Fermiamo, tra i giovani, il dilagare degli smartphone
- Postato il 2 giugno 2025
- Di Panorama
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A nove anni il 70 per cento dei bambini ha lo smartphone. Ragazzi connessi per oltre 30 ore a settimana, adolescenti in perenne contatto con i coetanei attraverso i social media che supera di gran lunga il rapporto fisico con loro. Di fronte a queste affermazioni si è diffusa una sorta di convinzione dell’ineluttabilità della situazione. È un po’ com’è successo per l’immigrazione. Si dice: è un fenomeno inarrestabile, si può provare a fare qualcosa ma certo andrà crescendo, dobbiamo accettarlo così com’è, e cavolate di questo tipo.
Esattamente nello stesso modo ci si pone di fronte a questa invasione e pervasione degli strumenti digitali, smartphone o tablet che siano, fino a farsene una ragione in quanto realtà sociale non governabile. A poco servono gli allarmi che vengono da psicologi e psichiatri che indicano cifre sempre più consistenti, ben oltre i 300 mila malati di dipendenza da internet di solo pochi anni fa. E a poco servono le ricerche che dimostrano problemi crescenti nel gestire i rapporti personali tra preadolescenti e adolescenti con i loro coetanei. Infine, a poco serve mettere in guardia sui grossi problemi di scrittura e apprendimento a memoria di chi passa più tempo dentro il virtuale che nella vita reale. E non si tratta di opinioni buttate là in una discussione durante una partita a briscola al bar, ma si tratta di ormai una moltitudine di studi fatti da università e istituti italiani ed esteri che dimostrano, direi in modo ormai inconfutabile, questi effetti negativi.
Eppure, nonostante il moltiplicarsi di ricerche e la loro diffusione sui mezzi di informazione, questa mentalità per cui siamo di fronte a un fenomeno rispetto al quale siamo inermi e impotenti si fa sempre più strada. E, se possiamo dire, è quasi più grave una simile arrendevolezza di fronte al dato di fatto che il fenomeno stesso: perché questo può essere governato, soprattutto con la collaborazione di famiglie e scuole, e come se può essere governato… L’ultimo report è dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), si intitola How’s Life for Children in the Digital Age? e si occupa, appunto, delle abitudini quotidiane dei ragazzi e dello svolgersi della loro vita nell’era digitale, proponendo anche possibili soluzioni per migliorare il rapporto tra nuove generazioni e tecnologia. È un rapporto che andrebbe diffuso in tutte le famiglie e in tutte le scuole.
La quasi totalità dei quindicenni, esattamente il 96 per cento, ha accesso a un computer o a un tablet e il 98 per cento possiede uno smartphone su cui oltre il 50 per cento trascorre più di 30 ore settimanali. Il che vuol dire 4,2 ore al giorno, probabilmente con picchi molto più alti nel fine settimana. Comunque, calcolando che la giornata conta 24 ore e che otto vengono passate di solito a dormire, mediamente cinque a scuola, una tra pranzo e cena, rimangono 10 ore delle quali tre o quattro dovrebbero essere dedicate allo studio, mentre il 40 percento del tempo rimanente è passato su internet, una cifra davvero mostruosa. Eppure è così, e moltissimi pensano che da qui non si possa tronare indietro. Un’autentica follia. Come ci informa la ricerca Ocse il 10 per cento degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni ha comportamenti problematici nell’uso dei social e i più colpiti sono ragazze e minori di origini straniere. Il 17 per cento dei quindicenni dichiara di sentirsi nervoso quando non ha accesso ai propri dispositivi. Il rapporto Ocse ci dice che l’abuso aumenta il rischio di sviluppare ansia e solitudine, peggiora la qualità del sonno, i risultati scolastici, diminuendo, come accennato sopra, il tempo dedicato alle interazioni faccia-a-faccia e all’attività fisica.
L’Ocse suggerisce di intensificare la raccolta dei dati per monitorare il rapporto fra mondo digitale e benessere dei giovani. Ha ragione da vendere perché molti fanno affermazioni sugli effetti dei social senza conoscerne l’entità reale, purtroppo, anche nella scuola e in tante famiglie. L’Ocse, inoltre, consiglia di sviluppare politiche che puntino all’ascolto e alla conoscenza del vissuto dei bambini, altra cosa sacrosanta, perché bisogna comprendere l’andamento di questo fenomeno che, per ora, è andato peggiorando. Chiede anche un’altra cosa, su cui però siamo più pessimisti, e cioè una normativa più dura e l’inserimento di filtri e controlli per prevenire e bloccare i contenuti dannosi per i ragazzi. Abbiamo l’impressione che a molte piattaforme, del destino dei ragazzi che le utilizzano interessi poco. n
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