Filippo Falchero, il primario con il piano nel cuore: “Non sono Rubinstein, ma ora suono la mia vita”
- Postato il 5 luglio 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Albenga. “Questa intervista è nata in modo semplice, nello studio dentistico dove esercito la mia professione. La penna è la mia, Eraldo Ciangherotti, odontoiatra. Il protagonista è il dottor Filippo Falchero, che ho avuto l’onore di conoscere anni fa, durante la sua attività di primario all’ospedale di Albenga. Ne ho sempre avuto grande stima, sia per le sue doti mediche che per l’eleganza umana. Quando ho saputo dei suoi successi musicali, ho sentito il desiderio, e il dovere, di raccontarne la storia. Questo dialogo nasce da una sintonia professionale, e si trasforma in un racconto di vita che merita di essere letto”.
Dalla sala operatoria al Conservatorio Paganini, dall’ospedale di Albenga alla stagione musicale di Sassello: la seconda vita di Filippo Falchero, chirurgo in pensione diventato pianista per passione. E con l’entusiasmo di un ragazzo, continua a studiare, suonare, organizzare concerti e coltivare il bello.
“C’è chi in pensione si dedica al giardinaggio, chi alla pet therapy, chi – più banalmente – alle bocce. E poi c’è Filippo Falchero, già primario della Chirurgia ad Albenga, classe 1947, che ha scelto il pianoforte. Non per passatempo, ma per disciplina, studio, passione vera. Uno che dopo essere andato in pensione ha preso il treno per Genova ogni settimana, si è messo sui banchi del conservatorio con ragazzi di vent’anni e ne è uscito diplomato, con tanto di esami, solfeggio e armonia.
“Un sogno nel cassetto” – dice lui – “e ora il cassetto si è finalmente aperto.”
Ma non si monti la testa chi legge. Falchero mette subito le mani avanti, con la lucidità di chi sa distinguere un traguardo da un trono:
“Non voglio che la gente pensi che, essendomi diplomato, sia diventato Rubinstein. No. Ho raggiunto un obiettivo che mi permette di suonare in pubblico brani frutto del mio studio e della mia sensibilità interpretativa. Tutto qui. Una cosa onesta.”
Dal bisturi ai tasti: una transizione tutt’altro che banale. La musica non è una novità nella sua vita. Da bambino suonava, poi da giovane smise. Come accade a molti, la carriera lo assorbì. Chirurgo stimato, direttore di reparto, chiamato a salvare vite ogni giorno.
“Ma ho sempre provato un pizzico d’invidia per quei ragazzi che vedevo entrare al conservatorio. Soprattutto all’estero: violino in spalla, partiture in mano. Sentivo che mi mancava qualcosa.”
Arriva la pensione, e con essa l’opportunità. Una nuova legge equipara il conservatorio all’università. Il vecchio ordinamento scompare, e al diploma triennale si può accedere anche da adulti.
“Mi sono informato, ho studiato solfeggio tutta un’estate, ho preparato i brani per l’ammissione. E ce l’ho fatta. Sono entrato al Conservatorio Paganini di Genova.” Studente “maturo”? Macché, uno di loro.
L’integrazione tra coetanei sarebbe stata difficile. Ma tra ragazzi no. “È stata naturale. Anche i più piccoli mi davano del tu, mi consideravano uno di loro. Con gli studenti più adulti è nata spesso una vera amicizia e un’ulteriore stima per coloro che, pur studiando in università, contemporaneamente davano gli esami in conservatorio.”
Certo, qualche difficoltà c’è stata: “Io non venivo da un liceo musicale. Armonia, per esempio, era la mia bestia nera. Mi alzavo alle cinque del mattino per fare gli esercizi prima di prendere il treno per Genova. Ma anche con i docenti è andata bene. Alcuni mi hanno capito davvero.”
La musica come linguaggio e la chirurgia come empatia. Uno dei momenti più emozionanti? Un trio di Mozart con due giovani musiciste, una violinista armena e una violoncellista liceale che oggi studia in Germania. “Quella ragazza era bravissima. Era indecisa se iscriversi a matematica o continuare con la musica. Ha scelto la seconda strada. E io mi sono sentito parte di qualcosa.”
Il punto in comune tra le due vite, quella del medico e quella del musicista, è l’espressività:
“Il musicista non deve solo suonare. Deve comunicare. Così anche il medico, e soprattutto il chirurgo: non deve mai dimenticare la sofferenza del malato. Ho sempre preteso che la caposala informasse i familiari se un intervento si prolungava. Partecipare all’emozione dell’altro è una forma di rispetto.”
Concorsi, concerti, e il richiamo delle Langhe. Falchero non si è fermato al diploma. Ha partecipato a concorsi pianistici amatoriali, con ottimi giudizi. Ha suonato a San Pietroburgo, in una sala gremita, durante un congresso che univa medicina e musica.
“I russi sono incredibili, a fine concerto ci hanno coperto di fiori.”
Anche il secondo premio al concorso Albert Schweitzer per medici musicisti a Roma, diversi riconoscimenti ai concorsi “Piano Lovers” a Milano, e un’esibizione a Roddino, paesino delle Langhe, su invito del fraterno amico Gianluigi Mancardi, neurologo genovese.
“L’obiettivo era promuovere l’invecchiamento attivo attraverso la cultura. Una bellissima esperienza.”
Tra le sue esperienze più sentite, figura anche il concorso pianistico Città di Albenga – Memorial Silvia Folco, a cui ha partecipato per ben tre volte. Un appuntamento carico di significato, non solo per l’occasione musicale in sé, ma anche per il legame affettivo con la città che per tanti anni ha rappresentato il cuore della sua attività professionale.
E poi c’è Sassello. Il ritorno alle origini, con la stoffa del direttore
Grazie alla sua esperienza di organizzatore e alla credibilità conquistata negli anni, Falchero ha dato vita a una stagione musicale estiva nel suo amato Sassello, il paese dove fin da bambino trascorreva i fine settimana con la famiglia, tra i boschi e le passeggiate in quota.
Oggi, proprio lì, ha concentrato tutte le sue capacità gestionali e organizzative, quelle stesse che da primario di reparto metteva al servizio dell’ospedale. Programmazione, contatti, logistica, visione d’insieme: tutto viene messo in campo per una rassegna che da tredici anni accoglie musicisti di fama internazionale, dal Quartetto di Cremona a Alexander Romanoski,Massimiliano Damerini, Linda Campanella, Matteo Peirone,Pietro di Maria, Alan Weiss e altri.
“Tutti mi chiedono come faccio. Io racconto la mia storia. Ex primario, oggi pianista per passione. E spesso mi danno una mano.”
La pensione non è la fine. È un’altra vita.
Falchero lo dice con fermezza:
“La pensione non dev’essere l’anticamera della tomba. Se si ha la fortuna di stare in salute, bisogna occuparsi di qualcosa. Non necessariamente nel proprio settore. Il chirurgo in particolare, per come è strutturato il suo lavoro, non può permettersi di continuare troppo a lungo. Ma può reinventarsi.”
Lui l’ha fatto con il pianoforte. E oggi suona la vita con la stessa attenzione con cui un tempo curava le malattie.
“Il mio tratto distintivo? Forse un bel suono. Ma soprattutto l’espressività, quella che ho messo in sala operatoria e che oggi metto in ogni frase musicale.”