Fondazione Italia Digitale, un modello efficace nel promuovere la transizione digitale

  • Postato il 17 aprile 2025
  • Di Panorama
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Intelligenza artificiale, realtà virtuale, computer quantistici. L’innovazione tecnologica non si arresta mai, sospinta dall’umana curiosità e dalla sete di conoscenza. Ma tecnologia ha sempre voluto dire anche “vita quotidiana”, dall’aratro allo smartphone. C’è un legame indissolubile che ci lega alla tecnologia e, in particolare negli ultimi decenni, a quella digitale. Va da sé che questa tecnologia trasformativa necessiti di una legislazione molto attenta, non solo per regolarla, ma anche sensibilizzare la popolazione e creare le giuste policy.

Proprio mirando a questo obiettivo è stata creata la Fondazione Italia Digitale, Panorama ha avuto il piacere di conversare con il suo Presidente, Francesco Di Costanzo.

«La Fondazione Italia Digitale è nata nel 2021 per lavorare sulla cultura digitale nel nostro Paese e per favorire le giuste policy ad essa collegate. Devo dire che è stata un’idea azzeccata, perché oggi non si parla d’altro che di normative legate al mondo digitale. Noi mettiamo insieme moltissime realtà fra esperti, pr, imprese e professionisti. Guardiamo sia al lato della governance politica che a quello più ‘popolare’, concentrandoci sulla divulgazione, sulla cultura, sulle competenze e sulle conoscenze legate al mondo del digitale».

Riguardo all’ultimo tema citato, ritiene che nel nostro Paese ci sia un problema di “alfabetizzazione digitale”? Anche alla luce dell’elevata età media della popolazione?

Sicuramente, in Italia dobbiamo fare dei passi in avanti da questo punto di vista. L’approccio deve essere a 360 gradi. Il che vuol dire, ad esempio, capire cos’è l’intelligenza artificiale generativa, capire dove e come può essere utile nel nostro quotidiano o quali possono essere le storture da gestire. Bisogna fare certamente dei passi in avanti dal punto di vista dell’alfabetizzazione digitale, però va anche detto che negli ultimi anni la situazione è cambiata molto in positivo. Non siamo all’anno zero.

Per i più giovani è forse vero il problema opposto? Ovvero quello dell’iper-digitalizzazione?

Non credo. In realtà i più giovani sono molto capaci nell’utilizzo degli strumenti, soprattutto i cosiddetti “nativi digitali”, dove lo smartphone è uno strumento utile h24 nel quotidiano. Però poi, quando mi capita di andare nelle scuole o nelle università, la conoscenza nello specifico delle piattaforme, dei pregi e dei difetti, non è così ampia nemmeno nei giovani. C’è un problema di sovra-utilizzo, che però è ben diverso dalla comprensione reale degli strumenti utilizzati e del loro utilizzo.

Prima ha parlato di intelligenza artificiale, senza dubbio è la tecnologia “del momento”. Da questo punto di vista sono gli Stati Uniti a guidare l’innovazione, seguiti dalla Cina, crede che sia possibile per l’Italia e per l’Europa recuperare il terreno perso?

L’Europa parte da un ritardo molto ampio. Gli Stati Uniti investono nella ricerca e sviluppo, nell’implementazione dell’IA, oltre che nella formazione dei ricercatori stessi, da moltissimi anni. L’IA è tra noi da molto più tempo di quanto sembri. In questo momento c’è un gap enorme fra le due sponde dell’Atlantico, l’Unione Europea si pone nelle condizioni di fare l’arbitro, in altre parole mentre gli altri giocano l’Europa fa le regole. Regolamentare è sicuramente utile, e l’IA va messa in una cornice normativa di riferimento, ma non si può fare solo quello. Gli Stati Uniti rimangono avanti a tutti, con la Cina in grande recupero. L’Europa ha le capacità di creare le sue realtà legate all’IA, ma gli investimenti devono essere maggiori.

Quindi c’è troppa regolamentazione in Europa?

Assolutamente.

Un altro argomento legato all’IA e quello dell’educazione Stem (science, technology, engineering and mathematics), forse in Europa ci sono troppi pochi laureati in queste discipline e non si riesce nemmeno ad attirare le menti più brillanti dal resto del mondo?

