleari. Lo statuto impone inoltre di dare «priorità allo sviluppo continuo a livello globale del nome “Armani”», mantenendo «uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato». Solo dopo cinque anni dalla sua adozione potrà essere valutata un’eventuale quotazione in Borsa.

Un controllo ferreo che Armani ha sempre rivendicato. «La mia più grande debolezza è che controllo tutto», dichiarava in un’intervista al Financial Times, definendosi un «workaholic».

Anche negli ultimi mesi, segnati dai problemi di salute che lo hanno tenuto lontano dalle passerelle, Armani non smise mai di occuparsi del suo regno: seguiva da remoto le sfilate, dalle prove al make-up. Dopo la sua morte, un’immagine ha fatto il giro del web: lo stilista, già anziano, che sistema personalmente la vetrina di una sua boutique. Un dettaglio che racconta meglio di qualsiasi parola chi fosse Giorgio Armani.

I principi fondanti dello statuto

L’articolo 4 dello statuto – «Oggetto. Principi fondanti» – codifica l’essenza del lascito di Armani: equilibrio finanziario, reinvestimento degli utili, segmentazione dei marchi con coerenza stilistica e di comunicazione, centralità di qualità e innovazione, prudenza nelle acquisizioni, sviluppo globale del brand.

Una vera e propria carta morale che obbliga i futuri amministratori a proseguire nel solco tracciato dal fondatore, garantendo che il marchio Armani rimanga fedele a sé stesso e alla sua visione di impresa.

Autore
Panorama

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