Gattuso ha ragione: contestare l’Italia è una vergogna

  • Postato il 14 novembre 2025
  • Di Panorama
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Che senso ha fare oltre duemila chilometri in aereo, treno o auto per andare a contestare la nazionale? Un manipolo di giocatori guidati da un ct alla partita numero 5 della sua esperienza sulla panchina azzurra, già certi di dover passare dai playoff per non mancare l’appuntamento mondiale, obbligati a un match di scarsissimo livello tecnico e con nessun impatto sulla classifica del gruppo. Insomma, una sorta di amichevole nemmeno di lusso con l’unico obbligo di sfangarla per questioni di ranking Fifa buone, si spera, nel momento del sorteggio per la fase finale del Mondiale.

E’ successo nella notte di Chisinau in cui l’Italia di Gattuso ha superato a fatica la Moldavia sistemando giusto le statistiche, visto che la prestazione è stata tutt’altro che indimenticabile. A metà partita il settore dove erano assiepati circa 500 tifosi azzurri dei gruppi che abitualmente seguono la nazionale ha iniziato a contestare. Il solito corredo di cori: “Vergogna” e “Andate a lavorare”. E fischi. Copiosi e continui e che non si sono fermati nemmeno dopo i gol di Mancini ed Esposito che hanno evitato la figuraccia di un pareggio contro la numero 156 del ranking Fifa.

Alla fine Rino Gattuso si è arrabbiato e non l’ha nascosto: “Ho sentito quello che hanno detto i tifosi, è una vergogna che ci dicano andate a lavorare. Una vergogna: non lo accetto ma noi andiamo avanti. Io ho visto un’Italia che ha giocato, loro non hanno mai tirato in porta. Io sono molto soddisfatto, se siete rimasti all’11-1 della Norvegia è un problema vostro”. Duro. Diretto. E pienamente dalla parte della ragione perché il tappeto sonoro che ha accompagnato larga parte della partita è stato sgradevole anche per chi il match lo ha seguito dall’Italia davanti alla televisione.

Un rapporto non semplice quello della nazionale con il gruppo di supporter che segue la squadra nelle trasferte in giro per l’Europa. Già in passato la tifoseria si è segnalata per comportamenti che hanno creato polemiche e imbarazzo come il saluto romano ad Haifa in occasione di una sfida con Israele nel 2016 o striscioni per contestare la presenza in azzurro di oriundi o giocatori non considerati (da loro) pienamente italiani come Balotelli.

In settembre si erano distinti per aver voltato le spalle al campo durante l’esecuzione dell’inno israeliano, gesto già compiuto a Budapest qualche mese prima. Ora i fischi e la contestazione alla squadra di Gattuso che sta semplicemente provando a costruirsi un progetto che ci porti al Mondiale dopo lo choc dell’esonero di Spalletti. A Chisinau non ha offerto uno spettacolo all’altezza, ma quelli fuori hanno fatto anche peggio. Il sospetto è che abbiano cercato un modo di prendersi la scena.

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Panorama

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