Femminicidio di Sestri Ponente, l’imputato ai giudici: “Preparai una frittata ai bambini con il cadavere di Sharmin in cucina”
- Postato il 27 marzo 2025
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- Di Genova24
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Genova. “E’ stato un incidente. Avevamo litigato e lei mi aveva tirato un calcio facendomi cadere. L’ho tirata per i piedi, è caduta e ha battuto la testa”.
E’ questa la versione fornita oggi in aula davanti alla Corte d’assise di Genova, presieduta da Massimo Cusatti, da Ahmed Mustak, l’operaio accusato di aver ucciso nel loro appartamento a Sestri Ponente il 7 marzo 2023 la moglie Sharmin Sultana gettando poi il corpo dalla finestra e facendolo passare per un suicidio.
Il racconto: la lite, la caduta e i soccorsi mai chiamati
“Da un po’ eravamo in lite perché lei stava tenendo il passaporto per una sua amica che rischiava una perquisizione e io le dicevo che non poteva farlo, non doveva tenerlo a casa nostra” ha detto oggi in aula. La lite secondo l’imputato sarebbe cominciata intorno alle 19-19.30. “Anche quella sera litigammo per circa mezz’ora. Sharmin era molto arrabbiata e a un certo punto mi ha tirato un calcio nelle parti intime, facendomi cadere di lato. Le ho afferrato i piedi lei è caduta e poi ha battuto la testa su una pata puta, un grosso utensile di pietra che si usa per macinare le spezie e che tenevamo per terra”.
Mustak ha raccontato che ha visto la moglie che “perdeva sangue, aveva gli occhi aperti e non respirava” e che il figlio che era in salotto era entrato in cucina e vedendo il sangue si era messo a piangere”. Ha detto di aver spedito in bambini in camera e ha cominciato a pulire il sangue”. Perché non ha chiamato i soccorsi, gli ha chiesto il pm? “Perché avevo capito che era morta e se avessi chiamato polizia o carabinieri non mi avrebbero creduto”.
Così Mustak ha raccontato di aver pulito il sangue e poi di aver preparato la cena ai bambini con il corpo della moglie sul pavimento della cucina: “Mi sono messo a fare del riso e una frittata perché erano le 9 di sera e non avevano cenato. Sì Sharmin era lì, aveva gli occhi aperti”.
Poi avrebbe pulito di nuovo a trascinato “con una sciarpa legata ai piedi” il corpo della moglie in un’altra stanzetta. Da lì, solo molte ore dopo “verso le 4 e mezza, 5 del mattino ho sollevato il corpo sempre grazie alla sciarpa e l’ho gettato dalla finestra”.
Tutti i dubbi del racconto dell’uxoricida
Un racconto agghiacciante quanto pieno di elementi dubbi quello di Mustak che anche oggi ha ammesso che nei primi due interrogatori ha mentito. Ma anche sulla versione odierna troppi elementi sembrano non combaciare. A partire dall’ora del delitto o di quello che per l’imputato è un incidente visto che il vicino di casa della coppia ha detto senza esitazioni di aver sentito la coppia litigare la mattina del 7 marzo intorno all’alba mentre per l’imputato la donna sarebbe morta una decina di ore prima intorno alle 20 della sera del 6 marzo.
Poi non è chiaro come, nonostante lui abbia affermato di aver pulito più volte il sangue sul pavimento non sia rimasta proprio nessuna traccia per i carabinieri della scientifica che quella mattina hanno setacciato l’appartamento centimetro per centimetro. Tant’è vero che Mustak sarà arrestato solo nove mesi dopo il delitto, dopo lunghe e accurate indagini.
Lo straccio usato per pulire? “E’ rimasto in casa” ha detto Mustak “E anche la sciarpa”. E pure l’oggetto di pietra, il pata puta (sorta di mortaio), che avrebbe causato la morte della moglie, non è mai stato trovato nonostante lui abbia detto che lo aveva pulito e poi lo aveva buttato via solo mesi dopo. E anche qui: i carabinieri che hanno fatto la perquisizione non avrebbero trovato niente?
Incidente o omicidio volontario?
L’ipotesi degli investigatori è che anche questa sia una versione di comodo per tentare la carte dell’omicidio preterintenzionale quando si tratta invece probabilmente di un omicidio volontario avvenuto direttamente quella mattina con la lite e forse la donna spinta direttamente giù dalla finestra.
Il movente negato: “Non sapevo del colloquio di lavoro e non mi arrabbiavo per i social”
Mustak ha negato in ogni modo di essere sempre arrabbiato perché la moglie stava sui social e chattava con gli amici, elemento invece confermato, oltre che dai bambini della coppia, anche da molti testimoni che conoscevano Sharmin.
Ancora: Mustak ha detto di “non sapere” che la moglie quella mattina del 7 maggio avrebbe dovuto sostenere un colloquio di lavoro, come anche questa mattina ha raccontato un’amica di Sharmin, Rahki Hossein, che risiede in Svezia ed è stata sentita come testimone in video collegamento: “Il marito lo sapeva e non voleva che andasse al colloquio”.
La donna si era sentita con Sharmin anche il giorno prima della sua morte e quando aveva saputo quello che era successo non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio: “Sharmin non avrebbe mai fatto una cosa del genere”. Per questo aveva cercato di parlare subito con la polizia e aveva anche contattato il centro antiviolenza Mascherona: “Mustak per una settimana non mi aveva nemmeno risposto al telefono, poi mi aveva detto che si era suicidata ma per me era impossibile”.