Garlasco, il ruolo di Sempio e quegli errori “tecnici” che potrebbero stravolgere il caso di Chiara Poggi

  • Postato il 22 maggio 2025
  • Di Panorama
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Da ormai qualche mese il delitto di Garlasco è tornato prepotentemente alla ribalta. Un delitto che, a distanza di anni, ha sempre lasciato più dubbi che certezze, con nuove testimonianze e nuove prove che negli ultimi mesi sembrerebbero mettere in dubbio il precario impianto probatorio con il quale è stato condannato a 16 anni di carcere Alberto Stasi. Al momento, l’elemento più forte rimane il dna rinvenuto sulle unghie di Chiara Poggi, che sarà comparato con quello di Sempio. Nel frattempo, però sono venuti a galla nuovi elementi.

L’impronta “33” in casa Poggi è di Andrea Sempio

Uno di essi, che ha contribuito a riaprie il dibattito sul caso di Garlasco, è un’impronta palmare, catalogata come “33”, rinvenuta sulle scale che conducono al seminterrato della casa di Chiara Poggi, il luogo dove fu ritrovato il corpo senza vita di Chiara. Secondo una nuova consulenza tecnica disposta dalla Procura di Pavia, questa traccia risulterebbe compatibile con quella di Andrea Sempio, attualmente l’unico indagato nella nuova fase dell’inchiesta.

L’impronta era già stata repertata nel 2007, durante le operazioni tecniche eseguite dal Ris di Parma, ma all’epoca era stata considerata “non utilizzabile” a livello dattiloscopico. Secondo quanto riportato dalla Procura, l’impronta era stata individuata il 21 agosto 2007, otto giorni dopo l’omicidio, quando le superfici delle pareti e del soffitto del primo tratto della scala erano state trattate con una soluzione di ninidrina spray, un reagente utilizzato per evidenziare impronte latenti.

La traccia era stata fotografata il 29 agosto dello stesso anno e, pochi giorni dopo, il 5 settembre, una parte dell’impronta era stata anche asportata dal muro grattando l’intonaco con un bisturi sterile. Tuttavia, quella porzione venne considerata “priva di creste potenzialmente utili per gli accertamenti dattiloscopici”. È solo oggi, grazie a quella che viene descritta come una rivalutazione resa possibile dalle “nuove potenzialità tecniche a disposizione, sia hardware che software”, che l’impronta viene attribuita a Sempio.

La perizia tecnica recente afferma che l’impronta “33” corrisponderebbe a quella di Sempio in 15 punti dattiloscopici (definiti “15 minuzie”), un numero considerato sufficiente per attribuire l’impronta a una persona specifica. 

La difesa di Sempio ha prontamente contestato queste conclusioni, precisando che quella della Procura è solo una consulenza tecnica di parte e non una perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari. I legali inoltre ribadito che Sempio frequentava regolarmente la casa di Chiara Poggi, comprese la taverna e le scale dove è stata trovata l’impronta.

L’alibi di Sempio, il biglietto e i tabulati telefonici

Secondo i pubblici ministeri, l’impronta del palmo di Sempio sul muro acquista particolare rilevanza se messa in relazione con altri elementi emersi nelle indagini. L’accusa contesta l’alibi del 37enne, sostenendo che lo scontrino del parcheggio di Vigevano, conservato per un anno e poi prodotto come prova, potrebbe essere stato preparato in precedenza, forse addirittura dalla madre, senza dimenticare che non vi è segnata la data di rilascio, solitamente presente.

Un altro elemento chiave riguarda alcuni appunti trovati lo scorso marzo dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano tra la spazzatura di Sempio: si trattava di fogli accartocciati contenenti frasi come “ho fatto cose brutte” e “da non immaginare”, che secondo l’accusa potrebbero riferirsi al delitto. La difesa di Sempio, però, nega categoricamente l’esistenza di questi scritti. L’avvocato Angela Taccia, che insieme a Massimo Lovati difende l’amico di Marco Poggi, ha dichiarato: «A me non risultano proprio».

Ora si attendono i risultati delle analisi su diari, quaderni e altri materiali sequestrati la scorsa settimana durante le perquisizioni nella casa di Sempio a Voghera e in quella dei genitori a Garlasco.

