Francesco Storace: il trucco con cui Giuliano Amato fece la rapina del secolo

  • Postato il 1 ottobre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Francesco Storace: il trucco con cui Giuliano Amato fece la rapina del secolo

Si potrà raccontare che da quel prelievo forzoso nacque la seconda repubblica. Leggendo la splendida pagina del Corriere di ieri con l'intervista all'ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio realizzata dalla penna spettacolare di Francesco Verderami, capisci come quella rapina orchestrata da Giuliano Amato, nata per proteggere i conti della Repubblica, finì per scassarne le istituzioni e la loro credibilità. Perché non puoi venire nottetempo e derubarmi dei sacrifici che ho fatto. Quel sei per mille del luglio 1992 resterà nella triste storia di una democrazia che, more solito, trasferiva ai cittadini i debiti dello Stato. Strangolava le famiglie per salvare le proprie gozzoviglie degli anni della dilapidazione delle risorse pubbliche. Più recentemente tememmo il bis col governo di Mario Monti, ma nemmeno la fantasia del banchiere issato da Napolitano a Palazzo Chigi arrivò a ripetere il delitto Amato contro i cittadini che arrivarono a maledire il conto in banca.

In quel luglio'92 eravamo sotto Tangentopoli, l'odio contro la politica imperversava e l'Italia era innamorata del pool mani pulite. Ricordo che lavoravo al Msi, ero portavoce di Gianfranco Fini, che ne era segretario nazionale. Sentimmo distintamente la bomba dalle telefonate che subissavano il centralino del partito. Eravamo abituati al frastuono di altra dinamite, quella del terrorismo, ma quella in banca fu ancora più fragorosa. Dopo le tangenti, la rapina, appunto. Col sigillo di governo. Anche io mi preoccupavo, sposato da appena cinque anni con la donna che scelsi per tutta la vita, e certo non con un patrimonio solidissimo. Se non ci fosse stato suo padre chissà che fine avremmo fatto. Mi sentivo – in quei giorni- come quando scoprivamo con i miei compagni di classe quello che ci rubava la merendina. Era il più fidato della classe e invece ci regalava un dispiacere enorme. Nel derubarci e scoprire che era stato lui.

Su Amato non ci fu certo la sorpresa sull'autore del misfatto, ma l'onta saliva nella scoperta del furto legalizzato. Come se ci fosse stato un ordine di scoperchiare tutte le mattonelle dove si nascondevano i risparmi; come se in una notte avessero svaligiato tutte le case della città con la benedizione delle forze dell'ordine; sembrava l'8 settembre, quando l'Italia cambiò alleato. E il popolo diventava nemico. Altro che merendina, erano stati trafugati col prelievo forzoso tutti i conti correnti degli italiani. Che non potevano pronunciare una parola, se non la solita, fatidica e sostanzialmente inutile perché non rendeva certo giustizia: «Ladri». Stop.

A via della Scrofa, nel nostro minuscolo mondo politico ma con una straordinaria comunità umana c'era aria di rivoluzione. A parole ovviamente. Ma l'indignazione era enorme. «Ma Scalfaro parla? Interviene?», mi chiedeva Fini mentre ero incollato alle agenzie di stampa. Tanti anni dopo – ieri – sarà Monorchio a raccontare la furia di Ciampi, governatore di Bankitalia, contro il colpo al risparmio. Il popolo era comunque in rivolta e lo era in tutti gli schieramenti. La rapina era giunta inaspettata, anche se i giornali cominciavano a fiutare l'ipotesi nei giorni precedenti. «Ma ti pare che combinano una cosa del genere», si chiedeva incredulo lo stesso Fini. Eppure Amato lo fece. Non si lamenti se poi è stato Odiato.

Quel premier fece fessi pure i suoi ministri, tranne ovviamente quello del Tesoro, Goria, che fu suo complice (il termine è azzeccato). Nel testi sottoposti all'approvazione del Consiglio dei ministri – all'epoca non c'era spazio per i troppi “salvo intese” a cui ci ha abituato la seconda repubblica dei presidenti interventisti dal Colle – scomparve la manovra. La ritrovarono alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. La vergogna fu generale.

Il Msi non poteva tacere, ci dicemmo con i più alti dirigenti, su un prelievo inaccettabile. Si organizzarono manifestazioni nella città, anche se il mese di luglio non aiutava la mobilitazione, si stamparono e affissero centinaia di migliaia di manifesti in tutta Italia, ma il ladrocinio di Stato ebbe la meglio. Però dalla rabbia nacque quella protesta che portò gli italiani a poter scegliere finalmente l'alternativa. Archiviato il vecchio regime con l'emblema delle mazzette e dei conti correnti rapinati, la politica si organizzò con facce nuove. A perdere furono quelle vecchie. E il 1994 vide l'alleanza tra Berlusconi, Fini e Casini.

Ma il potere non poteva farsi sottrarre lo scettro dal popolo e orchestrò – sei mesi dopo quel voto- la manovra del primo ribalto ne della seconda repubblica. Però la strada era tracciata e quella politica – con la P maiuscola ieri più di oggi- ebbe la forza di rimettersi alla guida del popolo italiano. Quel presidente del Consiglio era solo Amato e non votato. Assieme alla combriccola dei suoi complici. Al massimo, negli anni successivi, ci rubavano il voto per far governare chi perdeva le elezioni.

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Libero Quotidiano

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