Garlasco, riprende l’incidente probatorio: è guerra aperta tra accusa e difesa
- Postato il 4 luglio 2025
- Di Panorama
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A quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il mistero di Garlasco continua a sfuggire alla verità. L’incidente probatorio, rilanciato come possibile svolta investigativa, si sta invece trasformando in un labirinto tecnico-giudiziario: nuove analisi, vecchie tracce, contraddizioni, consulenze in conflitto. E intanto, l’unica certezza è che la nebbia attorno a quella mattina del 13 agosto 2007 si infittisce.
Riprendono il 4 luglio, con una nuova tornata di esami di routine, le operazioni dell’incidente probatorio nel caso del delitto di Garlasco. Ma quella che doveva essere una fase decisiva per chiarire alcuni punti oscuri dell’inchiesta si sta trasformando in una sfida estenuante tra consulenti tecnici. Sessione dopo sessione, le nuove prove sembrano perdere forza e coerenza. E a sorprendere è anche l’atteggiamento della Procura di Pavia, che appare sempre più cauta.
Un segnale in questo senso è arrivato dal mancato inserimento, da parte della Procura, della cosiddetta “impronta 33” nel perimetro dell’incidente probatorio. A richiederlo erano stati i legali della famiglia Poggi, che hanno commissionato una consulenza sulla traccia definita a suo tempo “la nuova prova regina” contro Andrea Sempio. Secondo questa nuova perizia, però, il frammento biologico non sarebbe attribuibile a Sempio, né riconducibile all’azione omicidiaria. Una prospettiva che, se confermata in sede di contraddittorio, costituirebbe un colpo durissimo per l’accusa. Eppure, la Procura ha rigettato la richiesta di approfondire quella pista: un diniego motivato da ragioni tecniche, ma che solleva più di una perplessità.
E allora ecco che si procederà con l’analisi dei tamponi vaginali, anche se non si prevedono svolte: la dinamica del delitto di Chiara Poggi non fa pensare a un’aggressione a sfondo sessuale, e dunque è improbabile che emergano elementi nuovi da questi accertamenti.
Più attesa, invece, per le analisi sul materiale biologico rinvenuto sotto le unghie della vittima. È davvero il DNA di Andrea Sempio? Anche qui si preannuncia uno scontro tra periti, con interpretazioni divergenti. Già oggi gli esperti potrebbero comunicare ai consulenti delle parti le modalità e i tempi con cui intendono procedere alla lettura e allo studio dei dati relativi al DNA, che secondo i PM – sulla base di una consulenza – apparterrebbe a Sempio.
Tuttavia, c’è da superare un primo ostacolo: la qualità del campione. Nel processo d’appello bis contro Alberto Stasi, il perito della Corte d’Assise d’Appello di Milano, Francesco De Stefano, aveva concluso che il materiale era troppo degradato e quantitativamente insufficiente per un confronto attendibile, pur rilevando la compatibilità con cinque marcatori genetici. “È necessario che la corrispondenza sia di tutti e 17 i marcatori” per una vera attribuzione, aveva precisato. Un parere condiviso all’epoca anche dalla difesa dello stesso Stasi.
La Procura, però, si affida oggi a una nuova consulenza firmata da Carlo Previderè – il genetista che isolò il profilo di Ignoto 1 nel caso Yara Gambirasio – e da Pierangela Grignani, secondo cui le tracce sarebbero invece leggibili e comparabili. Un’ipotesi già sostenuta, a suo tempo, anche dalla difesa di Stasi.
Nel calendario dell’incidente probatorio sono previsti nuovi campionamenti per analisi genetiche su ulteriori reperti: campioni autoptici della vittima, tracce di sangue e un frammento del tappetino del bagno. Saranno inoltre analizzati un frammento di pelo o capello rinvenuto nella spazzatura.
Nessun nuovo esame, invece, verrà eseguito su un cucchiaino già analizzato all’epoca, e sul quale era stato rilevato esclusivamente il DNA di Chiara. Allo stesso modo, non verranno più condotte nuove analisi sulla “traccia 10” – l’impronta sulla porta d’ingresso – già sottoposta a un test che aveva escluso la presenza di sangue. Secondo quanto emerso dai controlli condotti dai consulenti delle parti, sulla traccia 10 (così come sulle altre circa 60 impronte repertate nella villetta di via Pascoli) non è stato trovato DNA in quantità sufficiente per poter estrarre un profilo utile.
Quella stessa traccia, secondo la nuova ricostruzione della Procura e del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Milano, sarebbe stata lasciata dal killer mentre usciva dall’abitazione con le mani sporche di sangue. Ma questa ipotesi è già stata parzialmente smentita dalla mancanza di sangue riscontrata nella prima analisi. E nonostante la difesa di Stasi abbia richiesto la ripetizione del test Obti, la quantità minima di DNA ottenuta dai fogli di acetato sembra rendere improbabile l’identificazione di un profilo genetico, tanto più se si volesse sostenere la tesi di più assassini sulla scena del crimine.
Cresce così la sensazione di smarrimento attorno a un incidente probatorio che, invece di chiarire, sembra complicare ulteriormente la vicenda. Un esempio? La pattumiera, mai analizzata nella prima fase dell’inchiesta, e considerata dagli investigatori come relativa al giorno del delitto, sembrava contenere elementi decisivi. Ma ora si scopre che sulla cannuccia dell’Estathé c’è il DNA di Stasi. Significa che era presente quella mattina? Oppure i rifiuti sono stati spostati, o non appartengono al giorno dell’omicidio? La collocazione temporale dei reperti torna a essere incerta.
Anche l’insieme delle impronte contenute nei fogli di acetato, che avrebbe dovuto fornire nuove chiavi interpretative, non ha portato a nulla: i dati sono insufficienti, i profili genetici inestraibili. E la traccia 10, a lungo considerata un indizio potenzialmente decisivo, si rivela irrilevante.
L’incidente probatorio proseguirà fino ad ottobre, ma le aspettative iniziali si stanno ridimensionando. Ora le speranze si concentrano tutte sul DNA sotto le unghie di Chiara Poggi, anche se anche questa pista appare fragile e difficilmente risolutiva.