Fonseca non può più fare a meno del vero Leão 

  • Postato il 23 novembre 2024
  • Di Il Foglio
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Fonseca non può più fare a meno del vero Leão 

In un campionato con sei squadre ammassate in vetta come sardine, senza nessuno che abbia davvero messo in mostra qualcosa in grado di far urlare al miracolo, ci sono due grandi assenti: la tormentata Roma, che nel fine settimana proverà a vedere se davvero Claudio Ranieri non ha perso il tocco magico, e il Milan. C’è il trucco, ovviamente: al bilancio rossonero manca ancora la partita con il Bologna, per la quale è però davvero complicato assegnare i tre punti virtuali come se nulla fosse, anche solo per il fatto che la squadra di Italiano è lì, appaiata al Diavolo a quota 18 punti.

Finora, oltre che con gli avversari, il Milan ha dovuto fare i conti con un ospite inatteso ma conosciuto: la figura dominante e controversa di Rafa Leão, l’equivalente calcistico della scatola di cioccolatini di Forrest Gump. Con Leão non sai mai quello che ti capita: la versione devastante vista a Cagliari, dirompente di Madrid, fresca e leggera nelle uscite della Nazionale portoghese, oppure quella svagata, svogliata, irritante di tante, troppe partite di questa stagione milanista. Arrivati praticamente a un terzo del campionato, Paulo Fonseca dovrà iniziare a scendere a patti con la realtà in maniera secca e brutale: non può esistere un Milan competitivo senza il miglior Leão in campo. Le ha provate tutte, fin qui: lo ha blandito, sedotto con la fascia da capitano; lo ha bastonato pubblicamente, rinunciandovi spesso e, viene da pensare, malvolentieri; lo ha rilanciato nella notte più attesa, quella del Bernabeu, avendo in cambio una prestazione da vero Leão. Lo ha osservato scartare un’intera difesa salvo poi vederlo consegnare goffamente il pallone tra le braccia dell’incredulo Turati. 


A San Siro, adesso, arriva la Juventus, ed è un incrocio che il Milan non può permettersi di sbagliare. Vedere scappare i bianconeri, che nel big match si presenteranno incerottati e con più dubbi che certezze per via di assenze dal peso quasi incalcolabile, avrebbe i contorni della disgrazia, di una parola quasi definitiva sul resto della stagione. Il miglior Leão servirà anche per provare a far pagare a Savona lo scotto del noviziato, nonostante la meritata convocazione di Spalletti: Thiago Motta, del resto, non ha praticamente più alternative in difesa e viene da chiedersi cosa farà da qui a gennaio avendo a disposizione uomini contati, con un Danilo più crepuscolare che mai. La sosta per le nazionali lo ha privato a lungo anche di Cabal, rendendo corta la coperta proprio adesso che le temperature si abbassano, vista l’assenza già devastante di Bremer. Per una squadra che fin qui ha costruito la sua solidità proprio sui meccanismi difensivi, doversi reinventare – o dover procedere con l’inevitabile spremitura dei pochi sopravvissuti, a meno di bizzarri esperimenti – rischia di essere un boomerang terribile e pericolosissimo. Il Milan avrebbe tutte le armi necessarie per fare male a qualsiasi difesa: Pulisic, volendo trascurare le scelte di ballo post-gol, sta avendo una prima parte di stagione eccezionale e sa leggere meglio di chiunque altro i punti deboli delle retroguardie rivali, nascondendosi e riapparendo all’improvviso dove fa più male; Reijnders è impegnato in quella che pare a tutti gli effetti la stagione della consacrazione, con l’abilità in rifinitura finalmente accompagnata anche da una presenza decisiva in zona gol.

 

Ma è anche vero che i rossoneri hanno problemi giganteschi quando il pallone ce l’hanno gli altri: il pacchetto difensivo non ha mai convinto davvero e le voragini mostrate a Cagliari lasciano troppi punti interrogativi. Fonseca non sembra avere armi per tamponare questa emorragia che è anche figlia del suo modo di giocare, a meno di non voler stravolgere ancora una volta l’assetto, i principi, le convinzioni che ne hanno segnato non solo la stagione, ma l’intera carriera. È un amante del controllo del pallone, di difese aggressive che si spingono dove tutto, in questo Milan, consiglierebbe di non spingersi.


Stavolta, per paradosso, non c’è nemmeno un avversario contro il quale orientarsi. La Juventus che si presenta a San Siro ha infatti un altro grande problema, l’assenza dell’unico uomo privo di un’alternativa, stante l’assenza perdurante di Arkadiusz Milik. Dusan Vlahovic, reduce peraltro da una polemichetta da quattro soldi sul presunto eccesso di impegno difensivo chiesto dal suo tecnico, marcherà visita per ragioni fisiche. Vedremo dunque una Juventus inedita: mai, almeno dal primo minuto, Motta aveva rinunciato al centravanti serbo. Tra le tante soluzioni possibili e plausibili, pare si vada verso quella più suggestiva, anche solo per una questione di cognome: rivedremo un attaccante centrale di nome Weah a San Siro, ma non sarà George. Timothy è uno dei rigenerati di Motta, lo ha esonerato da compiti difensivi e gli ha restituito il piacere di azzannare lo spazio, di agire da ala pura. Adesso, realisticamente, gli toccherà spostarlo nuovamente, piazzarlo tra i due centrali milanisti con il compito di farli vivere nel terrore a ogni filtrante. Servirà anche la prima recita da protagonista di Teun Koopmeiners, uno che si esalta nel clima di San Siro, come dimostrano i precedenti, ma che per la vulgata deve ancora giustificare il robusto esborso estivo.

 

Dalle lune dell’olandese, dagli affondi di Weah e dalle sfuriate del duo di esterni composto da Conceiçao junior e Yildiz, oltre che dalla tenuta difensiva, passerà la serata bianconera. Motta ha un possibile match point per escludere il Milan dal discorso scudetto, almeno per un po’, costringendo Fonseca a rincorrere una classifica che pare aspettare tutti, ma non in eterno. Sarà una danza pericolosa su un equilibrio sottilissimo, un filo pronto a rompersi, a sfaldarsi al minimo appoggio sbagliato. Sarà, come sempre, una gara a chi sbaglia meno. Motta ci arriverà con le convinzioni di questi primi mesi e le ansie dei pezzi persi per strada, Fonseca cercando di non pensare a tutte le incertezze. Guarderà Rafa Leao, dalla panchina, seduto come Forrest Gump: aprirà la scatola di cioccolatini e pregherà che si tratti di quello giusto.
 

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Autore
Il Foglio

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