Genova, la consigliera comunale in aula: “Violentata per mesi tra le mura di casa mia”

  • Postato il 26 novembre 2024
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Generico novembre 2024

Genova. “Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova bene, quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia”. E’ iniziato così l’intervento di Francesca Ghio, consigliera comunale della lista Rossoverde, in aula rossa in Comune a Genova. Ghio ha parlato nell’ambito di un ordine del giorno sul tema della violenza sulle donne presentato dalla collega del gruppo Misto, Arianna Viscogliosi, e ha raccontato la propria esperienza personale.

“Per un pezzo di vita mi sono rassegnata, fino a credere che me lo ero meritata, me la sono cercata, non so bene come, ma non avevo alternativa” ha detto Francesca Ghio, leggendo un testo che alcuni, per qualche minuto, hanno creduto fosse un racconto riportato, ma poi è stata la stessa consigliera a chiarire. “Importa che sia successo a me o qualcun altro? Comunque, sì, sono io quella bambina di 12 anni”.

Francesca Ghio, comparsa anni fa sulla scena politica genovese come portavoce del movimento Fridays For Future, dice ancora nel suo intervento, “non ho mai denunciato quell’uomo, un dirigente genovese, il nostro bravo ragazzo, non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni, mi guardo indietro oggi. E a distanza di decenni nulla è cambiato. Gli uomini continuano a violentare. Nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire”.

La consigliera comunale, una delle più combattive esponenti della minoranza in consiglio comunale a Genova, e che nei mesi scorsi era riuscita, da neomamma, a far approvare un regolamento che consentiva anche ai neogenitori, uomini e donne, di partecipare alle sedute di consiglio da remoto, ha spiegato il perché della sua testimonianza che si conclude con una citazione della canzone Bandiera, della cantautrice e attivista femminista Giulia Mei.

Io sono una voce, sono una bandiera, il mio corpo è politico – dice Ghio – qua dentro sono chiamata a rappresentare la città, le persone. Una donna su tre subisce violenza nella propria vita. Chi ha voce e il privilegio della visibilità, come in questo caso la mia posizione qua dentro permette, deve parlare per chi non può farlo”.

La testimonianza di Francesca Ghio: “Vittima due volte, dello stupratore, e della società che guarda dall’altra parte”

Avevo 12 anni
Vivevo nel cuore della Genova bene
Avevo appena iniziato la seconda media

Avevo 12 anni
Quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia
Ripetutamente Per mesi e mesi

Da un uomo di cui mi fidavo
Da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro
Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo

Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto,
dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno
Mentre sottostavo alle sue torture

il dominio dell uomo, del padre
La mia mente e il mio corpo sotto la sua autorità
L’Emblema del patriarcato

Ma altro io non potevo fare
Perché nessuno mi ha mai detto
che potevo parlarne
Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso
Eppure non sono mai stata una bambina silenziosa..

Ma la società intorno corre
Dove corre non si capisce..
Certo è, che non si ferma a guardare
Chi bene non sta

Perché questa società non ha tempo e non ha spazio per curarsi delle persone

Avanza, costruisce dighe e strade
Avanza, verso il progresso e nuove promesse
Avanza dimenticandosi di proteggere e curare il bene prezioso della vita

Così le persone diventano sempre meno importanti
Abbandonate
Lasciate sole nell’affrontare il proprio dolore

Da una parte il carnefice
Dall’altra la sua vittima
In mezzo la sofferenza

Per un pezzo di vita mi sono rassegnata
Fino a credere che melo ero meritata
Me la sono cercata,
Non so bene come
Ma non avevo alternativa

Sono arrivata a colpevolizzarmi al punto di ferirmi fisicamente
Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia per anni
nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre felpe e maniche lunghe
Ma il dolore era l’unica emozione che mi faceva provare ancora qualcosa

Non ho mai denunciato quell’uomo
Non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni

A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte
Nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità

Nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui poter trovare rifugio e protezione

Quando ho provato a parlarne anni dopo
Mi sono sentita giudicata,
Iniziavo il discorso e notavo disgusto
“Ma no sto scherzando..”
dicevo per chiudere velocemente il discorso

Ho iniziato a fumare Malboro
Non mi piaceva fumare
Ma mi consolidava l’idea che qualcosa bruciasse dentro di me

Ho fumato per anni senza che mi piacesse
Quel dolore andava soffocato in qualche modo
Nessuno voleva ascoltarlo
E io non avevo gli strumenti per capirlo

Mi guardo indietro oggi
E a distanza di decenni
Nulla è cambiato

Gli uomini continuano a violentare
Nel silenzio complice di una società
Che non da gli strumenti
Che non vuole fermarsi a capire

Che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema
Piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità
Del profondo vuoto
Che le istituzioni scelgono di non colmare

Abbiamo il problema
Abbiamo le soluzioni
Dovremmo solo scegliere di applicarle

Ma le dighe, le strade, i centri commerciali
Continuano a essere più importanti
Rispetto alla salute mentale e fisica

Il 25 novembre è passato,
Ci vediamo l’anno prossimo
Con la conta dei numeri
Chi sull’elenco dei nomi dei cadaveri
Chi nel silenzio muore dentro

Vittima due volte
Dello stupratore
E della società che guarda dall’altra parte

L’unica differenza?
Non staremo più zitte

“Della mia fica
Farò una bandiera
Che brillerà
Nella notte nera”.

Autore
Genova24

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