Femminicidio Tramontano, confermato l’ergastolo per Impagnatiello ma esclusa la premeditazione
- Postato il 25 giugno 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Alessandro Impagnatiello – come chiesto dalla procura generale di Milano – è stato condannato anche in secondo grado all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Tramontano, la fidanzata al settimo mese di gravidanza, uccisa il 27 maggio di due anni fa nella loro abitazione a Senago nel Milanese. La Corte d’Assise d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado escludendo però l’aggravante della premeditazione come chiedeva l’avvocata Giulia Geradini. Confermate le altre aggravanti per l’uomo: la crudeltà e il vincolo con la vittima che aspettava un figlio a cui era già stato dato il nome di Thiago.
Il femminicidio – La giovane, originaria di Sant’Antimo in Campania, era stata colpita con 37 coltellate nella loro abitazione di via Novella 14 a Senago. Il cadavere era stato bruciato due volte nella vasca da bagno e nel box con alcol e benzina, spostato per quasi quattro giorni e nascosto fino al ritrovamento in un’intercapedine avvolto in dei teli di plastica la notte del fermo di indiziato di delitto. Prima del massacro della ragazza e del bimbo che aveva in grembo, l’uomo aveva tentato per mesi di farla abortire con un topicida.
L’accusa – La sostituta pg Maria Pia Gualtieri aveva di rigettare l’appello della difesa per escludere le aggravanti di premeditazione e crudeltà e concedere le attenuanti generiche, Impagnatiello “l’ha aspetta a casa, l’ha aspettata per due ore, non le ha dato neppure il tempo di discutere e di interloquire”. “Ha atteso che aprisse la porta di casa e l’ha colpita alla spalle” dopo aver scoperto circa quattro ore prima di “essere stato sbugiardato” dalla compagna che aveva incontrato l’amante sul loro posto di lavoro. Per la pubblica accusa la 29enne di Sant’Antimo è stata “barbaramente uccisa” mentre “portava in grembo suo figlio” ha detto incentrando l’attenzione dei giudici popolari guidati dalla presidente Ivana Caputo e dalla giudice a latere Franca Anelli su “alcuni dei colpi” delle 37 coltellate rilevate dall’autopsia. “Tre sono al viso, non letali – ha detto -. Li ha inferti per sfigurare, infliggere sofferenze inutili”. La Procura generale si era anche opposta alla concessione delle attenuanti generiche chieste per aver aiutato a ritrovare il cadavere e per essersi sottoposto a interrogatorio nel corso del processo.
La sentenza – La sentenza è arrivata dopo due ore di camera di consiglio e al termine di un processo di secondo grado durato appena mezza giornata. L’ex barman, 32 anni, aveva confessato di aver ucciso la compagna con 37 coltellate, dopo il suo rientro a casa la sera del 27 maggio. Quello stesso pomeriggio, infatti, Giulia si era incontrata e confrontata con la donna con cui Impagnatiello aveva da mesi una relazione parallela, facendo così crollare il suo “castello di bugie”. Dopo il femminicidio, l’uomo ha tentato per due volte di bruciare il cadavere, decidendo poi di nasconderlo dietro ad alcuni box a poche centinaia di metri dall’abitazione della coppia in via Novella. Nei giorni successivi aveva simulato la scomparsa della compagna, andando lui stesso a farne denuncia, e continuando a inviarle messaggi.
La giustizia riparativa – I magistrati si sono riservati, si esprimeranno con un’altra sentenza, sulla giustizia riparativa per l’imputato. La richiesta di accesso alla giustizia riparativa (la riforma Cartabia prevede un programma “con vittima surrogata”, anche cioè senza il consenso della famiglia della vittima) è stata chiesta con una memoria scritta e poi ribadita in aula dall’avvocata Geradini. Una richiesta a cui si è opposta la pubblica accusa e la famiglia della ventinovenne uccisa il 27 maggio 2023 a Senago.
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