Fisco, Cida-Itinerari Previdenziali: “Un italiano su due non paga l’Irpef”

  • Postato il 30 settembre 2025
  • Di Panorama
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«Quasi un cittadino su due non versa nemmeno un euro di Irpef, e poco più di un quarto dei contribuenti si fa carico da solo di quasi l’80% dell’imposta. È come in una squadra di calcio: se solo tre giocatori corrono e gli altri otto guardano, non si vince nessuna partita». Parole di Stefano Cuzzilla, Presidente della Cida (la Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità), che  martedì 30 settembre ha presentato a Roma l’ultimo Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi realizzato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel corso del convegno “Il difficile finanziamento del welfare italiano”.

I dati della ricerca sono impressionanti: nel 2024, su una popolazione di 58,9 milioni di cittadini residenti sono stati 42,5 milioni quelli che hanno presentato una dichiarazione dei redditi. Di quelli che hanno presentato la dichiarazione, 11,5 milioni, gli appartenenti alla classe media, pagano il 76,9% del totale dell’imposta mentre i restanti 31 milioni ne versano solo il 23,1%. «Questo squilibrio logora il ceto medio, scoraggia i giovani e mette a rischio il futuro del Paese. Per questo, alla vigilia della legge di bilancio, chiediamo alla politica scelte coraggiose: meno evasione, più equità, investimenti veri su lavoro e salari», ha dichiarato Cuzzilla.

Per chi si appassiona per i numeri e le statistiche, l’Osservatorio offre una marea  di spunti. Come ha spiegato Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, quelli che dichiarano un reddito nullo sono 1,2 milioni. Da 0 a 7.500 euro di reddito lordo dichiarato si collocano 7,2 milioni di soggetti, il 17,12% del totale, che pagano in media 26 euro di Irpef l’anno e sono pertanto pressoché a carico dell’intera collettività.

Nella fascia subito superiore, quella dei contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15.000 euro lordi l’anno sono 7,6 milioni: in questo caso, l’Irpef media annua pagata per contribuente è di 296 euro, a fronte – a titolo esemplificativo – di una spesa sanitaria pro capite pari di circa 2.222 euro. Tra 15.000 e 20.000 euro di reddito lordo dichiarato si trovano circa 5 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.817 euro; seguono con redditi da 20.001 a 29.000 euro 9,7 milioni di contribuenti, con un’imposta media di 3.750 euro. Poi ci sono i redditi tra 29.001 e 35mila euro, fascia in cui si collocano 4,3 milioni di contribuenti: questi pagano un’imposta media di 6.254 euro l’anno e versano complessivamente il 13,16% delle imposte.

Sommando tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia dunque che il 72,59% dei contribuenti italiani versa soltanto il 23,13%: di tutta l’Irpef: «Una fotografia più vicina a quella di un Paese povero che di uno Stato membro del G7 e che parrebbe oltretutto poco veritiera guardando a consumi e abitudini di spesa degli italiani, che solo nel 2023 hanno destinato al gioco d’azzardo, slot machine e gioco online compreso, circa 150 miliardi di euro o che, ancora, figurano ai primi posti in Europa per possesso di abitazioni, moto e autoveicoli, smartphone e abbonamenti a pay-tv», è stato il commento di Brambilla.

Ma quindi chi paga davvero le tasse in Italia? A salire, la scomposizione per scaglione mostra quei poco più di 7 milioni di versanti con redditi superiori ai 35mila euro che, nella sostanza, si fanno carico del finanziamento del nostro welfare state. «Basta guardare questi numeri per capire dove sta la verità: meno di un terzo dei contribuenti sostiene da solo oltre tre quarti dell’Irpef. È una sproporzione che non possiamo ignorare.

Non è un sistema progressivo, ma un meccanismo che concentra il peso fiscale su una minoranza e lascia il resto del Paese sulle spalle di pochi. Chi guadagna dai 60mila euro in su, di fatto, finisce sempre per pagare per due: per sé e per chi resta totalmente a carico della collettività. È la trappola del ceto medio: molti ricevono senza dare, pochi danno senza ricevere. Ed è su questi pochi che regge l’intero welfare italiano» ha puntualizzato Cuzzilla.

Che ha aggiunto: «Oggi il vero banco di prova è la legge di bilancio quella stessa manovra che, come ha detto la premier Meloni, intende concentrarsi sul ceto medio. Non ci aspettiamo miracoli, sappiamo che le risorse sono poche. Ma è proprio nei momenti di scarsità che si misura il coraggio della politica. Serve un cambio di paradigma: smettere di disperdere energie in bonus effimeri e iniziare a costruire scelte di lungo respiro. Se il ceto medio è davvero al centro, allora bisogna crederci fino in fondo».

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Panorama

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