Gaza: Piano Usa per fermare il conflitto. Da Israele nuovo avviso alla Flottilla con una proposta
- Postato il 25 settembre 2025
- Di Panorama
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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto con fermezza i riconoscimenti internazionali di uno Stato palestinese arrivati negli ultimi giorni, accusando i governi coinvolti di essersi piegati al terrorismo. «La vergognosa capitolazione di alcuni leader al terrorismo palestinese non obbliga in alcun modo Israele. Non ci sarà nessuno Stato palestinese», ha dichiarato, ribadendo la linea dura del suo governo. Contestualmente, il governo israeliano è tornato sulla vicenda della Flottilla , che continua a suscitare polemiche. Rivolgendosi direttamente agli organizzatori, Israele ha proposto una soluzione alternativa: «Abbiamo un’altra proposta per la flottiglia Hamas-Sumud: se non si tratta di provocazione e di servire Hamas, siete liberi di scaricare tutti gli aiuti che potreste avere in qualsiasi porto di un Paese vicino, fuori da Israele, da dove potranno essere trasferiti pacificamente a Gaza. Israele non consentirà alle navi di entrare in una zona di combattimento attiva e non permetterà la violazione di un legittimo blocco navale. Si tratta di aiuti o di provocazione?». Il messaggio è un avvertimento diretto a chi intende sfidare il blocco navale israeliano approfittando della crescente pressione internazionale.
Giovedì mattina, Doron Kadosh di Galei Zahal ha riferito che alti funzionari della sicurezza stanno raccomandando l’imposizione di sanzioni personali alle figure di spicco dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in seguito al riconoscimento di uno Stato palestinese da parte di diversi Paesi. Secondo le raccomandazioni presentate prima delle discussioni del Consiglio dei Ministri, le misure includerebbero restrizioni alla libertà di movimento dei leader palestinesi in Giudea e Samaria e limitazioni al valico di Allenby, rispetto alla situazione attuale, in cui viaggiano in convogli protetti e godono di misure di protezione complete. La decisione finale sarà presa a livello politico. È stato inoltre riferito che al centro delle raccomandazioni vi è un’attenzione specifica ai diritti di passaggio e ai permessi speciali concessi al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, al suo vice Hussein Al-Sheikh e ad altri alti funzionari. Fonti della sicurezza hanno affermato che la revoca di questi permessi costringerebbe i leader a rimanere a Ramallah o a spostarsi all’interno di un’area riservata in Giudea e Samaria. Sono inoltre allo studio restrizioni ai privilegi logistici attualmente concessi ad alti funzionari nell’ambito dei quadri di coordinamento della sicurezza.
Sul fronte americano, invece, Donald Trump ha presentato un’iniziativa diplomatica destinata a cambiare lo scenario del conflitto. Secondo quanto riportato da Axios, il presidente degli Stati Uniti ha illustrato ai leader arabi e musulmani un piano in 21 punti per la pace in Medio Oriente, con particolare attenzione alla fase post-Hamas a Gaza. L’incontro si è svolto a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ha visto la partecipazione di alti funzionari di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania, Turchia, Indonesia e Pakistan.Il piano di Washington poggia su alcuni principi fondamentali: liberazione immediata di tutti gli ostaggi, cessate il fuoco permanente, ritiro graduale delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza e creazione di un nuovo meccanismo di governance che escluda Hamas. L’architettura proposta prevede anche il dispiegamento di una forza di sicurezza multinazionale, l’attivazione di finanziamenti arabi e musulmani per la ricostruzione e una forma di coinvolgimento dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Axios ha inoltre riferito che Trump avrebbe spiegato ai leader presenti come il protrarsi del conflitto stia progressivamente isolando Israele sul piano internazionale. L’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, ha confermato: «Abbiamo presentato a diversi leader della regione il piano in 21 punti per la pace in Medio Oriente e a Gaza», aggiungendo alla conferenza Concordia di New York: «Siamo fiduciosi, e direi persino molto fiduciosi, che nei prossimi giorni potremo annunciare una svolta». Secondo Kan News, l’idea americana includerebbe una sospensione dei combattimenti per venti giorni, al termine dei quali Hamas dovrebbe rilasciare gli ostaggi. Contestualmente, un gruppo di Stati arabi e musulmani assumerebbe l’amministrazione di Gaza per un periodo di tre anni, escludendo completamente la presenza di Hamas. Fonti vicine ai colloqui hanno indicato che le divergenze tra le parti non sarebbero insormontabili e che si prepara una fase di negoziati intensi guidati da Egitto e Qatar. La bozza, secondo le stesse fonti, incorpora alcuni principi già approvati da Israele, tra cui la liberazione degli ostaggi e la fine del dominio di Hamas. I Paesi arabi, tuttavia, hanno posto precise condizioni per il loro sostegno: stop ad annessioni israeliane in Cisgiordania e l’interruzione della costruzione di nuovi insediamenti, mantenimento dello status quo sulla moschea di al-Aqsa e aumento degli aiuti umanitari. Alla fine dell’incontro, diversi leader hanno rilasciato una dichiarazione congiunta definendo il piano «un passo importante verso la pace».
Dal fronte palestinese, Hamas ha accolto con favore i riconoscimenti internazionali della Palestina. «È un primo passo verso la giusta direzione, anche se tardivo», ha dichiarato Osama Hamdan a un’emittente libanese, sostenendo che questo risultato è il frutto «della fermezza del popolo palestinese e della sua continua lotta nel corso dei decenni, in particolare dell’operazione del 7 ottobre». Secondo lo scrittore e saggista Niram Ferretti «il riconoscimento dello Stato palestinese, che di fatto non rappresenta altro che un flatus vocis , è tuttavia sul piano politico e simbolico un regalo fatto a Hamas». Ferretti ha aggiunto che il progetto politico del movimento islamista «è quello di uno Stato rigorista fondato sulla sharia, che non contempla alcuna coesistenza con lo Stato ebraico». Un elemento rimasto in ombra riguarda invece i leader storici di Hamas. Figure come Khaled Meshal e Khail al-Hayya non hanno rilasciato dichiarazioni neppure dopo il dibattito all’Onu, un silenzio che alimenta speculazioni sulla loro sorte dopo i recenti attacchi israeliani a Doha (Qatar) .Nei prossimi giorni, il nodo cruciale sarà il faccia a faccia tra Trump e Netanyahu, previsto a Washington. Sarà quello il momento in cui il presidente americano cercherà di convincere il premier israeliano della validità del piano in 21 punti, mentre la pressione internazionale per una tregua e una soluzione politica al conflitto cresce di giorno in giorno.