Gaza, Netanyahu valuta “l’occupazione militare totale”: “Mossa per evitare che l’ultradestra lasci il governo”
- Postato il 29 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Occupazione militare totale” o assedio stretto su alcuni centri urbani covi di Hamas. Sono due delle opzioni alle quali, secondo i media, il governo di Benjamin Netanyahu sta lavorando per il futuro della Striscia di Gaza. La rete tv Channel 12, ripresa dal Times of Israel, ha riferito che le due opzioni sono state all’ordine del giorno della riunione ristretta del gabinetto per la sicurezza nella quale ieri il premier ha riunito alcuni ministri. Un assedio comporterebbe il blocco degli aiuti, poco dopo che nei giorni scorsi Tel Aviv ha annunciato che avrebbe consentito l’ingresso di maggiori quantità di derrate alimentari nell’enclave.
La tv israeliana Kan ricostruisce l’accaduto riferendo che le Israel Defense Forces – che hanno recentemente affermato di controllare già circa il 75% della Striscia – “amplierebbero” drasticamente le loro operazioni terrestri nell’enclave, anche in aree in cui non hanno ancora operato, per “rafforzare” la pressione su Hamas. L’emittete non specifica su quali zone di Gaza si concentrerebbero le operazioni, ma probabilmente si tratta delle aree in cui si ritiene siano tenuti degli ostaggi – una mossa che Israele aveva ampiamente evitato fino ad ora.
Il quotidiano liberal Haaretz riferisce che si tratterebbe di un tentativo di Netanyahu per evitare che il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ritiri dal governo il suo partito di estrema destra, Sionismo religioso. Secondo la testata di opposizione il piano prevede che Israele dichiari l’intenzione di dare a Hamas alcuni giorni per accettare un cessate il fuoco e in caso contrario iniziare ad annettere aree della Striscia. Il ministro per gli Affari Strategici, Ron Dermer, avrebbe presentato il piano al segretario di Stato Usa, Marco Rubio, incassando l’appoggio della Casa Bianca, nonostante il presidente Donald Trump si trovasse in Scozia nel momento dell’incontro.
Mentre il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, leader di Potere ebraico, l’altro partito di estrema destra che puntella il governo, si è espresso fermamente contro il recente cambiamento nella politica degli aiuti, Smotrich è rimasto pubblicamente in silenzio sulla questione, facendo pressioni su Netanyahu dietro le quinte. Secondo Haaretz, Israele annetterebbe prima le aree nella “zona cuscinetto” lungo il confine di Gaza, seguite dalle aree nel nord della Striscia vicino alle città israeliane di Sderot e Ashkelon, e continuerebbe gradualmente fino a quando la maggior parte o tutto il territorio non sarà annesso. Il premier, alle prese con un governo in bilico dopo l’uscita dei partiti ultraortodossi, “è disposto a considerare la promozione di un piano del genere” pur di salvarsi, anche al netto delle sue perplessità rispetto all’annessione di Gaza.
Dopo giorni di silenzio oggi Smotrich è tornato a parlare: Gaza è “una parte inseparabile della Terra di Israele”, e, sebbene il ritorno agli insediamenti abbandonati da Israele nel 2005 sia stato per lungo tempo un “pio desiderio”, ora è un’opzione “realistica“. “Non vogliamo tornare a Gush Katif (il principale blocco di insediamenti israeliani nella Striscia prima del disimpegno, che ospitava circa 8.500 persone in 17 comunità, ndr): è troppo piccolo, deve essere molto più grande, molto più esteso”, ha detto il ministro delle Finanze. Che ha rivolto un appello a Netanyahu: “Non c’è momento più opportuno” per annettere anche la Cisgiordania.
Riguardo ai colloqui per una tregua con Hamas, un alto funzionario della sicurezza ha dichiarato a Channel 12: “Gli Stati Uniti devono mettere una pistola sul tavolo e costringere il Qatar a scegliere tra gli interessi di Hamas e i propri. Gli Stati Uniti sono l’unico attore che può riportare Hamas al tavolo delle trattative. Se non agiscono, la situazione rimarrà invariata”. Il gruppo terroristico ha affermato di essere ancora interessato a negoziare un accordo e respinge le affermazioni di Israele e Stati Uniti – che i due Paesi hanno citato come motivo del ritiro delle loro squadre da Doha la scorsa settimana – secondo cui non starebbe prendendo sul serio i colloqui.
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