Francia, enigma Macron dopo l’ennesimo flop: destra e sinistra chiedono le dimissioni, lui resta trincerato all’Eliseo

  • Postato il 6 ottobre 2025
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Appena nato, alle 20 di ieri sera, il governo di Sébastien Lecornu è già caduto. Sarà durato appena una notte. E Lecornu incassa il record di primo ministro più breve della V Repubblica, solo 27 giorni. Avrebbe dovuto tenere domani il suo discorso di politica generale, invece stamattina ha presentato le dimissioni a Emmanuel Macron, che le ha accettate. Alle 10.45, ha preso la parola e scritto il suo epitaffio. “Non c’erano le condizioni”, ha detto. Ha accusato i colleghi di far passare le proprie ambizioni personali e gli interessi del proprio partito prima degli interessi della Francia: “I partiti politici continuano a comportarsi come se avessero tutti la maggioranza assoluta nell’Assemblea – ha detto -. Ogni partito pretende che l’altro adotti la totalità del suo programma, e questo vale tanto per la base comune, che per le opposizioni. Il principio stesso di costruire un compromesso è di riuscire a coniugare le linee verdi e tenere conto di alcune linee rosse. Eppure – ha continuato – basterebbe poco per riuscire, se molti sapessero mostrarsi più disinteressati, più umili e mettessero da parte il loro ego”.

È una situazione piena di incognite. La Francia è ricaduta nel caos in poche ore. Ieri sera, Lecornu, sotto pressione, dopo settimane di consultazioni e tre giorni di mobilitazione sociale aveva finalmente finito col pubblicare la sua lista di ministri. Aveva promesso una “rottura” nel modo di fare politica ed invece ha nominato un esecutivo quasi uguale a quello precedente, con dodici ministri su diciotto riconfermati al loro posto. E soprattutto ha richiamato al governo Bruno Le Maire, affidandogli la poltrona della Difesa che lui stesso aveva lasciato vuota. La sua nomina ha scatenato il caos per ovvi motivi: Le Maire è stato ministro delle Finanze di Emmanuel Macron per sette anni prima di diventare il “monsieur debito”, il primo responsabile, agli occhi dei francesi, del maxi debito pubblico che pesa oggi sulla Francia e che spinge centinaia di migliaia di persone a protestare nelle strade contro l’austerità giudicata da governi successivi, uno più effimero dell’altro, come solo rimedio.

Le Maire era stato anche convocato nel 2024 davanti ad una commissione parlamentare per far luce sugli errori di previsione del deficit dello Stato, annunciato al 4,4% del PIL e poi rivelatosi al 5,8%. L’ex ministro dell’Economia aveva allora parlato di “bug”, rifiutando di prendersi le sue responsabilità, e si è era messo in disparte dalla vita politica. Appena alcuni giorni fa aveva anche dichiarato in un’intervista che non sarebbe stato più ministro. La sua nomina è stata una sorpresa e soprattutto uno choc. Stamattina, nel governo appena nato, si è sollevata la fronda dei Repubblicani di destra. A guidarla Bruno Retailleau, riconfermato al posto di ministro dell’Interno, che, minacciando di lasciare il governo, ha accusato Lecornu di “non rispettare le promesse di rottura”, di aver nominato un altro governo troppo macronista per lui, ed ha chiesto una riunione immediata del suo partito. Lecornu lo ha anticipato e ha messo per primo la parola fine. Da indiscrizioni l’ex premier sarebbe stato messo in realtà di fronte ad un ultimatum dei Repubblicani: o Le Maire o noi. Il rancore verso l’ex gollista diventato macronista della prima volta, nel 2017, giudicato dai Repubblicani un “traditore” ancora a distanza di anni, avrebbe dunque avuto la meglio. La Borsa di Parigi crolla di due punti in qualche minuto.

Ora tocca a Emmanuel Macron. Come uscire da questa impasse? C’è chi chiede al presidente di sciogliere l’Assemblea nazionale, come nel giugno 2024, e di permettere ai francesi di tornare alle urne. Lo urla da settimane Marine Le Pen, che spera di raccogliere la maggioranza assoluta dei seggi: “È assolutamente necessario”. Per il Rassemblement National il macronismo ora è “un morto che cammina”. C’è chi ritiene Macron debba dimettersi, un’opzione che tuttavia il presidente ha già escluso più volte. Lo chiedono i Repubblicani di destra “nell’interesse del Paese”: “Macron deve programmare le sue dimissioni per preservare le istituzioni”, ha detto David Lisnard, vicepresidente LR.

Da parte sua, La France Insoumise vuole che la procedura di destituzione del presidente, che il partito ha già avviato a settembre, venga “esaminata immediatamente”: “Macron è l’unico responsabile di questo caos”, ha detto Jean-Luc Mélenchon, leader del partito della sinistra radicale. Dall’Eliseo per ora la risposta è il silenzio.

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