Garlasco, la nuova pista: “Si ipotizzano due assassini”
- Postato il 12 giugno 2025
- Di Panorama
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Chiara Poggi potrebbe non essere morta per mano di un solo assassino. A 18 anni dal delitto di Garlasco, la Procura di Pavia apre a uno scenario inedito e inquietante: due aggressori, più armi, una scena del crimine completamente da riscrivere. È questa la nuova direzione dell’inchiesta, che oggi chiama in causa anche Andrea Sempio — con l’ipotesi di un omicidio “in concorso con Alberto Stasi o con altri”.
L’ipotesi investigativa prende forma grazie a una rilettura approfondita degli atti dell’indagine del 2007, e soprattutto dell’autopsia redatta dal medico legale Marco Ballardini, depositata il 5 novembre di quell’anno. Un documento che oggi viene considerato sotto una nuova luce.
Secondo quanto riportato dal Messaggero, nel referto vengono segnalate “ferite da taglio e lesioni compatibili con pugni”, elementi che ora conducono gli inquirenti a rivedere completamente la scena del crimine: la mattina del 13 agosto 2007, Chiara si sarebbe trovata di fronte più di un aggressore.
L’arma del delitto mai trovata
L’arma del delitto non è mai stata ritrovata, e già all’epoca Ballardini avanzava l’ipotesi che potessero essere stati utilizzati più oggetti per colpire la vittima. Scriveva infatti: “Ove non si voglia ipotizzare l’impiego di più strumenti, si deve altresì riconoscere che lo strumento in discussione è stato talvolta impiegato in modo non contusivo”. In particolare, si riferiva a lesioni riscontrate sulle palpebre superiori: “una per lato, prevalentemente trasverse, che evocano una superficiale violenza con un mezzo dotato di un filo piuttosto tagliente e/o di una punta acuminata che abbia superficialmente strisciato sul tegumento palpebrale”.
L’analisi delle ferite sul corpo di Chiara non ha mai permesso di individuare con certezza un’unica arma. Il medico legale scrive: “Il corpo contundente reiteratamente impiegato non sembra ascrivibile a uno strumento usuale di facile identificabilità. Esso, peraltro, sembra dotato delle seguenti caratteristiche: stretta superficie battente; linearità dei margini; presenza di punta impiegabile di per sè”. Si segnala inoltre la presenza di ecchimosi nella “regione periorbitale”, compatibili con “azioni violente esercitate mediante l’utilizzo di mezzi contundenti naturali”, ovvero pugni.
L’ipotesi del secondo aggressore
A rafforzare questa nuova visione c’è anche l’ipotesi della presenza di una seconda persona sulla scena del crimine. I sospetti degli inquirenti si concentrano su Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, il fratello della vittima. La Procura lo ha iscritto nel registro degli indagati per omicidio “in concorso con Alberto Stasi o con altri”. Decisiva in questa riapertura è la cosiddetta “impronta 33”, lasciata dal palmo destro di Sempio, non insanguinata: una traccia che, secondo la difesa, è compatibile con la sua frequente presenza nella villetta di via Pascoli.
Nel frattempo, il Ris di Cagliari sta procedendo con una ricostruzione tridimensionale dell’abitazione dei Poggi, allo scopo di rivedere in dettaglio la dinamica del delitto e confrontarla con le precedenti relazioni tecniche, tra cui quella del Ris di Parma del 2007 e la perizia prodotta durante l’Appello bis.
Le tre gocce di sangue davanti al divano e il colpo finale
Tra le anomalie già segnalate nelle precedenti inchieste ci sono le tre piccole gocce di sangue rinvenute davanti al divano. Gli esperti dei carabinieri le avevano definite “di non facile contestualizzazione nello scenario delittuoso sinora complessivamente prospettato”. Isolate rispetto alle altre tracce presenti nel soggiorno, quelle gocce potrebbero indicare una fase iniziale dell’aggressione, forse “la conseguenza di un pugno sferrato al naso della vittima, che poi scappa verso le altre aree dell’appartamento”.
Altre tracce fondamentali sono quelle riscontrate tra il terzo e il quarto gradino della scala che porta alla cantina, dove il corpo di Chiara fu infine rinvenuto. Secondo il Ris, “considerate le proporzioni complessive” delle macchie di sangue, “non si esclude che la vittima abbia ricevuto un ulteriore e definitivo colpo alla testa”. Una traccia ematica isolata sulla parete di quel punto sarà oggetto di ulteriori analisi per verificare se conferma questa ipotesi: che l’assassino — o uno dei due — abbia inseguito Chiara fino in taverna per infliggerle il colpo di grazia.
Da questi nuovi elementi emerge una ricostruzione radicalmente diversa rispetto a quella che portò alla condanna di Alberto Stasi. L’ex fidanzato di Chiara, che sta finendo di scontare una pena di 16 anni di carcere, si è sempre professato innocente. Ora la giustizia riapre il fascicolo con uno sguardo nuovo. E forse, con nuove risposte.