Francia, Macron convoca i partiti per scegliere il nuovo premier. La scelta potrebbe ricadere sul solito Lecornu

  • Postato il 10 ottobre 2025
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Emmanuel Macron è tenuto a rompere gli indugi e a indicare oggi il suo nuovo primo ministro: le 48 ore di tempo che si era dato – dopo la fase delle ultime consultazioni affidate al premier uscente Sébastien Lecornu – stanno scadendo. Ne va della credibilità della Francia: entro lunedì va presentato in Assemblea nazionale il progetto di legge di Bilancio per il 2026, perché possa essere votato entro fine anno. In questo quadro frenetico, Macron ha convocato oggi alle 14:30 i leader dei partiti politici del gruppo centrale, della destra repubblicana e della sinistra (socialisti, ecologisti e comunisti). Non sono invitati all’Eliseo i responsabili di Le France Insoumise e il Rassemblement National, i due partiti degli estremi di sinistra e di destra, gli stessi che nei giorni scorsi hanno rifiutato di partecipare alle consultazioni e che puntano a un ritorno alle urne. L’ipotesi che Macron sciolga l’Assemblea tuttavia sembra ormai accantonata, almeno per ora. La scelta è decisiva: sarà il quinto premier francese in appena poco più di un anno e mezzo e questa volta, con gli occhi dell’Europa e dei mercati finanziari puntati su Parigi, è tenuto a durare.

Paradossalmente, per prendere la poltrona di Matignon, il nome che circola con maggiore insistenza stamattina è quello di… Sébastien Lecornu, lo stesso ex premier dimissionario che tornerebbe dunque a Matignon appena pochi giorni dopo aver lasciato l’incarico. Lecornu si è dimesso lunedì scorso, appena 14 ore dopo aver annunciato la composizione del suo governo, che ha tenuto solo una notte. Fonti di BFM Tv dicono che starebbe persino già elaborando una nuova lista di ministri. Un “Lecornu II” sarebbe una scelta “comoda” per Macron: il premier uscente si è mostrato abile nel trovare un accordo di governo e evitare le urne. Apparentemente privo di ambizioni presidenziali, Lecornu, leale e collaborativo, è il “soldatino” fedele di Macron, che così potrebbe mantenere il controllo della situazione. È proprio questo rischio di “continuità”, la mancanza di quella “rottura” sperata, che solleva le maggiori perplessità. Diverse voci, da sinistra a destra, ma anche dello stesso centro macronista, tra cui Gabriel Attal, chiedono a Macron di “condividere il potere” ed evitare un nuovo governo fragile sul nascere. Di accettare la “coabitazione”, come già prima di lui François Mitterrand e Jacques Chirac.

Da giorni socialisti, ecologisti e comunisti, che non si identificano con le posizioni più radicali degli “indomiti” di Jean-Luc Mélenchon, reclamano un premier di sinistra. Una scelta “logica” che rispetterebbe (finalmente) i risultati delle legislative anticipate del 2024, ignorati da Macron, quando il gruppo dell’alleanza delle sinistre arrivò in testa (pur avendo una maggioranza solo relativa, come tutti gli altri gruppi politici). Un segnale di apertura sarebbe dunque la scelta di un premier in rottura con il macronismo, credibile, ma “non ingombrante”. Una figura che per molti si identifica con Pierre Moscovici, socialista, ex ministro degli Esteri e poi dell’Economia, ex Commissario europeo per gli affari economici e attuale presidente della Corte dei Conti. Nelle ultime ore lo vediamo e leggiamo un po’ ovunque: ha concesso un’intervista a Le Parisien e stamattina era su BFM Tv. La Francia vive “una crisi globale – ha detto –. Ora bisogna uscirne, secondo me attraverso la politica. Bisogna riprendere il controllo della governance del Paese”. Tornano anche i nomi di altri due socialisti: Bernard Cazeneuve, un profilo istituzionale, già primo ministro socialista di François Hollande, compatibile con i macronisti, ma respinto dai vertici attuali del Ps (per non aver approvato l’alleanza delle sinistre e la creazione del Nuovo Fronte Popolare), e Jean-Yves Le Drian, dall’esperienza internazionale ma con il difetto di essere stato già ministro (degli Esteri) di Macron.

Nelle ultime ore si è fatto ripetutamente anche il nome di Jean-Louis Borloo, il “candidato” ideale invece della destra repubblicana, ex ministro di Nicolas Sarkozy, uomo politico di esperienza, apprezzato anche a sinistra. Stamattina Borloo diceva di non essere stato contattato dall’Eliseo. Come a ogni crisi viene poi messa sul tavolo l’ipotesi del governo tecnico “all’italiana”, di un “Draghi francese” (ma poi ogni volta si finisce per tornare a soluzioni politiche). È stato evocato il nome del governatore della Banca di Francia. “Sono come tutti i francesi: amo il nostro Paese e non ne posso più di questo caos politico. È tempo di fare compromessi”, ha detto stamattina François Villeroy de Galhau, ospite di LCI, escludendo il suo impegno a Matignon: “Ad ognuno la sua missione. La mia è la Banca di Francia”.

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Il Fatto Quotidiano

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