Filippo Turetta, è il giorno della difesa. I suoi avvocati: “L’ergastolo è una pena vendicativa. No alla legge del taglione”
- Postato il 26 novembre 2024
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Come ieri, Filippo Turetta è in aula. E assente, come ieri, il papà di Giulia, Gino Cecchettin. Dopo la requisitoria del pm, che ha chiesto l’ergastolo per il 23enne reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata, uccisa a novembre 2023 con 75 coltellate, oggi prende la parola la difesa davanti alla corte d’Assise di Venezia. I suoi avvocati – Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – puntano a evitare la pena massima per il loro assistito, detenuto nel carcere di Montorio, a Verona. Turetta deve rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, di sequestro di persona, di occultamento di cadavere e di stalking. Nell’udienza di ieri, davanti alla Corte d’Assise di Venezia, il pm Andrea Petroni ha parlato di “premeditazione certa, da caso di scuola”, aggiungendo che “nell’interrogatorio del primo dicembre 2023 e nell’esame dell’imputato in aula lo scorso 25 ottobre, ho avuto la spiacevole sensazione di essere stato preso in giro”. La prossima udienza, come da programma stilato dal collegio giudicante, sarà quella della sentenza, il 3 dicembre.
“Difficile difenderlo” – In apertura del suo intervento, Caruso ha ammesso che difendere il ragazzo, “reo confesso di un omicidio efferato“, “è un compito non facile”. E che di fronte a vicende come questa “il meccanismo più immediato è il ‘crucifige’. Vogliamo davvero pensare che a scattare sia stato il meccanismo della “presunzione di innocenza? La condizione empatica? Vogliamo pensare che la reazione al cortocircuito della comunità sia: ‘Fermiamoci per la presunzione di innocenza?”, ha aggiunto. “Assisto un giovane ragazzo che ha ucciso una giovane ragazza privandola della vita, dei ricordi, dei sogni, delle speranze, dei progetti e la priva di tutti i legami che la univano alle persone che l’amavano e aveva riposto in lei aspettative di un futuro radioso. Porterò una goccia d’acqua di legalità, voglio portarla fino alle sue estreme conseguenze”.
“Nessuna premeditazione, Turetta è un insicuro” – Caruso ha poi cercato di smontare l’aggravante della premeditazione, da sempre contestata dall’accusa. “Se c’è uno che non sa premeditare alcunché è Filippo Turetta. Non me ne voglia Filippo ma, a meno che non sia il più consumato degli attori, è insicuro: è insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui”, aggiunge il legale. Ieri, nella sua requisitoria il pm Andrea Petroni “ha detto che questo – al contrario – è un caso di scuola della premeditazione, dissento: non è proprio un caso di scuola” chiosa il difensore. E rispetto alla lista (era emerso che lo scotch ritrovato nell’auto di Turetta serviva per legare la vittima e i coltelli utilizzati per uccidere Giulia Cecchettin, erano stati messi nella Fiat Grande Punto prima dell’11 novembre, quando la ragazza è stata uccisa. In questa direzione anche la lista di cose da fare, trovata nel telefono dell’imputato, che risale al 7 novembre, ndr) che per la pubblica accusa rappresenta la prova della premeditazione del femminicidio, il legale continua: “Siamo sicuri che quella lista non sia una fantasia di agiti violenti? Denota davvero un proposito chiaro quella persistenza verso l’omicidio? La premeditazione -sottolinea il legale – non c’è stata, è piuttosto un vediamo un po’ come va”. L’elenco ha la finalità, a dire della difesa, “di rapire” la ventiduenne per farle cambiare idea e magari ricominciare la relazione.
“Pronunciate una sentenza secondo legalità” – Nell’arringa, dice rivolgendosi ai giudici togati e popolari, spiega: ”Io sono il colibrì, voi siete il leone, non abbandonate la foresta in fiamme. Porterò una goccia di legalità nel processo – ha affermato – È il principio di legalità che mi ispira oggi, voi siete chiamati a pronunciare non una sentenza giusta, ma dovrete pronunciare una sentenza secondo legalità. Non secondo la legge del taglione”, aggiunge l’avvocato, che ricorda che non è un processo indiziario, ma un processo in cui c’è da decidere solo la condanna di Turetta. “Da molto tempo”, spiega la difesa in un passaggio dell’arringa, l’ergastolo “è ritenuta una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo stato di diritto paga alla pena vendicativa, a chi ritiene che Turetta debba essere messo in carcere e vada buttata via la chiave. Questa è l’ipocrisia dell’ergastolo, no all’esposizione alla gogna mediatica dell’imputato, questa è inciviltà giuridica. Damnatio memoriae”.
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