Garlasco, ipotesi dirompente su Andrea Sempio: chiesta l’applicazione delle norme antiterrorismo
- Postato il 2 novembre 2025
- Di Panorama
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Una richiesta senza precedenti scuote l’inchiesta sul delitto di Garlasco. Il Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano ha chiesto alla Procura di Brescia di applicare le norme antiterrorismo per ottenere i tabulati telefonici e telematici di sei anni, e non i due previsti dalle indagini ordinarie. L’obiettivo: ricostruire una possibile rete di corruzione sistemica tra ufficiali, investigatori e magistrati che, nel 2017, avrebbe favorito l’archiviazione di Andrea Sempio, oggi di nuovo indagato per l’omicidio di Chiara Poggi.
Una mossa giudicata “dirompente” dagli stessi ambienti giudiziari, che punta dritta al cuore di quello che gli inquirenti definiscono ormai “Sistema Pavia”: un intreccio di relazioni opache e presunti favori che, se confermato, travolgerebbe un intero pezzo di giustizia lombarda.
Il nodo dei 30 mila euro e il “pizzino” di casa Sempio
Tutto parte da un documento ritrovato durante una perquisizione: un appunto scritto a mano con la dicitura “Venditti gip archivia × 20-30mila €”. Un indizio che, insieme ai flussi di denaro sospetti segnalati dalla Guardia di Finanza, ha riaperto completamente il fascicolo. Gli investigatori ritengono che quelle somme — tra 20 e 30 mila euro — non fossero destinate ai legali di fiducia, ma a soggetti terzi in grado di “favorire” l’archiviazione del giovane commesso di Voghera.
Secondo le prime ricostruzioni, i pagamenti sarebbero partiti dal padre, Giuseppe Sempio, e indirizzati a figure vicine agli ambienti giudiziari pavesi. Da qui l’ipotesi, esplosiva, di corruzione in atti giudiziari, un reato punito con pene fino a dodici anni di reclusione.
Nel mirino ci sono oggi l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, il pubblico ministero Pietro Paolo Mazza e diversi ufficiali dell’Arma, tra cui Giuseppe Spoto, già protagonista di perquisizioni e sequestri di materiale informatico.
Pinerolo, il centro delle operazioni digitali
Il prossimo passaggio chiave è fissato per lunedì 3 novembre a Pinerolo, nello studio di Matteo Ghigo, esperto di informatica forense. Sarà lui ad avviare l’estrazione e la copia dei dati contenuti nei telefoni e nei computer sequestrati a Venditti e ai Sempio.
Le operazioni dureranno almeno 45 giorni, seguite da altri 60 di analisi approfondita da parte del GICO della Guardia di Finanza, incaricato di tracciare comunicazioni, chat, e movimenti di denaro. Per la prima volta il delitto di Garlasco viene trattato con le stesse procedure di un’indagine di mafia o terrorismo: un salto che conferma la portata eccezionale di ciò che sta emergendo.
I carabinieri: “Serve agire in deroga”
Nel documento depositato a luglio, i carabinieri chiedono formalmente di “agire in deroga alle regole sulla privacy”, applicando la legge italiana del 2017 che consente la conservazione estesa dei dati di traffico telefonico per indagini antiterrorismo. Una richiesta motivata dall’urgenza di non perdere tracce cruciali: “L’arco temporale di 72 mesi è necessario per ricostruire integralmente contatti, comunicazioni e rapporti tra gli indagati”, scrivono i militari.
Tradotto: verificare chi parlò con chi — e quando — durante i momenti chiave delle indagini, dall’archiviazione del 2017 alle successive riaperture del 2020 e del 2024.
Le “anomalie” e il ruolo di Spoto
Nel fascicolo compaiono anche episodi che gli investigatori definiscono “anomali”. Tra questi, una telefonata del febbraio 2017: Giuseppe Spoto, maresciallo della polizia giudiziaria di Pavia, avrebbe parlato con il primo legale di Sempio usando il telefono dell’indagato, che in quel momento era sotto intercettazione. Una conversazione di poco più di tre minuti, giudicata “incongrua” e seguita da un verbale con orari discordanti. Poche ore dopo, una registrazione ambientale a casa Sempio mostra la famiglia discutere proprio delle domande che sarebbero state poste in interrogatorio.
Un dettaglio che oggi pesa: secondo la Procura di Brescia, potrebbe indicare un flusso informativo illecito tra inquirenti e indagati.
Il “sistema Pavia” e il rischio istituzionale
Se le ipotesi troveranno conferma, lo scandalo non resterà confinato alla provincia. Gli investigatori parlano di una crisi di fiducia senza precedenti nella magistratura, con il rischio di un effetto domino su altri procedimenti trattati dalla stessa procura negli anni successivi.
Per la Procura di Brescia, la priorità è salvare la tenuta dello Stato di diritto: verificare se le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi siano state alterate da logiche di potere, interessi privati o da un vero e proprio sistema di “coperture a catena”.
In attesa delle prime risposte dai tabulati e dalle perizie digitali, una cosa appare certa: il caso Garlasco non è più solo un cold case irrisolto, ma una prova generale per la credibilità della giustizia italiana.