Fausto Carioti: per paura di perdere voti, Schlein sta in silenzio sull'antisemitismo rosso

  • Postato il 3 ottobre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Fausto Carioti: per paura di perdere voti, Schlein sta in silenzio sull'antisemitismo rosso

Nell'universo non binario di Elly Schlein c'è una risposta binaria che la segretaria del Partito democratico deve dare: un sì o un no. La domanda è questa: la manifestazione nazionale contro la «entità coloniale sionista», ossia Israele, organizzata da tante sigle a sinistra del Pd per sabato 5 ottobre, si deve fare?

Il governo ha detto «no». Per motivi di ordine pubblico e per le ragioni di civiltà che ha spiegato il ministro Matteo Piantedosi: «Noi non vietiamo quasi mai le manifestazioni, difendiamo il diritto costituzionale di manifestazione del pensiero. Ma con preavvisi che in maniera più o meno allusiva tendevano a celebrare la data del 7 ottobre come l'esaltazione di un eccidio, non era possibile lasciar fare». Gli organizzatori promettono di scendere lo stesso in piazza. Il manifesto che mostra un fedayin col volto coperto dalla kefiah rende bene ciò che intendono fare dopodomani i tifosi dell'intifada.

Si può concordare con loro o con il governo, ovviamente. Quello che un partito e una leader che si candidano a governare l'Italia non possono fare è invece evitare la questione, fingere che non esista. E provare a cavarsela con la recita andata in scena ieri durante la segreteria del Pd. Una riunione che si è svolta e conclusa come nei teatrini della politica che la Buonanima di Arcore metteva alla berlina: frasi piene di retorica in cui l'unica cosa chiara è la voglia di scaricare sulla destra italiana ogni colpa, persino quella della guerra in Medio Oriente.

Bastava ascoltare ieri in parlamento Giuseppe Provenzano, che ha accusato il governo di «torpore e inerzia» dinanzi al comportamento di Israele, e Laura Boldrini, secondo la quale l'Italia è «irrilevante» perché l'esecutivo non fa quello che vorrebbe lei, ovvero «sanzioni a Netanyahu e ai suoi ministri e sospensione dell'accordo Israele-Ue». Poco prima, Schlein aveva concluso la riunione della segreteria spiegando che loro, per fortuna, sono diversi: «Il Pd vuole fare la sua parte in Italia e in Europa per il cessate il fuoco». Nessuno riesce a dire che il terrorismo mediorientale, da decenni, è armato e finanziato dall'Iran e dalla sua emanazione libanese, Hezbollah, che Israele ha meritoriamente decapitato e ora vuole rendere inoffensiva.

Una linea ridicola, prima che meschina. Se davvero, come sostengono quelli del Pd, un'azione internazionale avesse potuto fermare l'escalation, i colpevoli di «torpore e inerzia» andrebbero cercati a Washington, nell'amministrazione democratica di Joe Biden e Kamala Harris, i loro referenti a stelle e strisce. E se c'è un'istituzione che si è dimostrata «irrilevante» sono le Nazioni Unite guidate da Antonio Guterres, che il Pd difende dalle accuse di Israele.

Impotenti dinanzi al conflitto mediorientale, i partiti italiani e chi li guida possono e devono avere invece un ruolo nella vicenda del corteo di dopodomani. Se sull'entrata di Matteo Renzi nel “campo largo” Schlein può permettersi di non decidere, perché le elezioni politiche sono lontane e comunque si tratta di affari interni alla sinistra, ritenere o no un diritto da difendere quello di scendere in piazza per inneggiare allo sterminio dei «sionisti» è un fattore che definisce un leader, un experimentum crucis.

I motivi per cui la segretaria del Pd non vuole sottoporsi a questa prova di onestà politica si possono capire. Intanto, quei trentamila – o quanti saranno – e i tanti altri che simpatizzano per loro sono elettori che Schlein non intende regalare al movimento Cinque Stelle, nel quale covano un'ostilità per l'Occidente e i suoi valori e una simpatia per le dittature (Cina, Iran e il resto a seguire) paragonabili a quelle della peggiore sinistra. Nello stesso Pd, poi, il sentimento anti-israeliano è forte, anche se si maschera con facilità da avversione per il governo Netanyahu, sotto la quale si trova di tutto, dalla critica legittima all'antisemitismo più infame.

Non sempre, però, si può fare la cosa più facile, nemmeno dai banchi dell'opposizione. Quando il gioco si fa pesante, l'unico modo per non essere irrilevante è schierarsi, e in questo modo definire chi si è. Come fece Giorgia Meloni quando scelse di stare con l'Ucraina.

E allora chi è Elly Schlein? Cosa è il Pd? Un partito della sinistra liberale, nel quale non c'è posto per i nemici dell'Occidente, del quale Israele è il simbolo più odiato? Oppure un partito che corteggia la sinistra antisistema e non si vergogna a prendere i voti della feccia antisemita? Non rispondere non è una furbata: significa che nel momento più importante, quello in cui c'era bisogno di te, ti sei chiamato fuori, hai scelto di contare nulla.

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Libero Quotidiano

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