Garlasco, parla la famiglia Poggi: l’alibi di Marco, i silenzi di Stasi, il risarcimento

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Di Panorama
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Si tiene oggi – martedì 1 luglio -, in Cassazione, l’udienza che potrebbe ribaltare la decisione con cui l’11 aprile scorso il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso la semilibertà ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.

A chiedere l’annullamento del provvedimento è stata la Procura generale di Milano, secondo cui l’ordinanza presenterebbe «vizi di legittimità», non solo in relazione all’intervista rilasciata da Stasi alla trasmissione Le Iene, ma anche su altri aspetti.

Il ricorso

L’udienza, definita “cartolare”, si svolge senza la presenza delle parti. I giudici della Suprema Corte potranno scegliere tra due strade: respingere il ricorso, confermando quindi la semilibertà di Stasi, oppure annullare la decisione e rinviare il caso al Tribunale di Sorveglianza per una nuova valutazione, seguendo le indicazioni che la Cassazione stessa fornirà.

Tra i punti critici sollevati dalla sostituta procuratrice generale Valeria Marino, figura anche l’intervista televisiva andata in onda il 30 marzo. Stasi, in quel caso, avrebbe parlato con i giornalisti durante un permesso premio per motivi familiari, ma senza una specifica autorizzazione. Secondo la Procura, quel permesso non avrebbe potuto includere attività mediatiche, poiché destinato esclusivamente a finalità familiari, culturali o lavorative.

I genitori di Chiara Poggi: «Calunniato nostro figlio. Nessuno ha mai chiesto scusa»

Nel frattempo, Giuseppe Poggi e Rita Preda, genitori di Chiara, sono tornati a parlare pubblicamente in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano. Oltre al dolore mai sanato per la perdita della figlia, ora affrontano anche l’ennesimo fardello mediatico: i sospetti infondati sul figlio Marco Poggi, accusato da alcune ricostruzioni mediatiche di essere coinvolto nel delitto.

«Sono arrivati ad accusare nostro figlio di aver ucciso la sorella», ha dichiarato Giuseppe Poggi. «Ma Alberto Stasi non ci ha mai detto “io non l’ho uccisa”», ha aggiunto, riferendosi all’ex fidanzato di Chiara.

L’alibi di Marco Poggi e la lettera dal rifugio

Per smentire le illazioni sull’assenza di un alibi per Marco Poggi, i genitori hanno reso pubbliche fotografie scattate in Trentino il giorno dell’omicidio e una lettera datata 31 agosto 2007 firmata da Arthur Mutschlechner, proprietario del rifugio Fodara Vedla, sulle Dolomiti. Nel documento l’albergatore ricorda «gli occhi di un marito e un figlio in pena per la salute della mamma e moglie, non ancora consapevoli della dolorosa notizia che sarebbe stata comunicata loro poco dopo».

«Quella lettera dimostra che io e Marco eravamo in montagna insieme ad amici», ha confermato Giuseppe Poggi, che ha raccontato anche quei momenti concitati: «Siamo saliti alla Croda del Becco e siamo scesi oltre il rifugio Biella, dove i telefoni non prendevano. Nel frattempo mia moglie veniva avvertita della morte di Chiara e cercava di contattarci».

«Il soccorso alpino ci ha recuperati, ho chiamato subito Rita e mi ha detto che Chiara era morta. “È caduta in casa lungo la scala”, ci dissero», ha ricordato ancora Giuseppe.

L’avvocato di Stasi: «Sulla scena c’erano due persone»

In parallelo, l’indagine sull’omicidio non è chiusa. Venerdì 4 luglio è prevista la ripresa dell’incidente probatorio: al centro, le etichette para-adesive e un’impronta trovata su un telefono nel 2007 e mai analizzata.

Nel frattempo, l’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, è intervenuto nel programma Filo Rosso su Rai 3. Ha ribadito la linea difensiva del suo assistito, affermando: «Rispetto la sentenza, rispetto ogni pensiero della famiglia di Chiara e ho sempre detto che la mamma, il papà e il fratello possono dire quello che ritengono e io non mi permetterò mai di commentare».

Pur precisando di non voler esprimere opinioni personali, ha dichiarato: «Ritengo che sulla scena fosse presente più di una persona, con ruoli diversi, però le mie idee, che ovviamente ho, me le tengo strette».

Quanto all’analisi dei rifiuti eseguita di recente, De Rensis ha sottolineato: «Lei avrà sentito qualcuno tra gli opinionisti, per fortuna pochi, dire a gran voce che non sarebbe emerso nulla. Bene, noi abbiamo scoperto che dopo 18 anni ci possono essere tracce di Dna».

Ha inoltre ribadito che la difesa di Stasi non si è mai opposta all’indagine, a differenza di Andrea Sempio: «L’indagato si è opposto a tutto, non ha dato volontariamente il Dna, non voleva che iniziasse l’incidente probatorio. Allora io dico che quel poco di Dna che sembrerebbe emergere dalla spazzatura ci deve dare fiducia».

Il comportamento di Stasi

Secondo Giuseppe Poggi, il comportamento dell’ex fidanzato di Chiara è stato ambiguo fin dall’inizio: «Fino al suo arresto andavamo insieme al cimitero. Mi aspettavo sempre che dicesse: “Mi stanno indagando, ma non ho ucciso Chiara”. Invece non lo diceva mai. Era strano».

E rincara la dose: «Oggi si parla di Sempio per tre telefonate di pochi secondi, ma Stasi fece chiamate per ore mentre Chiara non rispondeva, senza andare a vedere. E della bicicletta nera? Di questo l’avvocato De Rensis non vuole parlare in tv».

Ancora più dura la critica al clima mediatico: «A me gli innocentisti vanno bene, ma c’è modo e modo di sostenere l’innocenza di Stasi. Se per scagionare lui si screditano altre persone e si rovinano delle vite, cosa si sta facendo? Assolvi uno e ne condanni altri cinque. Ora parlano di cinque killer, ho perso il conto».

Il risarcimento

A chi sospetta che la famiglia Poggi tema la revisione della condanna per motivi economici, Giuseppe replica: «Non abbiamo chiesto tutto il risarcimento, solo una parte. Non volevamo rovinare i signori Stasi. Abbiamo ricevuto circa la metà, con cui abbiamo pagato legali e spese. Il resto è rateizzato, e probabilmente non lo vedremo mai. Se dovremo restituire tutto, lo faremo».

Infine, un appello: «Vorremmo un po’ di silenzio. Da marzo siamo stati catapultati in una situazione perfino peggiore di 18 anni fa. Spero che finisca presto, abbiamo diritto a vivere tranquilli».

Autore
Panorama

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