Garlasco e la “deroga” al Codice privacy: i carabinieri chiedono di trattare l’inchiesta come se fosse un’indagine per terrorismo
- Postato il 1 novembre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Trattare il delitto di Garlasco come un caso di terrorismo o di criminalità organizzata per ottenere un’estensione straordinaria dei poteri investigativi. È questa la richiesta – come ricostruisce l’agenzia LaPresse – avanzata nel luglio 2025 dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano alla Procura di Brescia, nell’ambito dell’indagine sulla presunta corruzione dell’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, accusato di aver “favorito” Andrea Sempio nel 2017 in cambio di una somma tra i 20 e i 30mila euro. L’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione riguarda ora anche il padre di quest’ultimo, Giuseppe Sempio, che per gli inquirenti avrebbe “orchestrato” la corruzione. Venditti e l’allora pm Giulia Pezzino (non indagata e che sarà ascoltata come testimone, ndr) chiesero l’archiviazione dell’indagato poi accolta dal giudice per le indagini preliminari.
I tabulati e la richiesta in deroga
Gli investigatori dell’Arma chiedono la richiesta di acquisizione dei tabulati telefonici di 16 utenze riconducibili a ex carabinieri della squadra di Venditti: tra loro l’allora responsabile dell’aliquota di polizia giudiziaria Silvio Sapone, il maresciallo Giuseppe Spoto – che nel febbraio 2017 notificò a Sempio l’invito a comparire – e Antonio Scoppetta, coinvolto nell’indagine Clean della procura di Pavia e condannato lo scorso luglio a 4 anni e mezzo dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlschelli (che è gip nell’ambito dell’incidente probatorio sul delitto i Garlasco). I tre carabinieri non sono indagati nell’ambito dell’inchiesta per corruzione di Brescia e il Riesame per due di loro perquisiti ha annullato il decreto di perquisizione.
Nell’annotazione firmata i carabinieri chiedono di applicare la disciplina sulla “conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico” prevista per le indagini in materia di terrorismo e criminalità organizzata, introdotta con la legge italiana del 2017 che ha recepito la direttiva europea sul contrasto al terrorismo. L’obiettivo è operare in deroga all’art. 132 del Codice della privacy (D.Lgs. 196/2003), che normalmente consente la conservazione dei dati per tempi molto più limitati.
Cosa dice la legge
Secondo l’articolo 132 del Codice della privacy, i fornitori di servizi telematici possono conservare i dati di traffico telefonico fino a 24 mesi e quelli di traffico telematico fino a 12 mesi, anche nei casi di reati gravissimi, compresi quelli puniti con l’ergastolo. Decorso questo termine, i dati non possono più essere né acquisiti né utilizzati. La richiesta dei carabinieri mira invece a sfruttare la deroga prevista per le indagini antiterrorismo, che consente un’estensione fino a 72 mesi (sei anni).
In tal modo, gli investigatori potrebbero accedere ai dati telefonici risalenti al luglio 2014, quando Venditti divenne procuratore aggiunto a Pavia, e ricostruire i rapporti con gli ex carabinieri Sapone e Spoto, non indagati ma ritenuti figure utili per comprendere la rete di relazioni intorno al magistrato. Nel fascicolo, gli inquirenti hanno chiesto di risalire fino al luglio 2014, cioè 11 anni prima rispetto alla richiesta del 2025. Tuttavia, anche con la deroga più ampia (6 anni), non sarebbe tecnicamente e giuridicamente possibile ottenere dati anteriori al luglio 2019. Quindi la richiesta coprirebbe solo fino alla metà del 2019, mentre le comunicazioni 2014–2018 sarebbero fuori dai limiti di conservazione, a meno che non siano state salvate per altri motivi legittimi (ad esempio, in copia forense da altri procedimenti o su dispositivi sequestrati). Poi ci sarebbe un tema di utilizzabilità.
Le attività tecniche e i tempi dell’indagine
Intanto la Procura di Brescia ha disposto l’avvio delle operazioni di copia forense dei telefoni sequestrati a Venditti, affidandole all’esperto di informatica forense Matteo Ghigo, che dovrà garantire l’integrità dei dati e riversarli in una “copia-mezzo” da consegnare entro un mese e mezzo agli investigatori del Gico della Guardia di finanza. A partire dalla consegna, gli investigatori avranno altri 60 giorni per analizzare il materiale e cercare eventuali tracce di versamenti o intermediari che avrebbero potuto “influire” sulle indagini condotte da Venditti su Sempio e sulla famiglia. L’obiettivo dichiarato è verificare possibili “canali di monetizzazione del denaro” e collegamenti con funzionari o appartenenti alle forze dell’ordine. Il Tribunale del riesame di Brescia deve ancora pronunciarsi sulla legittimità del sequestro e sull’utilizzabilità dei dati, dopo aver già annullato un primo decreto di sequestro del 26 settembre.
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