Flotilla, clamorosa svolta: sembra che le barche non trasportassero (o quasi) aiuti umanitari
- Postato il 4 ottobre 2025
- Di Panorama
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Come recita il vecchio adagio, «le bugie hanno le gambe corte». E la vicenda della Global Sumud Flotilla, che in Israele ribattezzano «Hamas-Flotilla», si è conclusa con quella che molti osservatori hanno definito una clamorosa figuraccia planetaria. Il Ministero degli Esteri israeliano ha reso noto ieri che nessuna delle quaranta imbarcazioni intercettate durante lo Yom Kippur trasportava aiuti umanitari. A sostegno di questa tesi, il dicastero ha diffuso un filmato della polizia in cui il portavoce Dean Elsdunne mostra l’interno vuoto di una delle navi più grandi della missione. Nel video, Elsdunne sottolinea che la totale assenza di aiuti spiega il rifiuto degli organizzatori ad accettare le offerte di Israele e di altri Paesi per la consegna dei beni, evitando così di entrare in una zona di guerra attiva e di violare la legge. «Non si è mai trattato di portare aiuti a Gaza. Si trattava solo di titoli e follower sui social media», afferma il portavoce.
A rafforzare questa versione è arrivato anche l’intervento dell’ambasciatore israeliano a Roma, Jonathan Peled, che in una nota ufficiale ha espresso la posizione di Gerusalemme: «In merito agli sviluppi recenti relativi alla cosiddetta Global Sumud Flotilla, desidero esprimere con fermezza la profonda indignazione dello Stato di Israele per la narrazione distorta e strumentale che ha accompagnato questa iniziativa. Presentata come missione umanitaria, si è rivelata nei fatti una provocazione politica deliberata, orchestrata con l’obiettivo di minare la legittimità di Israele e di favorire la propaganda di gruppi estremisti». Secondo Peled, «allo stato attuale le imbarcazioni fermate e controllate trasportavano una quantità di aiuti umanitari inferiore a quella contenuta in un singolo camion. Un numero irrisorio rispetto agli oltre mille cinquecento convogli entrati solo nell’ultima settimana a Gaza attraverso i canali ufficiali». Israele, ha aggiunto il diplomatico, aveva offerto vie sicure per il trasferimento di beni, «tra cui il porto di Ashkelon e la mediazione del Patriarcato Latino di Gerusalemme», ma queste opzioni sono state volutamente ignorate dagli organizzatori.
Durissimo anche il giudizio politico: «È grave che alcuni rappresentanti del parlamento italiano abbiano scelto di partecipare attivamente a questa operazione, ignorando gli appelli alla responsabilità provenienti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal primo ministro Giorgia Meloni, da altre figure istituzionali del governo italiano e da personalità della Santa Sede».
Il monito non si è fermato qui: «L’inosservanza di quegli appelli non solo ha messo a rischio la sicurezza di parlamentari e attivisti, ma ha contribuito a legittimare un’azione che presenta legami diretti con Hamas». Una «narrativa falsata e ideologizzata», aggiunge l’ambasciatore, che non si è limitata al piano mediatico, ma ha avuto conseguenze tangibili nelle piazze italiane, con manifestazioni culminate in episodi di tensione e scioperi, in alcuni casi accompagnati da «iniziative con connotazioni apertamente antisemite».
Sul fronte interno, il governo italiano non nasconde il fastidio per una vicenda che rischia di alimentare divisioni. Giorgia Meloni ha ribadito che la Flotilla non può essere presentata come una missione di pace, sottolineando la responsabilità di chi cavalca «un tema emotivo per fini politici interni». Più netta la reazione di alcuni ministri, che hanno accusato i promotori di aver messo a rischio «la credibilità delle istituzioni italiane» prestando il fianco a un’operazione «che nulla aveva a che vedere con l’aiuto umanitario».
Sul piano della comunicazione, gli analisti mettono in guardia contro quella che definiscono una «strategia di disinformazione». Elisa Garfagna, esperta di comunicazione digitale, spiega: «La comunicazione social portata avanti dalla Flottilla si basa su un inganno molto potente. Sfrutta l’idea di una missione umanitaria per attirare attenzione ed empatia, ma in realtà racconta solo metà della storia. Trasforma un tema molto complicato in messaggi semplicistici e provocatori, senza spiegare il contesto reale di sicurezza che Israele deve affrontare. Anche la questione del cibo viene strumentalizzata, usando un elemento vitale per rafforzare la narrazione contro Israele. L’intento umanitario diventa così uno strumento di propaganda, utile più a mettere Israele all’angolo che a portare aiuto concreto».
A gettare ulteriore benzina sul fuoco è un video emerso nelle ultime ore. Una donna, infiltratasi sotto copertura nelle flottiglie dirette a Gaza, ha registrato le riunioni interne e ha smascherato l’intera organizzazione. Nel filmato, ritenuto autentico, gli attivisti ammettono che «l’operazione è solo per pubbliche relazioni» e dichiarano apertamente che «i finanziamenti provengono da Hamas e dalla Fratellanza Musulmana». Una rivelazione che sembra rafforzare la linea israeliana secondo cui la missione non avrebbe mai avuto natura umanitaria, ma unicamente propagandistica.
Il governo israeliano mette in guardia dal rischio di «normalizzare derive di questo tipo», che alimentano «un clima di odio e un attacco alla convivenza civile e ai valori democratici». Secondo la nota, Israele avrebbe agito «nel pieno rispetto del diritto internazionale, esercitando un legittimo blocco navale in una zona di guerra attiva, come previsto dalle convenzioni internazionali». Da Gerusalemme si ribadisce inoltre che tutti i partecipanti sono stati trattati «con rispetto e assistiti dalle autorità competenti, come confermato anche dall’Ambasciata italiana in Israele». Infine, l’ambasciatore Peled ha assicurato che lo Stato ebraico «continuerà a difendere il proprio diritto all’esistenza, tutelare la sicurezza dei civili e contrastare ogni tentativo di strumentalizzazione politica che metta a rischio la pace e la stabilità nella regione». Un messaggio diretto non solo agli organizzatori della Flotilla, ma anche ai governi europei che, secondo Israele, non possono più permettersi di chiudere gli occhi davanti a operazioni che, sotto il paravento dell’umanitario, celano il marchio e i finanziamenti delle organizzazioni estremiste.