Fraja: quelle ossa sacre che conducevano al Paradiso

  • Postato il 10 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Fraja: quelle ossa sacre che conducevano al Paradiso

Il Medioevo, di norma, è rattrappito dai pregiudizi di quanti, ubriachi d'illuminismo, considerano come “bui” secoli al contrario densi di quei progressi culturali e tecnici senza i quali non avremmo avuto il Rinascimento e la rivoluzione scientifica.

Anche il culto delle reliquie è, ça va sans dire, parte integrante di questa demonizzazione dell'Età di Mezzo. S'ignora che la società medievale, nelle sue varie fasi e alle sue diverse latitudini, aveva sicuramente una percezione più profonda del sacro, un contatto molto più vivo e diretto con la morte di quanto non accada oggi. Una speranza di una vita migliore in Paradiso e, al contempo, il timore di un Inferno, mitigato dalla invenzione del Purgatorio.

 

LA STRADA VERSO DIO

Tutto questo rendeva le reliquie un punto fondamentale per l'itinerario verso Dio, ricordando (come fa la Chiesa con fermezza) che le reliquie sono uno strumento per condurre l'uomo verso il divino ma non sono certo il divino.

Delle storie relative alla circolazione incessante delle reliquie nei secoli, di cui furono protagonisti non solo santi e uomini di Chiesa, ma anche sovrani, condottieri, donne straordinarie, nobili e gentaglia assortita (pirati, ladri e abili millantatori) ci fornisce un'ampia narrazione il saggio Sacre ossa (Laterza, 312 pagine, 19 euro) di Federico Canaccini.

In principio, e non poteva essere altrimenti, ad interessare il mercato furono soprattutto lacerti di carne e oggetti connessi alla nascita di Gesù Cristo. Nella romana Santa Maria Maggiore si trova la sacra culla in cui egli sarebbe stato adagiato dopo la nascita. Non solo, nell'imponente basilica capitolina sono conservate alcune fasce con le quali Gesù sarebbe stato avvolto. Tradizione vuole che, agli inizi del V secolo, le imperatrici Eudossia e Pulcheria ottennero dal patriarca di Gerusalemme alcuni di questi pannicula, C'è poi il prepuzio appartenuto al Figlio di Dio. Si narra che il sacro lembo di pelle fosse stato donato dall'imperatrice di Bisanzio, Irene, a Carlo Magno il quale, a sua volta, lo avrebbe regalato a papa Leone III in occasione della sua incoronazione a imperatore avvenuta in San Pietro.

Quando Cristo muore, ascende in cielo nella integrità (si presume) del corpo e dello spirito. Eppure, secoli dopo la sua crocifissione, cominciano a circolare diverse reliquie ex corpore Christi. A Costantinopoli, per esempio, vengono per anni conservati gelosamente i peli della barba strappati al Nazareno dai legionari romani. Sempre in relazione con la crocifissione, va segnalato che parecchia roba finisce ad Aquisgrana, alla corte di Carlo Magno, dove ancora oggi si trova, assieme ad un vestito di lana della Vergine Maria, il perizoma di Cristo in lino ruvido oltre al sudario intriso di sangue dopo la decapitazione di Giovanni Battista. Aquisgrana ha conservato anche il panno usato per la lavanda dei piedi con su impressa l'impronta del piede di Giuda.

Per secoli sono circolate reliquie relative ai primi anni della vita di Gesù, alcune delle quali ritenute improbabili già nel Medioevo. Nel santuario di Montevarchi per esempio. Bernardino da Siena si domandava incredulo e polemico come potesse essere rimasta traccia «del latte della Vergine Maria».

Non mancarono reliquie attribuite a San Pietro. Licinia Eudossia, moglie dell'imperatore d'Occidente Valentiniano III, nel 442 ottenne da sua madre Elia Eudocia le catene che avrebbero imprigionato il Principe degli Apostoli, conservate a Roma, nella chiesa da lei fatta edificare, quella di San Pietro in Vincoli.

In questo commercio di reSopra, in senso orario, le catene di San Pietro custodite in un reliquiario sotto l'altare maggiore di San Pietro in Vincoli a Roma, ma un anello può essere venerato anche nella chiesa di St. Peter a Rutland (Vermont, Stati Uniti). La parte anteriore del reliquiario dei Re Magi nel duomo di Colonia; a sinistra la reliquia con frammenti della culla di Gesù nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Il saggio «Sacre ossa», di Federico Canaccini, riporta le storie relative alla circolazione delle reliquie nei secoli, di cui furono protagonisti non solo santi e uomini di Chiesa sti corporali, oggetti d'uso, prodotti o tracce di personaggi d'importanza religiosa, o a essi attribuiti, mise il naso anche il grande imperatore Barbarossa. Nel periodo della lotta con i comuni dell'Italia centrosettentrionale, ordinò di prelevare dalla chiesa milanese di Sant'Eustorgio un prezioso cimelio che la tradizione voleva essere giunto ai tempi di Costantino: le reliquie dei Re Magi. Più o meno negli stessi decenni apparvero diverse reliquie legate al Santo Sepolcro, come quelle finite in Toscana e conservate inizialmente in un'abbazia attorno alla quale si sviluppò addirittura un borgo oggi conosciuto come Borgo Sansepolcro.

 

BENEDETTO E MAOMETTO

Non mancò chi per accaparrarsi le reliquie usò l'inganno. Nel 640, l'abate dell'abbazia di Fleury, tal Mammolino, organizzò una spedizione di monaci diretta a Montecassino, con un piano ben preciso, studiato e organizzato nel dettaglio: giunti al monastero, avrebbero simulato ai confratelli una rivelazione miracolosa e, sulla base di quella, essi «asportarono le sacre ossa di San Benedetto, celebre e principale istitutore dell'ordine monastico in Occidente, e di Santa Scolastica sua sorella, conducendole al loro monastero in Francia».

Ma le reliquie non sono e non furono un fenomeno solo cristiano. Se Gesù, da bambino, aveva perso almeno un dente da latte, anche al profeta Maometto ne era saltato uno. Quel dente non andò perduto: lo custodì a lungo gelosamente Maometto II, il tizio che conquistò Costantinopoli nel 1453.

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Libero Quotidiano

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