Gaza, così si sopravvive alla fame: “Avere mezza pagnotta è una fortuna. A volte beviamo solo acqua e sale”
- Postato il 26 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da settimane ormai nella giornata di Amal e della sua famiglia c’è un unico pasto e ieri quella mezza pita di pane inzuppata in un piatto di latta l’ha fatta sentire fortunata. “Per tre giorni interi abbiamo vissuto solo di acqua e sale. Così ora ci rallegriamo per questa mezza pagnotta di pane”. Amal Raid ha 19 anni, vive nella Striscia di Gaza e prima del 7 ottobre studiava per il Tawjihi, l’esame che molti ragazzi palestinesi considerano cruciale perché segna il passaggio dalle superiori all’università. Lei, racconta, aveva scelto di seguire la strada per diventare medico. Oggi si trova nel campo di Al-Shati, nel nord della Striscia, e la sua storia è quella delle migliaia di palestinesi che stanno affrontando la fame e la sete nelle loro tende, cercando di fare i conti con il corpo che si fa sempre più debole. Procurarsi il cibo per restare in piedi è diventata la principale preoccupazione di ognuno di loro da quando aprono gli occhi a quando vanno a dormire.
Da inizio marzo, Israele ha imposto il blocco all’ingresso degli aiuti internazionali, allentandolo solo parzialmente a maggio. Ha poi affidato la distribuzione all’israelo-americana Gaza Humanitarian Foundation. In questo modo i 400 centri dell’Onu dislocati su tutta la Striscia sono stati sostituiti dai 4 punti della Ghf, quasi tutti a sud, dove solo chi è più fortunato e più forte riesce a farsi spazio nella calca di persone disperate e accaparrarsi un pacco. Dal 27 maggio, il giorno in cui sono stati attivati i centri della Ghf, secondo l’Onu sono state uccise oltre 1000 persone che cercavano di portare a casa qualcosa da mangiare.



In questo contesto, le scorte si sono ridotte fino a esaurirsi. È accaduto anche sulla tavola della famiglia di Amal. “Di solito mangiavamo una piccola porzione di lenticchie, riso o cibo in scatola, a seconda di quello che riuscivamo a trovare o a permetterci” racconta. “Si sopravviveva con un pasto al giorno, che non conteneva né verdure, né carne, né pollo. La maggior parte dei prodotti è diventata estremamente costosa, spesso impossibile da acquistare”. Poi la situazione si è aggravata. “Le cose sono peggiorate drasticamente a partire da venerdì 18 luglio. Quel giorno il cibo è completamente scomparso dai mercati. Non è rimasto nulla, nemmeno lenticchie o riso. Per tre giorni interi, abbiamo vissuto solo di acqua e sale. Noi, la mia famiglia e l’intera popolazione di Gaza, abbiamo affrontato il mondo a stomaco vuoto”.
Alla terza notte di digiuno alcuni camion hanno attraversato il valico di Zikim, a nord della Striscia, e la farina è ricomparsa sul mercato nero. “Siamo riusciti a prenderne 5 chili. Abbiamo deciso di usarne solo mezzo chilo al giorno per evitare di rimanere senza. Riuscite a immaginare? Una famiglia di sette persone che mangia solo mezzo chilo di farina al giorno”. La carenza di cibo e l’altissimo rischio che si corre per procurarselo ha fatto schizzare i prezzi degli alimenti di base: una spesa quotidiana costa almeno 10 volte tanto rispetto al passato. Per un chilo di farina ci vogliono 25 euro, per uno di pollo 100 euro. Senza considerare che manca il gas per cucinare. “Alcuni alimenti come ceci, lenticchie e riso sono riapparsi nei mercati, ma i loro prezzi sono assolutamente inaccessibili. La maggior parte delle persone non può comprarli”.
E mentre il governo di Tel Aviv nega la carestia, tutte le organizzazioni umanitarie impegnate sul campo denunciano una “situazione catastrofica”, con conseguenze visibili a occhio nudo soprattutto sui bambini. Lo staff di Medici Senza Frontiere ha raccontato che un quarto dei bambini e delle donne incinte passati dalle loro cliniche sono malnutriti. A Gaza City, riferisce l’ong, il numero delle persone che soffrono per la mancanza di cibo è quadruplicato dal 18 maggio. Amal racconta che anche sua sorella minore piange per la fame, chiede di mangiare. “Ha 7 anni e soffre di grave malnutrizione. Ci si spezza il cuore vederla così e ci sentiamo impotenti, incapaci di fare nulla per alleviare il suo dolore“.
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