Genova, presidio dei portuali contro la nave saudita carica di armi: “Non vogliamo lavorare in un hub di guerra”
- Postato il 8 agosto 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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A dichiarare ufficialmente, in tarda mattinata, che il cannone Leonardo destinato agli Emirati Arabi Uniti resterà a terra è stata la stessa agenzia marittima che gestisce il carico sulla Bahri Yanbu. La nave saudita carica di armi ed esplosivi è ora in fase di ripartenza dal porto di Genova. La notizia del nuovo successo della mobilitazione dei lavoratori portuali – il secondo in poche settimane – arriva da una nota della Filt Cgil, che in questi giorni, insieme al Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) e all’Unione sindacale di base (Usb), si è attivata per permettere agli addetti al carico di scioperare esercitando l’obiezione di coscienza alla logistica bellica. “Ribadiamo la nostra volontà di lavorare in un porto civile, non servire un hub logistico della guerra” dice a ilfattoquotidiano.it Josè Nivoi per Usb, a margine del blocco del varco portuale di ponte Etiopia. “È una questione etica e di sicurezza”.
A precisare come questi blocchi non siano strumentali o unilaterali interviene Gianni Alioti, di Weapon Watch, che dal 2019 affianca i lavoratori decisi a disertare la filiera bellica: “Nei giorni scorsi si sono mobilitati contro armi per Israele e oggi si contesta la nave saudita, ma recentemente l’Usb ha evitato anche un carico d’armi destinato al Qatar. Anche nel merito di questo sciopero, che colpisce Leonardo, abbiamo denunciato e documentato che quei cannoni sono finiti su navi militari della Birmania, Paese sotto embargo Onu e fortemente sanzionato da Stati Uniti e Unione Europea”.
Questa mattina un centinaio di persone ha partecipato al presidio convocato dal Calp al varco portuale. Trovato il tornello aperto, molti manifestanti hanno raggiunto i cancelli del terminal Gmt, dove era in corso il carico del restante materiale civile. Dopo una breve contestazione, il corteo si è spostato davanti al grattacielo che ospita le sedi di Gmt e della compagnia israeliana Zim. La conferma del blocco del carico, frutto del rifiuto dei lavoratori di caricare e dell’interlocuzione della Filt Cgil con l’Autorità di sistema portuale, ha portato allo scioglimento del presidio di Calp e Usb intorno a mezzogiorno.
Una mobilitazione portata avanti in momenti, luoghi e modalità diverse, quella di Cgil e Usb, che di fatto converge nel rafforzare la linea tracciata nel 2019: dal porto di Genova non si caricano armamenti. “Resta il problema del transito, anche di materiali esplosivi e pericolosi come in questo caso” incalza Riccardo Rudino, Calp. “Per questo la nostra lotta va avanti: chiediamo chiarezza e l’avvio dell’osservatorio sui traffici d’armi che ci hanno garantito ieri in Autorità portuale”.
Sulla posizione, cara a diversi terminalisti, politici di area moderata e ambienti confindustriali, già espressa in passato (prima delle dimissioni a seguito del patteggiamento per corruzione) dall’ex presidente della Regione Giovanni Toti – secondo cui questa lotta rischia di danneggiare la produzione di armi italiane – Alioti, con una lunga esperienza da sindacalista metalmeccanico, replica: “È ridicolo in questo momento in cui le aziende del settore sono sommerse da ordini. Inoltre tutti gli studi dimostrano che investire nei settori civili crea più occupazione rispetto alle aziende che producono armi. Le armi si possono provare a giustificare in altri modi, ma non certo dal punto di vista dei benefici economici e occupazionali”.
La Procura di Genova intanto ha aperto un fascicolo per atti relativi sulla nave Bahri Yanbu. Il fascicolo è in mano al procuratore aggiunto Federico Manotti che ha delegato la Digos e la Capitaneria. Le indagini sono partite dopo che l’Usb ha presentato un esposto in cui ipotizza la violazione della legge 185 del 1990 che regola il transito di armi nei porti italiani.
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