Fuga da Teheran, Kahmenei nel bunker sotterraneo. I suoi cercano un salvacondotto per Mosca
- Postato il 17 giugno 2025
- Politica
- Di Blitz
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Gli appelli di Benjamin Netanyahu al cambio di regime in Iran si accompagnano alle voci più disparate diffuse da media dell’opposizione all’estero su presunte fughe di esponenti del regime.
In fuga da Teheran
La televisione Iran International, basata a Londra, ha detto che Ali Asghar Hejazi, il vice capo di gabinetto della Guida suprema Ali Khamenei, è in trattative con le autorità di Mosca per ottenere un salvacondotto in Russia “se la situazione si deteriorasse”.
Lo stesso starebbero facendo altri dirigenti, ha aggiunto l’emittente, secondo la quale Khamenei è stato trasferito con i familiari in un rifugio sotterraneo nell’area di Lavizan, nel nord-est di Teheran.
La Guida Suprema al riparo in un rifugio sotterraneo
La Guida sarebbe stata messa al riparo dai raid israeliani, che ieri si sono estesi in pieno giorno ad aree del centro di Teheran dove sorgono le sedi istituzionali, compresi il Parlamento e alcuni ministeri. Un tentativo di uccidere Khamenei non può quindi essere escluso, specie dopo l’appello lanciato da Netanyahu venerdì al popolo iraniano ad “unirsi” contro un “regime malvagio e oppressivo” per farlo cadere.

Il premier israeliano ha tra l’altro smentito una notizia della Reuters secondo la quale il presidente Usa Donald Trump ha posto il veto all’uccisione del leader della Repubblica islamica.
Nel suo appello agli iraniani, Netanyahu ha reso omaggio alla “eredità storica” dell’Iran. Un fatto che, insieme con il nome dell’operazione militare, Rising Lion – qualcuno vi ha visto un riferimento al leone della bandiera monarchica pre-rivoluzionaria – ha fatto pensare a molti che Israele punti al rovesciamento dell’attuale regime per favorire il ritorno della dinastia Pahlavi.
L’appello di Reza, figlio dell’ultimo Scià
Reza, figlio dell’ultimo Scià, vive negli Usa e ha da diversi anni strette relazioni con Netanyahu. In un messaggio alla nazione, l’erede della casata, che oggi ha 64 anni e risiede all’estero da quando ne aveva 18, non ha chiamato gli iraniani a scendere in piazza, ma ad “atti di sfida” come “non presentarsi al lavoro, lavorare meno o arrivare in ritardo”.
Poi, rivolgendosi alle forze armate e di sicurezza, le ha esortate ad “allontanarsi dal regime e unirsi al popolo”. Per la prima volta dall’inizio dello scontro, oggi hanno fatto sentire la loro voce sette tra attivisti dell’opposizione e intellettuali. Tra questi le premio Nobel per la pace Shirin Ebadi e Narges Mohammadi e i registi Mohammad Rasoulof e Jafar Panahi, quest’ultimo vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes. In un appello pubblicato su Le Monde, i firmatari chiedono “la fine delle ostilità militari” e i “massacri di civili nei due Paesi”, così come dell’arricchimento dell’uranio in Iran.
Quanto al tema del cambio di regime, i sette si dichiarano a favore di un’uscita di scena dei “dirigenti attuali” e alla “apertura di un processo di transizione pacifica verso una democrazia”. Ma si dicono decisi a difendere “l’integrità territoriale dell’Iran e il diritto inalienabile del suo popolo a decidere per se stesso in un quadro di vera sovranità”.
Sui social media diversi utenti iraniani continuano intanto a condividere video che mostrerebbero la partenza dall’aeroporto Mehrabad di Teheran di aerei con a bordo esponenti non identificati del regime.
Voci e immagini impossibili da verificare nella tempesta propagandistica che accompagna la sfida militare. Sempre Iran International, tra l’altro, aveva dato venerdì la notizia dell’uccisione nei primi raid israeliani di Ali Shamkhani, tra i più stretti consiglieri di Khamenei. La televisione di Stato ha invece riferito che è rimasto ferito e che versa in condizioni “stabili”.
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