Garlasco, lo scontrino con cui Sempio si salvò nel 2016: caso riaperto, cosa spunta dal passato

  • Postato il 11 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Garlasco, lo scontrino con cui Sempio si salvò nel 2016: caso riaperto, cosa spunta dal passato

Il caso Garlasco, ovvero il delitto di Chiara Poggi, un giallo senza fine, ha inizio il 13 agosto del 2007, quando la 26enne viene trovata senza vita nella casa di famiglia mentre i genitori sono in vacanza. A lanciare l'allarme il fidanzato Alberto Stasi. Quest'ultimo, che negli anni è stato ribattezzato dalla stampa "il biondino dagli occhi di ghiaccio", all'epoca aveva 24 anni e studiava alla Bocconi di Milano. Su di lui si sono concentrate fin da subito le attenzioni di giornalisti e investigatori. A insospettire tutti il fatto che sarebbe stata proprio Chiara ad aprire la porta di casa al killer. Per questo si pensava fosse una persona che lei conosceva bene.

Lui si è sempre difeso dicendo che quella mattina fosse a casa a lavorare alla tesi di laurea. Chiama Chiara più volte, ma senza avere risposta. Così alle 13.45 va a casa sua per vedere se è tutto a posto. Lì, non ricevendo risposta al citofono, scavalca la recinzione, entra dalla porta lasciata aperta e vede il corpo della fidanzata. Nel settembre 2007 Stasi viene arrestato su ordine della procura di Vigevano. A inchiodarlo gli esami sul suo pc che indicano una finestra temporale in cui non stava lavorando alla tesi. Quattro giorni dopo, però, viene scarcerato per insufficienza di prove. Nonostante questo, i pm chiedono e ottengono il rinvio a giudizio per omicidio. E Stasi sceglie il rito abbreviato.

Nel dicembre 2009, Stasi viene assolto per via di alcune incongruenze sull'orario della morte e soprattutto perché davvero, nell'ora del delitto, stava lavorando alla tesi. A quel punto si va in appello e il caso viene trasferito a Milano: da quel processo emerge un buco di 23 minuti durante i quali quella mattina il ragazzo non avrebbe lavorato al pc. In quel lasso di tempo Chiara potrebbe essere stata uccisa. Nonostante questo, nel 2011 Stasi viene di nuovo assolto per non aver commesso il fatto. E la Procura ricorre in Cassazione, che si pronuncia nel 2013 annullando la sentenza e rinviando a un nuovo giudizio d'appello a Milano. Dopo questa decisione, vengono ordinati nuovi esami biologici sui campioni di Dna trovati intorno alle unghie di Chiara e su un capello che la ragazza stringeva in mano.

Nel processo d'appello bis, nel 2014, Stasi viene condannato a 24 anni di reclusione, poi ridotti a 16 nell'ambito del rito abbreviato, con l'accusa di omicidio volontario senza le aggravanti della crudeltà e della premeditazione. Secondo gli esami del Dna, non è possibile stabilire con certezza a chi appartenga il profilo. Allo stesso tempo non si può escludere che non sia di Stasi. A convincere i giudici della colpevolezza del ragazzo anche il fatto che lui, dopo la scoperta del corpo, aveva le scarpe pulite. In realtà, però, non avrebbe potuto non macchiarsele. Secondo l'accusa, quindi, avrebbe avuto il tempo di ripulire la scena e di cambiarsi. Dietro il delitto, invece, ci sarebbe stato "un momento di rabbia". I suoi legali ricorrono in Cassazione, che nel 2015 conferma la sentenza di appello bis

Nel 2016 i legali di Stasi provano a riaprire il caso, facendo leva sul fatto che il Dna trovato sulle unghie di Chiara non avrebbe nulla a che fare con il ragazzo, ma tirerebbe in ballo un amico di Marco Poggi, fratello della vittima, Andrea Sempio. Il Dna di quest'ultimo è stato prelevato di nascosto e confrontato con il campione e il match sarebbe risultato positivo. All'epoca dei fatti, però, Sempio aveva fornito un alibi: lo scontrino di un parcheggio a Vigevano. Inoltre, ci sarebbero state delle telefonate a casa Poggi da parte di Sempio nonostante in quei giorni l'amico Marco fosse in montagna. Alla fine, però, non viene disposto alcun esame "alternativo" sul Dna e il caso si chiude. Oggi una nuova svolta: riaperte le indagini su Sempio.

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Libero Quotidiano

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