Generazione no – auto

  • Postato il 17 maggio 2025
  • Di Panorama
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Comprare un’auto? Grazie, ma no grazie. Si potrebbe aggiornare così il tormentone della canzone di Willie Peyote. Lo si potrebbe fare alla luce della totale apatia che i ragazzi riversano nei confronti di quella che solo cento anni fa veniva considerata come l’avanguardia del futuro: l’automobile. Descritta come l’apoteosi della femminilità da Gabriele D’Annunzio, osannata come un’ode alla velocità da Filippo Tommaso Marinetti, le vetture non sono mai state contestate quanto oggi. Se a Oslo, o nella spagnola Pontevedra e in altre città viene vietato l’accesso dei veicoli ai centri storici – in favore di aree pedonali in grande espansione -, in tutto il mondo i movimenti car-free si moltiplicano. Partendo quasi sempre dai giovanissimi.

«Effettivamente l’idea di automobile è in forte crisi tra le giovani generazioni» riflette l’antropologo Marino Niola, da poco in libreria con L’Italia dei Miracoli. Storie di santi, magia e misteri (Raffaello Cortina editore). «Sia per un ecologismo crescente, che considera le auto come una grande fonte di inquinamento, sia per una sorta di indipendenza dei ragazzi da modelli inventati da altri. La macchina, che è stata un valore supremo per i genitori, per loro non lo è più. Magari possiedono sneaker da 800 euro, ma preferiscono usare il monopattino. E lo fanno per un motivo chiarissimo: non vogliono somigliare ai papà e alle mamme. Insomma» prosegue Niola, «siamo in pieno testacoda generazionale. Una volta la trasmissione dei valori discendeva dagli adulti ai giovani, mentre adesso è ascendente: tutto va dai ragazzi agli adulti, perché i primi si sono impadroniti della tecnologia, e così vengono sommariamente imitati dai secondi».

L’abbandono delle auto appare come un progressivo, inesorabile cambiamento. Una mutazione che non è attribuibile esclusivamente a fattori economici, ma rappresenta sempre di più una scelta culturale. Stando ai dati, gli italiani tra i 15 e i 35 anni mostrano una crescente attenzione alla mobilità sostenibile: secondo una recente indagine (prodotta da skuola.net), due ragazzi su tre per spostarsi hanno rinunciato ai mezzi più inquinanti, preferendo camminare, utilizzare biciclette o mezzi pubblici.

Esattamente come racconta il giovane scrittore e attivista politico pugliese Lulu Colucci: «Pur avendo accesso all’auto della mia famiglia, non la utilizzo mai. Preferisco autobus o treni, anche se ovviamente sono per me molto più scomodi. Faccio un esempio pratico: io abito a 60 chilometri da Bari, e ogni giorno impiego quasi tre ore per andare e tornare dalla città con i mezzi. In macchina impiegherei la metà del tempo. Eppure non mi sembra giusto».

La questione etica nel rifiuto delle vetture si rivela centrale, come nota anche il sociologo Vanni Codeluppi, che affronta la questione anche nel suo recente volume Il primo libro di sociologia dei consumi (Einaudi): «La coscienza ecologica è più diffusa tra i giovani, ma c’è anche un altro tema a mio avviso: l’automobile per i ragazzi appartiene al passato, parla di boom economico, racconta l’emancipazione dei nonni che finalmente potevano permettersi la gita fuori porta, svela uno status che adesso non ha più appeal. La storia dei beni di consumo si sviluppa nel tempo, e acquisisce i significati delle epoche. L’auto per decenni ha rappresentato, al contrario di moto e biciclette, il benessere. Oggi per le nuove generazioni che sono abituate ad avere tutto e subito si tratta di una responsabilità, e non solo a livello economico, da cui rifuggono. Un tempo infatti la mentalità più diffusa era legata alla proprietà. Adesso non è più così».

Non a caso trovano un crescente successo soluzioni come il car sharing o il car pooling, che prevede la condivisione di un’auto privata tra più persone per ridurre i costi di viaggio e l’impatto ambientale. Proprio quest’ultimo nel nostro Paese sta vivendo una crescita significativa, sia in ambito aziendale sia attraverso piattaforme digitali come BlaBlaCar, ma anche Jojob e BePooler.
«Sono tutte soluzioni che puntano a voler impattare il meno possibile sulle condizioni già allarmanti del clima», evidenzia Marco Modugno, attivista di Fridays For Future che puntualizza le varie, e spesso preferite, alternative: «Monopattini, e-bike e biciclette. Ma, quando funziona, soprattutto il trasporto pubblico su cui bisognerebbe però investire di più».
Insomma, stando a sentire i ragazzi l’automobile è l’ultima delle opzioni. A dimostrarlo sono sempre i dati: nel 2024 in Italia ne sono state immatricolate 1.558.704, con un calo del 18,7 per cento rispetto al 2019. Si fanno così spazio i mezzi di micro-mobilità o di prossimità, caratterizzati naturalmente da un inferiore costo di acquisto o di gestione.

Non sorprende neppure che sempre meno giovani ambiscano alla patente; secondo una recente indagine (commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat), l’età media per ottenere la patente in Italia è salita a circa 19 anni e 10 mesi. E, soprattutto, solo il 53 per cento dei 17enni intervistati ha dichiarato l’intenzione di prendere la patente non appena maggiorenne, mentre il 32 per cento ha affermato che lo farà in tempi più lunghi. E ben 28 mila diciassettenni hanno dichiarato di non avere alcuna intenzione di conseguirla, preferendo altri mezzi di trasporto.

«La patente si prende sempre più tardi e l’automobile, che non possiede più il concetto di affrancamento dalla famiglia come accadeva un tempo, spesso non è considerata dai più giovani per l’impegno economico che comporta e che non è paragonabile a quello del passato» nota Gianluca Pellegrini, direttore del mensile di automobilismo Quattroruote. «Non dimentichiamoci però che, alla luce della diminuzione dei trasporti pubblici, c’è una netta divisione fra chi vive in città e può avvalersi di mezzi alternativi, e chi invece è obbligato a utilizzare l’automobile per spostarsi. Il nostro è un Paese di province più che di periferie, e in quest’ottica la scelta di abolire l’auto non si rivelerà mai possibile».

Viene comunque da chiedersi quali saranno le conseguenze di questo fenomeno no-auto. «Di certo» spiega ancora Marino Niola, «nel lungo periodo incideranno sul settore industriale, ma ci saranno progressivi cambiamenti a livello di comportamenti urbani: prenderanno piede altri mezzi di locomozione, monopattini ed e-bike saranno più presenti, e così anche alternative di condivisione. Si tratta però di uno scenario ambientalista non privo di contraddizioni. Magari si va in giro in bicicletta, ma si compra ossessivamente solo online, inquinando molto di più. Dobbiamo comunque prendere atto di una realtà: oggi l’antagonismo politico non passa più dalla lotta di classe, ma dall’ambiente».
E chissà che le prime vere vittime di questo nuovo orientamento dei comportamenti non siano proprio le auto.

Autore
Panorama

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