Fondi Ue per le armi d’Israele? Bruxelles assicura: “Non finanziamo progetti che colpiscono Gaza”. Garanzie? “Segrete”
- Postato il 11 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“La Commissione non finanzia alcun progetto militare impiegato nel conflitto a Gaza“. Da Bruxelles arriva la risposta all’inchiesta giornalistica di Investigative Europe e del consorzio greco Reporters United, secondo la quale l’Ue, attraverso il Fondo europeo per la difesa, ha finanziato il colosso delle armi israeliano Israeli Aerospace Industries. “Il Fondo europeo per la difesa – ha replicato un portavoce di Palazzo Berlaymont nel corso del consueto incontro con la stampa – è saldamente radicato nei valori dell’Ue e nel diritto internazionale”. E ha poi aggiunto che la Commissione valuta anche l’aspetto etico per ciascun progetto del Fondo, inclusi i casi portati all’attenzione mediatica dal consorzio investigativo relativi all’acquisizione parziale dell’azienda greca di armamenti Intracom da parte di quella israeliana Iai e alla fabbricazione di droni. “La valutazione è stata effettuata anche in questo caso specifico”, assicura il portavoce evidenziando che non è stata resa pubblica “per motivi evidenti”, ma che gli standard “sono stati rispettati”.
Nonostante la società greca sia al 95% di proprietà del colosso israeliano, una clausola del Fondo europeo per la difesa le permette comunque di accedere ai finanziamenti di Bruxelles: basta che la società e il Paese di appartenenza forniscano delle non meglio precisate “garanzie” e la partecipazione è ammessa. Garanzie che, nel caso specifico, sono segrete e non vengono divulgate. “L’associazione con aziende di Paesi terzi è possibile, come previsto dal regolamento del Fondo, ed è accompagnata da una lunga serie di garanzie, incluso il fatto che questi progetti, durante e dopo il loro ciclo di vita, non possono essere controllati né trasferiti a governi di Paesi terzi – ha infatti precisato il portavoce – Monitoriamo questa situazione con grande attenzione e, in caso di potenziali violazioni abbiamo la possibilità di rescindere i contratti e richiedere la restituzione dei fondi“.
Il punto, come si legge nell’inchiesta, è che è difficile pensare che alcuni di questi progetti non siano finalizzati a un utilizzo dei mezzi prodotti anche nel conflitto a Gaza. Ne sono un esempio Triton e Marte che puntano a sviluppare, rispettivamente, una tecnologia di sicurezza informatica basata sull’intelligenza artificiale e un carro armato, con quest’ultimo che coinvolge le italiane Leonardo e Iveco. Ancora più spinoso, secondo l’inchiesta, è un altro progetto, denominato Actus, il cui scopo è armare il drone francese Patroller e fornire la certificazione Nato al drone di sorveglianza greco Lotus grazie anche a ai 42 milioni di fondi europei. Il resto, per arrivare ai 59 milioni totali, verrà da 7 governi Ue: Francia, Belgio, Grecia, Cipro, Svezia, Finlandia e Norvegia.
La notizia ha provocato la reazione del Movimento 5 Stelle in Europa che presenterà un’interrogazione parlamentare: “C’è del marcio dentro le commesse affidate dal fondo europeo per la difesa e noi vogliamo vederci chiaro – si legge in una nota della delegazione pentastellata – Un’inchiesta svela l’uso di soldi pubblici europei per la fabbricazione di droni che potrebbero essere impiegati da Israele nella sua sporca guerra a Gaza. La più grande compagnia pubblica di armamenti israeliana avrebbe utilizzato una scappatoia per aggirare le norme europee acquistando il 95% di un’altra società greca così da poter ottenere fondi europei per la costruzione di armamenti. Intracom ha infatti utilizzato 14 milioni di euro di fondi europei per sviluppare il progetto Actus, la fabbricazione di droni militari e lo scorso 16 maggio ha annunciato la partecipazione in altri tre progetti finanziati sempre con il Fondo europeo per la difesa. In totale sono 7 i progetti su cui andrebbe aperta un’indagine da parte della Commissione europea. Per questa ragione annunciamo la presentazione di una interrogazione urgente per verificare se questi affidamenti rispettino il regolamento che istituisce il Fondo europeo per la difesa, ma anche la posizione comune dell’Unione europea sulle esportazioni di armi. Qualcuno a Bruxelles è complice del massacro che sta avvenendo a Gaza, mentre le lobby delle armi festeggiano per tutti gli affari resi possibili dal riarmo europeo”.
Anche Cecilia Strada, indipendente eletta tra le fila del Pd, ha voluto tenere alta l’attenzione sul tema: “Siamo oltre ogni peggior scenario. Non solo l’Ue non sanziona il governo israeliano per i massacri sistematici di civili inermi, ma finanzia anche la macchina di morte di un Paese che occupa illegalmente i Territori Palestinesi e che a Gaza massacra da oltre 20 mesi i civili in diretta? – si legge in una nota – Pretendiamo un chiarimento formale dalla Commissione sulle valutazioni etiche dei progetti militari finanziati e su quali specifiche abbiano reso idonea per fondi europei la greca Intracom Defence se poi finanzia la macchina bellica israeliana. E vogliamo anche che il governo italiano riferisca sull’eventuale ruolo dell’industria militare italiana in questi progetti. È inaccettabile che tutto ciò avvenga mentre la Commissione tace sul sequestro della Freedom Flotilla e sul fatto che molti dei suoi membri (tra cui diversi cittadini europei e l’eurodeputata Rima Hassan) siano ancora detenuti in Israele solo perché hanno rifiutato di mentire dicendo di essere entrati illegalmente in acque israeliane. Sappiamo cosa va fatto e va fatto subito: sospendere l’accordo Ue-Israele, fermare il commercio con le colonie illegali, chiedere agli Stati membri l’embargo di tutte le armi da e per Israele. E attivare subito il Regolamento di Blocco per difendere la Corte Penale Internazionale dagli attacchi che riceve da mesi”.
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