Gaza, de Pascale rompe con Israele: “Le parole di Mattarella, Tajani, Crosetto sono chiare ma le azioni dove sono?”

  • Postato il 4 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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A Gaza, da parte del governo israeliano, ci sono violazioni del diritto internazionale denunciate da più fronti. Tajani, Crosetto e Mattarella lo riconoscono. Ma tra queste parole e le azioni, dov’è la coerenza? Forse mi sfugge qualcosa, ma concretamente, cosa stanno facendo la Repubblica Italiana e l’Unione Europea?“. È la denuncia del presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale, che, ai microfoni di Calibro 8, su Radio Cusano Campus, spiega le ragioni per cui ha deciso di interrompere ogni forma di relazione istituzionale con il governo di Israele, seguendo l’esempio della Regione Puglia governata da Michele Emiliano.

“Con questa scelta – afferma de Pascale – interrompiamo tutte quelle relazioni che non sono finalizzate al cessate il fuoco a Gaza. Noi siamo pronti a incontrare in qualunque momento esponenti del governo israeliano ma con un solo punto all’ordine del giorno: il cessate il fuoco”.
“Interrompete anche le relazioni commerciali?”, chiede Francesco Borgonovo, conduttore della trasmissione e vicedirettore de La Verità.
“Noi ci muoviamo nel solco della Costituzione – spiega l’ex sindaco di Ravenna – La Costituzione attribuisce alle Regioni funzioni di relazioni internazionali purché non siano in contrasto con la politica estera nazionale. Ad esempio, oggi non potremmo aprire rapporti istituzionali con la Russia, visto che l’Italia e l’Ue hanno scelto la strada delle sanzioni. Tuttavia, nessuno ci può obbligare ad aprire relazioni istituzionali con un altro paese. In ogni caso, le questioni legate al diritto commerciale e alle procedure d’appalto non rientrano nelle competenze delle Regioni“.

De Pascale accusa poi il governo italiano e l’Unione Europea di incoerenza tra l’approccio usato con la Russia e quello riservato a Israele: “L’Italia e l’Ue hanno fatto scelte che, colpevolmente, non sono servite a spingere Netanyahu verso un cessate il fuoco. Se non si riconosce la sproporzione tra quanto fatto con Putin e quanto si sta facendo con Netanyahu, allora si nega la realtà. Ed è una sproporzione inaccettabile”.

Il presidente emiliano replica anche a Daniele Nahum, consigliere comunale milanese vicino a Emanuele Fiano, passato dal Pd ad Azione in polemica con chi nel vecchio partito usava il termine ‘genocidio’ per definire le azioni israeliane a Gaza.
Nahum, ospite della stessa trasmissione pochi minuti prima, aveva commentato: “Bisognerebbe chiedere a De Pascale perché non interrompe i rapporti con l’Iran, con Cuba, con la Cina. Di cosa stiamo parlando? Qui si sospendono rapporti commerciali con un Paese democratico, impegnato in una guerra condotta con modalità certamente discutibili e da fermare, ma c’è ormai questa vulgata che storicamente vede Israele come il cattivo, dimenticando come questa guerra è iniziata”.

Secca la risposta del presidente regionale: “Netanyahu è accusato di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. E il fatto che ciò accada in un Paese democratico rende la cosa ancora più grave: non possiamo voltarci dall’altra parte. È un fatto di grande gravità che non possiamo valutare con due pesi e due misure. Peraltro qui l’obiettivo è il cessate il fuoco, non è come risolvere il conflitto israelo-palestinese. Mi fanno paura le persone che hanno certezze granitiche su come risolvere il conflitto israelo-palestinese. Qui tutti hanno una soluzione da bar su una questione così complessa”.

Poi lancia un appello alla politica italiana: “Ma si può dire che Meloni e Schlein, cioè la leader del governo e la leader dell’opposizione, debbano prendere una posizione comune per arrivare al cessate il fuoco fino al ripristino del diritto internazionale, come io stesso ho scritto nella mia lettera? Ma cosa fa l’Italia? Cosa fanno i paesi europei? Io ho letto 3 volte la Costituzione – sottolinea – non c’è scritto da nessuna parte che la natura democratica o meno di un paese e l’esistenza di relazioni diplomatiche debbano condizionare il nostro giudizio su una violazione dei diritti umani. Questo principio non esiste. E se si vuole essere credibili, bisogna dire le cose come stanno. Tutti ripetono lo slogan dei due popoli e due Stati, ma a forza di ripeterlo senza agire, è solo un modo per lavarsi la coscienza“.

De Pascale ricorda anche il suo impegno politico giovanile, tracciando un parallelismo con la reazione americana dopo l’11 settembre: “Quando ero al liceo e iniziai a fare politica, scesi in piazza per le vittime della strage delle Torri Gemelle. E poi ritornai in piazza per protestare contro la reazione degli Usa in seguito ai fatti dell’11 settembre, convinto che quella ritorsione americana avrebbe scatenato una spirale d’odio che avremmo pagato per decenni. Ma rispetto a quanto fatto dagli Usa, la reazione di Israele è mille volte più fuori dai confini del diritto internazionale“.

E conclude: “Quindi, se io vado in piazza contro gli Usa per la sua reazione all’11 settembre, oggi dovrei stare zitto per paura di essere accusato di antisemitismo? Ma io non ho nessuna paura di queste accuse, perché non c’entro nulla con l’antisemitismo. E se anche avessi quel retropensiero, mi dovrei solo vergognare. Se pensassi che la mia scelta e le mie posizioni politiche – chiosa – non possano essere espresse liberamente per timori di attacchi di questo tipo nei miei confronti, dovrei vergognarmi di essere qui oggi. Non possiamo ridurre il dibattito a questo livello. L’antisemitismo è una piaga che va combattuta sempre, però io sono un uomo libero e se ritengo che Netanyahu stia violando i diritti umani, ho il diritto e forse anche il dovere di dirlo“.

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