Garlasco, Chiara Poggi cercò aiuto: lo schizzo di sangue sul telefono e la verità sul Dna di “ignoto 3”

  • Postato il 14 luglio 2025
  • Di Panorama
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Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, la scena del crimine torna a parlare. E lo fa in modo diverso da quanto stabilito nelle sentenze che hanno condannato in via definitiva Alberto Stasi. Nella nuova indagine coordinata dalla procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, la ricostruzione cambia forma: Chiara non sarebbe stata sorpresa da qualcuno di cui si fidava, ma avrebbe lottato. E avrebbe provato a chiedere aiuto.

A supporto di questa ipotesi c’è un dettaglio fino a oggi sottovalutato: il telefono fisso della villetta di via Pascoli. Su quell’apparecchio, trovato al suo posto su un mobiletto, ci sono diversi schizzi di sangue, compatibili con quelli lasciati dai colpi dell’aggressore. Ma soprattutto c’è una goccia sotto la cornetta, con un’angolazione di 19 gradi, troppo ampia per essere frutto di un semplice passaggio del sangue nella fessura tra cornetta e apparecchio. La nuova ipotesi è chiara: Chiara stava tentando di telefonare per chiedere aiuto, e in quel momento è stata aggredita.

Secondo gli inquirenti, l’assassino potrebbe aver rimesso la cornetta al suo posto, senza accorgersi della goccia di sangue. Un dettaglio che, se confermato, cambia radicalmente la dinamica del delitto. Non più un’aggressione improvvisa, ma un’azione violenta su una vittima cosciente, reattiva, spaventata.

Il Dna sotto le unghie e nella bocca di Chiara

C’è poi un altro elemento che ha spinto gli investigatori a riconsiderare la scena: il Dna trovato sotto le unghie di Chiara, già in passato attribuito ad Andrea Sempio e a un secondo uomo mai identificato. Oggi, grazie a nuove analisi, è emersa un’ulteriore traccia genetica: un “ignoto 3”, rinvenuto nel tampone orale prelevato dalla bocca della vittima.

Si tratta di un profilo completo, con 22 marcatori genetici, che non corrisponde a nessuno dei Dna presenti nei database degli inquirenti. Se si escluderà definitivamente l’ipotesi della contaminazione da parte di tecnici o investigatori, questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta cruciale: Chiara potrebbe aver morso il suo aggressore, nel tentativo estremo di difendersi.

La quantità di materiale genetico ritrovato è “cospicua”, secondo fonti investigative, tanto da ipotizzare un contatto diretto e violento, forse nel momento in cui qualcuno cercava di tapparle la bocca per zittirla. Il tentativo di fuga verso la porta d’ingresso, la possibilità di un morso, l’inutilità del tentativo di usare il telefono: tasselli di una scena che prende forma, finalmente più coerente anche con le tracce di sangue sulle scale, vicino agli ultimi gradini, dove Chiara fu colpita ancora.

Due armi, più aggressori

La nuova dinamica ipotizzata non esclude la possibilità che vi fossero due persone coinvolte, anche se gli inquirenti sottolineano che non è un’ipotesi necessaria. Tuttavia, già all’epoca dei primi accertamenti medico-legali era stato ipotizzato l’uso di due armi diverse: una affilata, l’altra pesante. Elementi rimasti sullo sfondo durante i processi, ma che ora tornano centrali.

Non si parla di teorie fantasiose — come quelle su satanisti o sicari — che da tempo circolano sul web. A guidare la procura sono dati scientifici, genetici, forensi. E la domanda diventa inevitabile: chi è “ignoto 3”?

La nuova pista: chi è Michele Bertani, l’amico suicida di Sempio

Le analisi genetiche effettuate finora hanno escluso il match con tutti i componenti della compagnia “storica” di Andrea Sempio, ovvero gli amici con cui trascorreva i pomeriggi giocando alla Playstation, tra cui Mattia Capra, Alessandro Biasibetti e Roberto Freddi, vicini anche al fratello di Chiara, Marco Poggi. Nessuno di loro è mai stato formalmente indagato, né nel 2007 né oggi. Tuttavia, all’alba del 14 maggio scorso, le abitazioni di Capra e Freddi sono state perquisite alla ricerca di eventuali elementi digitali o documentali utili all’indagine.

I carabinieri stanno ora tentando di mappare un possibile “giro parallelo” di conoscenze di Sempio. Da questo gruppo potrebbe emergere l’identità del misterioso “ignoto 3”.

Un nome, in particolare, è tornato al centro delle attenzioni: Michele Bertani, amico intimo di Sempio, morto suicida nel 2017. Il suo nome era già emerso anni fa nell’ambito delle indagini legate ai “sogni” dell’avvocato Massimo Lovati, difensore di Sempio, e a un presunto collegamento con lo scandalo del Santuario della Bozzola.

Oggi gli inquirenti stanno tentando di ottenere un campione del Dna di Bertani dai suoi familiari. Qualora i reperti prelevati non risultassero sufficienti, non è esclusa una riesumazione della salma. A gettare ulteriore inquietudine su questa figura, una frase riportata da diverse fonti giornalistiche e attribuita proprio a Bertani prima del suicidio: “Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare”.

La procura sottolinea che non si tratta di una revisione processuale o di un’indagine su chi indagò nel 2007. È piuttosto una rilettura tecnico-scientifica della scena del crimine, alla luce di tecnologie e metodi di indagine evoluti, in collaborazione con il RIS. Le nuove consulenze su analisi del sangue (BPA), impronte, profili genetici e ricostruzioni ambientali sono tuttora in corso.

Autore
Panorama

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