Francesca Albanese, "finanziamenti sospetti": gli Usa chiedono di licenziarla

  • Postato il 29 ottobre 2025
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  • Di Libero Quotidiano
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Francesca Albanese, "finanziamenti sospetti": gli Usa chiedono di licenziarla

La divisione per i Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha chiesto alle Nazioni Unite la rimozione immediata di Francesca Albanese dal suo incarico di Relatrice Speciale per i diritti umani nei Territori Palestinesi occupati.

Con un’interrogazione presentata alla Camera dei Deputati l’onorevole Mauro Malaguti di Fratelli d’Italia ha chiesto a sua volta se non sia il caso di unirsi all’amministrazione statunitense per fare luce sulle gravi accuse avanzate da UnWatch secondo cui l’Albanese avrebbe insabbiato insieme all’Onu presunti finanziamenti (circa 20mila dollari), ricevuti da gruppi di pressione filo-Hamas, oltre a essere stata artefice di «altre gravi violazioni etiche e comportamenti finanziari... che giustificano un’indagine urgente e indipendente».

 

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In particolare secondo l’Ong con sede a Ginevra, la cui missione dichiarata è proprio quella di «monitorare le prestazioni delle Nazioni Unite sulla base della propria Carta», durante un viaggio del novembre del 2023 in Australia e Nuova Zelanda definito di «lobbying», quindi già di per sé non conforme al mandato, l’Albanese ha partecipato avari eventi ricevendo finanziamenti esterni non governativi, violando quindi l’articolo 3 del Codice di condotta delle Nazioni Unite per le procedure speciali che vieta ai titolari di mandato di accettare favori, doni o remunerazioni da fonti non governative. Di mezzo ci sono almeno due associazioni, l’Australian Friends of Palestine Association (AFOPA) e la Free Palestine Melbourne, che hanno candidamente ammesso i finanziamenti, non sapendo probabilmente che ciò contravveniva alle regole dell’Onu, e non hanno mai nascosto il loro sostegno alla causa di Hamas. Secondo UnWatch il primo gruppo «ha elogiato il leader terrorista di Hamas Yahya Sinwar, definito “incredibilmente commovente”, dopo che questi è stato ucciso da Israele nell'ottobre 2024», mentre il secondo ha definito il massacro il 7 ottobre «un momento di svolta non solo per i palestinesi di Gaza, ma per l'intera regione, se non per il mondo intero!».

 

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La relatrice si è difesa sostenendo di non aver nulla da nascondere, l’Onu invece ha cercato di insabbiare tutto deferendo la questione al Comitato di coordinamento delle procedure speciali, un gruppo, spiega UnWatch, «privo di poteri investigativi e composto da amici e collaboratori stretti della Albanese».

 

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Il trucco ha funzionato fintanto che alla relatrice è stato rinnovato il mandato triennale la scorsa primavera quando, di fronte alle proteste, il Comitato di coordinamento ha frettolosamente prodotto una lettera cercando di scagionarla dalle accuse. Il Comitato però non ha potuto fare a meno di ammettere che l’Albanese ha effettivamente ricevuto finanziamenti da «organizzazioni esterne» filo-Hamas, definendo «inappropriata» anche una richiesta di denaro da parte della relatrice, da girare poi al suo assistente, in cambio della sua disponibilità a parlare a un presunto «accampamento di solidarietà con Gaza» alla Columbia University. Ebbene, fa notare Malaguti nella sua interrogazione, «se il caso Albanese fosse verificato e se ne dimostrasse la responsabilità, sarebbe molto più di uno scandalo personale, ma si trasformerebbe nella dimostrazione plastica di come il sistema ONU sia diventato terreno fertile per la propaganda ideologica di determinate parti politiche».

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Libero Quotidiano

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