Sicuramente sì. Come dicevo all’inizio, la nostra Fondazione nasce proprio con l’obiettivo di migliorare la cultura digitale nel nostro Paese. Il tema culturale è il primo in assoluto, bisogna fare uno scatto da questo punto di vista. Ti faccio un esempio: in passato si è vista molto demonizzazione e negatività intorno al tema delle piattaforme digitali, sui social network ma anche altrove, ora rivedo questo tipo di approccio sbagliato anche riguardo al tema dell’intelligenza artificiale. Serve innanzitutto un cambiamento culturale.

IA a parte, quali altri tecnologie digitali potranno avere un impatto significativo sul mondo?

Oggi il centro è l’intelligenza artificiale, che corre e continua a portare novità. Sicuramente anche la realtà virtuale si sta sviluppando, tra l’altro con investimenti importanti. Le due tecnologie stanno insieme, ad esempio dentro a tanti sviluppi di realtà virtuale è presente l’IA. Anche nel nostro Paese si cominciano a vedere delle belle sperimentazioni, pure nel settore pubblico. Penso ad esempio al primo ospedale in realtà virtuale, che è l’ospedale di Cagliari, ed è un qualcosa che sta funzionando molto con migliaia di contatti e partecipazioni da parte dei cittadini. C’è poi un altro esempio concreto, legato al Giubileo. Per l’occasione il Vaticano ha avviato un progetto importantissimo di realtà virtuale aumentata, con la collaborazione di Microsoft e Assist Group (molto attivi in questo settore), è stata ricostruita centimetro per centimetro tutta la Basilica di San Pietro. È stato anche creato un ecosistema digitale che permette di visitare, di prenotare visite e di accedere a determinati spazi della Basilica.

Le istituzioni si sono mosse sul tema della tecnologia, ad esempio con il piano “Italia digitale 2026”, legato al Pnrr, come valuta questo intervento?

È stato un innesto importante sul fronte della digitalizzazione. Il giudizio è certamente positivo, la cosa importante però è non fermarsi, questo tipo di investimento deve andare avanti negli anni. La digitalizzazione del Paese deve essere messa al centro.

E qui la vostra Fondazione può giocare un ruolo importante, avete novità per quest’anno?

Assolutamente, innanzitutto andremo avanti con la nostra attività quotidiana di divulgazione. Un esempio concreto è il nostro programma “Mind the gap”, con appuntamenti in molte città italiane, oppure il progetto “Non è mai troppo tardi”, pensato per il reinserimento lavorativo dei disoccupati. Poi, c’è il “Festival Digitale Popolare”, che torna anche quest’anno a Torino, il 10 e 11 ottobre. Il tema di quest’anno è “la città del futuro”, dove analizzeremo come il digitale e la tecnologia stiano cambiando la nostra vita.

Oggi si è votato nelle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavoro della Camera dei Deputati un emendamento bipartisan al decreto legge Pubbliche amministrazioni, che a voi stava molto a cuore.

Sì, finalmente dopo tanti anni il Parlamento dà il via all’istituzione della figura del Social media e Digital Manager nella Pubblica amministrazione. Per Fondazione Italia Digitale è un risultato storico, oltre che un risultato atteso da un’ampia comunità in tutta Italia. Ringrazio il ministro Zangrillo e il Ministero per la Pubblica Amministrazione, il sottosegretario Barachini e il Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio che hanno dato parere favorevole al provvedimento. Un ringraziamento va anche ai parlamentari Tenerini, Mollicone, Iaria, Casu e ai colleghi che hanno sottoscritto l’emendamento, ai gruppi parlamentari che lo hanno sostenuto (Fratelli d’Italia, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico), ai presidenti Pagano e Rizzetto e ai membri delle Commissioni competenti.

Naturalmente il nostro lavoro continuerà: l’obiettivo è raggiungere un modello organizzativo che tenga conto delle continue novità del mondo della comunicazione digitale e che integri tutte le professionalità coinvolte, giornalisti, comunicatori, social media e digital manager. Ora l’augurio è che le aule di Camera e Senato confermino questo importante risultato di innovazione per la PA e la comunicazione pubblica

Autore
Panorama

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