Garlasco, le gemelle Cappa entrano anche nella nuova indagine della Guardia di Finanza

  • Postato il 10 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Non è solo una scia di nomi illustri a comparire nei faldoni di Brescia: accanto a giudici e procuratori, spuntano anche le gemelle Cappa. Paola e Stefania, cugine di Chiara Poggi, entrano di colpo nello scenario investigativo che sta smontando pezzo dopo pezzo quello che ormai viene definito «sistema Pavia». Un intreccio che ha al centro l’ex procuratore aggiunto Mario Venditti e che si riallaccia, inevitabilmente, al delitto di Garlasco.

L’annotazione e i nomi spariti

Il dettaglio emerge da un’annotazione datata 30 luglio, con cui la Guardia di finanza di Brescia chiede di poter compiere «mirati accertamenti bancari» non solo sui conti di Fabio Lambertucci – il gip che nel 2017 archiviò la posizione di Andrea Sempio – ma anche su quelli delle gemelle Cappa e dei loro familiari. Poi, il vuoto: nelle note successive, i loro nomi scompaiono. Restano le verifiche su altri soggetti, ma non sulle cugine della vittima.

Le gemelle Cappa, un nome che pesa

Non sono magistrati, non sono indagati eccellenti. Eppure i loro nomi compaiono accanto a quelli che hanno scritto la storia – e l’ombra – del caso Garlasco. Paola e Stefania Cappa, le gemelle, cugine di Chiara Poggi, finiscono infatti nel registro delle attenzioni della Guardia di finanza. Non come protagoniste di manovre oscure, ma come possibili pedine di un contesto più grande, un universo di relazioni e rapporti che ancora oggi resta opaco. Il loro coinvolgimento è stato solo sfiorato: un’annotazione che chiede «mirati accertamenti» sui conti e che, nelle carte successive, scompare come se non fosse mai esistita. Una presenza-assenza che solleva più domande che risposte: perché erano finite sotto la lente? E perché i loro nomi si sono dissolti nel nulla? Nell’inchiesta bresciana, anche ciò che non resta scritto può diventare un segnale.

Il giudice che archiviò

Lambertucci, oggi al dibattimento penale di Pavia, è la figura chiave del 23 marzo 2017: su richiesta di Venditti, della sostituta Giulia Pezzino e del procuratore Giorgio Riposo, chiuse il primo fascicolo contro Sempio, amico storico di Chiara. Un atto oggi rimesso in discussione dall’inchiesta bresciana, che scava su appunti ritrovati nell’agenda dei genitori di Sempio. Tra le righe, quella scritta che pesa come un macigno: «Venditti Gip archivia x 20.30 €».

La «blindatura» dell’indagine

Per gli inquirenti bresciani, quelle righe annotate nell’agenda non sarebbero semplici appunti domestici, ma la prova di un meccanismo studiato a tavolino. La frase «Venditti Gip archivia x 20.30 €» assume il valore di una chiave d’accesso: come se qualcuno avesse voluto garantire, nero su bianco, che Andrea Sempio non potesse mai più essere toccato da un’accusa legata al Dna. Una sorta di blindatura processuale, un sigillo che avrebbe messo al riparo il giovane da future indagini. Non un dettaglio marginale, ma il cuore della nuova inchiesta: l’ipotesi che la giustizia, in quel passaggio, sia stata piegata e resa impermeabile a qualsiasi ritorno di fiamma investigativo.

Intercettazioni e soldi in contanti

Il quadro si fa ancora più cupo quando riemergono le intercettazioni del febbraio 2017. Nelle registrazioni, la voce di Giuseppe Sempio scandisce la preoccupazione: «Adesso bisogna che troviamo la formula di pagare quei signori lì». Non un accenno vago, ma un riferimento che, per gli investigatori, suona come l’ammissione di un passaggio di denaro. La moglie chiede: «Chi?». Lui replica: «Eh portare i soldi all’avvocato visto che escono…». E Andrea, il figlio, aggiunge: «Vado a prenderli io vediamo». A completare il quadro, i movimenti bancari: oltre 40 mila euro in contanti prelevati e spostati proprio in quei mesi. La famiglia ha sempre sostenuto che si trattasse di parcelle legali, ma per gli inquirenti la coincidenza tra i dialoghi e i flussi di denaro resta un nodo irrisolto. È lì, tra quelle parole intercettate e quei numeri registrati sui conti, che si gioca il cuore della presunta corruzione giudiziaria.

L’inchiesta bresciana ricompone così un mosaico che da anni non smette di generare scosse. Ogni tassello che emerge non chiude, ma spalanca altre porte. E anche i nomi che scompaiono, a volte, dicono molto più di quelli che restano.

Autore
Panorama

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