Fratelli coltelli, inchieste e veleni in Sicilia: ecco perché il deputato Messina ha lasciato il partito di Meloni
- Postato il 1 agosto 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Da “Fratelli d’Italia” a “Fratelli coltelli” il passo è breve. Un’escalation di colpi di scena stanno travolgendo il partito di Giorgia Meloni, a causa dei veleni originati dalla Sicilia e arrivati prepotentemente fino a via della Scrofa. L’ultimo atto di questa infinita storia sono le dimissioni last minute del deputato nazionale catanese Manlio Messina, già assessore regionale siciliano al turismo della giunta targata Nello Musumeci, e alfiere del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida.
“Comunico la mia decisione di lasciare il partito Fratelli d’Italia e di rassegnare le dimissioni dal gruppo parlamentare. Non aderirò ad altri partiti, né ora né in futuro. Nei prossimi giorni valuterò con senso di responsabilità se proseguire il mio mandato parlamentare, continuando a sostenere il Presidente Giorgia Meloni e il suo Governo, oppure se concludere anticipatamente questa esperienza, lasciando anche il ruolo da deputato. Un’esperienza intensa, che ha rappresentato la mia passione e il mio impegno più autentico verso la politica, a cui ho dedicato gran parte della mia vita”, ha detto Messina.
Nessuna parola di ringraziamento a Meloni e al partito, solo un generico riferimento alla passione politica. Potrebbe sembrare un fulmine a ciel sereno la scelta di Messina, che appartiene alla “corrente turistica” di FdI, eppure sarebbe stata covata da diversi mesi, tanto che tra i meloniani è emerso più volte il suo disagio, e il ripetere di continuo “me ne vado” ai colleghi.
Polveriera Sicilia: il caso Auteri – Già a novembre scorso Messina ha annunciato le dimissioni dopo lo strappo con Giovanni Donzelli. Il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia contesta a Messina di prendere le difese del deputato regionale Carlo Auteri, all’epoca vice capogruppo di FdI all’Assemblea Regionale Siciliana, accusato di aver fatto arrivare 125 mila euro di contributi regionali a due associazioni legate a suoi parenti. A gettare benzina sul fuoco si aggiungono le minacce di morte di Auteri al deputato Ismaele La Vardera, reo di aver raccontato degli affidamenti di soldi pubblici agli enti amici. Un episodio su cui FdI non può sorvolare, chiedendo il netto passo indietro di Auteri. Messina prova in tutti i modi a difenderlo, senza riuscirci: contrariato, abbandona persino i gruppi whatsapp del partito alla Camera dei deputati e nel coordinamento regionale. Alla fine lo strappo con Messina è ricucito, mentre Auteri prima si autosospende e poi lascia il partito per passare alla corte di Totò Cuffaro.
Dal caso “Cannes” al “sistema Galvagno” – La posizione di Messina è iniziata a traballare con insistenza dopo la recente diffusione della notizia dell’inchiesta per corruzione della procura di Palermo che coinvolge il presidente dell’assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno (pupillo del presidente del Senato Ignazio La Russa) e l’assessora al turismo Elvira Amata. In queste ore sono entrambi finiti davanti ai probiviri del partito proprio per riferire sul loro coinvolgimento nell’indagine, mentre la procura ha già chiuso l’inchiesta che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
Il peccato originale sono i quasi 4 milioni di euro stanziati dalla Regione per una mostra fotografica che rappresenta l’isola al 76esimo Festival del cinema di Cannes. Sulla vicenda si accendono i fari della Procura Europea (Eppo), della procura di Palermo e della corte dei conti. Il governatore Renato Schifani, che si dice all’oscuro di tutto, blocca il pagamento e decide di cambiare la delega all’assessore Francesco Paolo Scarpinato, anche lui vicino al ministro Lollobrigida: passa dal turismo ai beni culturali, mentre al suo posto subentra Elvira Amata.
Nel frattempo, la Guardia di finanza palermitana ha già iniziato ad indagare, ascoltando alcune delle figure che ruotano attorno al caso Cannes, tra cui Sabrina De Capitani, inizialmente vicina a Messina e poi diventata portavoce di Galvagno. Dai dialoghi intercettati, si allarga la rete di imprenditori interessati ad ottenere fondi regionali per organizzare eventi. De Capitani accenna anche alla vicenda di Cannes, ai suoi rapporti con Messina e con Patrick Nassogne, amministratore delegato di Absolute Blue Sa, la società lussemburghese che riceve i quasi 4 milioni di euro. Nelle diverse informative, Messina (non indagato) è celato dietro il nome di “Uomo 6”, ed emerge come la figura che sponsorizza a Galvagno l’organizzatrice di eventi Marianna Amata. Chi in precedenza poteva contare nel settore turismo su Messina, adesso sfrutta il canale Galvagno grazie alla presenza di De Capitani. L’indagine scuote fortemente il partito che però resta al fianco di Galvagno e Amata.
Veleni e commissari – Ma gli attriti interni si trascinano ormai da diversi mesi, tanto che a marzo scorso Luca Sbardella è stato scelto dai vertici del partito come nuovo commissario regionale, subentrando ai due precedenti coordinatori regionali, Gianpiero Cannella e Salvo Pogliese. Nello stesso momento, Messina si è dimesso da vice capogruppo di FdI alla Camera. Un commissariamento voluto fortemente da Roma per sedare le controversie interne e i mugugni, originati dall’ennesimo caso che ha travolto un componente del partito. Si tratta del deputato siracusano Luca Cannata, accusato da tre suoi ex assessori che erano stati al suo fianco quando era sindaco di Avola, di aver preso soldi in nero e senza tracciabilità per finalità di partito. Cannata attribuisce da subito la matrice delle accuse provenienti dal “fuoco amico”. Una frase che, per chi conosce il territorio siracusano, faceva pensare all’ex collega Auteri, ancora avvelenato contro Cannata per la sua espulsione. Ma resta solo un ipotesi. Sulla vicenda è stata comunque aperta un’indagine della procura di Siracusa. In precedenza, il deputato regionale Marco Intravaia ha lasciato FdI, per poi passare a Forza Italia, dopo alcune discussioni interne al coordinamento di Palermo in merito alla scelta del candidato per le comunali di Monreale. E non si può certo dimenticare il direttore generale Asp di Trapani, Ferdinando Croce, figura scelta dai meloniani, silurato da Schifani per il caos dei ritardi dei referti istologici.
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