Giappone, la tensione con la Cina a causa di Taiwan ricade sul settore turistico: si rischiano perdite fino a 14 miliardi di dollari

  • Postato il 21 novembre 2025
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“Dormo dalle due, alle quattro ore per notte”aveva affermato giorni fa la prima ministra giapponese Takaichi Sanae. “Non fa certo bene alla mia pelle” aveva anche aggiunto, mostrando le occhiaie visibili sul suo viso. Rivelazione che ha confermato l’intento espresso dalla stessa, non appena nominata alla guida del governo, quando aveva promesso di: “Lavorare, lavorare, lavorare, lavorare e lavorare”. Sarà la fatica, la mancanza cronica di riposo, o semplicemente la coerenza e una certa postura radicale in linea con le idee da sempre espresse dalla leader ultra conservatrice, ad avere causato il più grande impasse degli ultimi anni con la Cina?

Si è spesso rimproverato ai leader giapponesi di non prendere posizioni risolute nei confronti dei grandi temi di politica internazionale, specialmente nei confronti della “Terra di Mezzo” il vicino più scomodo e potente. Sembrava anche che i rapporti tra le due potenze avessero intrapreso un sentiero aperto al dialogo, nel primo significativo incontro di fine ottobre in Corea del Sud, a margine del vertice APEC tra la premier nipponica e il presidente cinese Xi Jinping.

Invece sono bastate alcune affermazioni – nette e prive di ambiguità – da parte Takaichi Sanae a scatenare l’ira funesta cinese. Il 7 novembre Takaichi ha rotto con anni di forte cautela sull’argomento, suggerendo in parlamento che il Giappone potrebbe fornire sostegno militare a Taiwan se si verificassero scenari “catastrofici” come un blocco navale cinese delle rotte marittime cruciali vicino all’isola. E che il Giappone potrebbe quindi intervenire militarmente a scopo difensivo del proprio territorio che sarebbe posto in quella evenienza, in grave pericolo. Mai i leader giapponesi erano stati così diretti riguardo alla risposta di Tokyo in caso di una “emergenza Taiwan”.

E mai le reazioni cinesi sono arrivate così velocemente condite da greve aggressività, nonostante la premier abbia cercato di calmare le acque sostenendo:”Le mie dichiarazioni non contraddicono la posizione dei governi precedenti”. Niente da fare, il governo cinese sta ripetutamente chiedendo alla prima ministra di ritirare le sue affermazioni, cosa che Takaichi Sanae rifiuta di fare. Come riparare al danno? Martedì il Giappone ha tentato un chiarimento inviando a Pechino Masaaki Kanai, direttore generale dell’Ufficio Affari asiatici e oceanici del Ministero degli Affari Esteri giapponese, che ha incontrato la controparte cinese Liu Jinsong. Il colloquio però non ha portato a un chiarimento, anche se il funzionario giapponese ha cercato di rassicurare dicendo: “La posizione del Giappone rimane invariata rispetto al comunicato congiunto tra Giappone e Cina del 1972, che riconosceva la Cina come “l’unico governo legittimo”, sostenendo inoltre che l’affermazione di Takaichi non modifica quella posizione. Per Liu Jinsong la spiegazione non è bastata, e ha reiterato:” La dichiarazione della premier va contro il principio dell’unica Cina – secondo cui Taiwan fa parte della Cina – ed è causa di un danno fondamentale per le relazioni tra i due paesi.”

Chiuso il sipario tra i due funzionari, non si intravedono incontri possibili Takaichi- Xi. Gli attacchi verbali diretti contro Takaichi si sprecano: “La testa sporca che si intromette deve essere tagliata” ha postato giorni fa su X il console generale cinese a Osaka, Xue Jian, post che ha poi cancellato, sul sito di Japan Today si legge anche che in Cina un noto commentatore nazionalista ha definito la premier una “strega malvagia” (altro diplomatico che ricorre a questa metafora nei confronti di una donna), e una vignetta pubblicata sull’account X delle forze armate cinesi l’ha raffigurata mentre bruciava la costituzione pacifista del Giappone.

Non mancano conseguenze pratiche dirette ai cittadini giapponesi. Le rivalse cinesi mirano a bloccare il turismo in Giappone, con annullamenti di prenotazioni di gruppo effettuate con mesi di anticipo, anche perché le cancellazioni vengono facilitate dalle compagnie aeree cinesi che rinunciano alle penali, mentre a Tokyo l’Imperial Hotel (uno degli alberghi più prestigiosi della capitale) ha iniziato a ricevere notifiche di cancellazioni per eventi aziendali e soggiorni. “Se l’attuale fase di stallo nelle relazioni dovesse protrarsi, il danno economico per il Giappone sarebbe notevole”, ha affermato Takahide Kiuchi, economista del Nomura Research Institute. Secondo le sue stime, il solo boicottaggio dei viaggi potrebbe costare al Giappone oltre 14 miliardi di dollari di perdite all’anno. Inoltre la Cina ha nuovamente sospeso l’importazione dei prodotti ittici giapponesi. Se da un lato molti e molte giapponesi – non coinvolte nel business del turismo – tireranno un sospiro di sollievo dalla mancanza di turisti/e cinesi, dall’altra la tensione diplomatica e politica è palpabile e di sicuro un “lungo inverno” sta per iniziare.

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