Un elemento cruciale nella nuova fase investigativa riguarda i tabulati telefonici di Andrea Sempio, che risultano compatibili con l’alibi fornito dall’indagato (pur restando valida la criticità legata all’assenza della data sullo scontrino del parcheggio).

L’indagato ha avuto diversi contatti telefonici con due amici tra le 9.58 e le 12.18. Le celle telefoniche agganciate in queste chiamate e sms confermano che sia lui che i suoi interlocutori si trovavano a Garlasco in quel lasso di tempo. Gli spostamenti tra Garlasco e Vigevano asseriti da Sempio risultano coerenti con i dati dei tabulati telefonici.

La chiamata delle 9.58, effettuata da Andrea Sempio a Mattia Capra, è stata agganciata alla cella di Garlasco. Se si ipotizzasse che Sempio sia partito subito dopo questa telefonata, avrebbe avuto a disposizione 20 minuti per arrivare al parcheggio, un tempo perfettamente congruo. Anche la chiamata ricevuta alle 11.10 risulta agganciata alla cella di Garlasco, rendendo plausibile l’ipotesi che in quel momento stesse rientrando dopo aver trovato la libreria chiusa (come da lui sostenuto). La ricostruzione fornita dall’indagato trova quindi riscontro nei tabulati telefonici disponibili.

L’intervista della madre di Stasi e i nuovi ruoli degli ex membri dei Ris

Oggi, sulla Stampa, ha parlato Elisabetta Ligabò Stasi, madre di Alberto, che dice di non riuscire a spiegarsi «un errore così grave, davvero, mi sembra incredibile. Questa domanda andrebbe rivolta a chi ha condannato mio figlio. Alberto si è sempre proclamato innocente, e ora finalmente la verità sta emergendo». La madre di Alberto Stasi ribadisce che «neppure per un minuto» ha mai dubitato della sua innocenza.

La signora Stasi, rifiuta persino di sentire il nome di Andrea Sempio: «Quella persona non voglio nemmeno sentirla nominare. Di lui non parlo, punto». Eppure, chi all’epoca ritenne inutilizzabile l’impronta n. 33, l’allora tenente colonnello del Ris di Parma Luciano Garofano, oggi fa parte della difesa di Sempio. La signora Stasi commenta: «Certo che ci ho fatto caso, lo so bene. È sempre la stessa storia. Tutti uniti, da sempre, contro mio figlio Alberto», commenta amareggiata. «È stata un’indagine a senso unico fin dall’inizio. Non so perché sia andata così, ma i fatti parlano chiaro».

Garofano, ora consulente della difesa di Sempio, aveva partecipato in qualità di comandante dei Ris alle indagini scientifiche avvenute dopo l’omicidio nel 2007, «Confermo che in quell’indagine comandavo il Ris ma le analisi biologiche furono fatte in maniera indipendente dai miei collaboratori, non vedo alcun conflitto d’interessi né incompatibilità. È il gioco delle parti, ne prendiamo atto». Garofano ha anche affermato di non essere mai entrato nell’abitazione, un’affermazione smentita dai verbali e da alcune foto che lo ritraggono all’interno di casa Poggi, come riportato dal Corriere.

Garofano, tra l’altro, ha partecipato a numerose indagini finite sotto i riflettori dei media, alcune, come l’omicidio di Garlasco, dai contorni poco chiari, come la strage di Erba e il delitto di Cogne.

Anche per Marzio Capra, altro ex ufficiale del Ris, ora consulente della famiglia di Chiara Poggi, l’impronta palmare attribuita ad Andrea Sempio è «un elemento molto controverso».

In un’intervista al Corriere della Sera, Capra ha inoltre precisato che, per quanto riguarda il dna ungueale, anch’esso associato a Sempio e rinvenuto sulle unghie della vittima, si tratta di «analisi già valutate come non utilizzabili» da parte sua, dell’allora comandante del Ris Giampietro Lago e dell’ex perito Francesco De Stefano. «Come si può pensare che gli stessi dati, rivalutati oggi, valgano come prova? Per me non c’è spazio», ha concluso.

Non la pensa così la procura di Pavia, che ha dato disposizione di esaminare la compatibilità fra il dna ritrovato sotto le unghie di Chiara e quello di Sempio al genetista Emiliano Giardina, uno dei massimi esperti nel settore.

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Panorama

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