Fausto Carioti: Paragon e il caso spioni sono un boomerang per la sinistra

  • Postato il 9 febbraio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Fausto Carioti: Paragon e il caso spioni sono un boomerang per la sinistra

Nel governo non si respira quell'atmosfera di paura e accerchiamento in cui spera l'opposizione. C'è la convinzione che chi vuole trasformare la vicenda del software-spia Graphite nel grande «scandalo di Stato» (Angelo Bonelli dixit) che travolge l'esecutivo e i vertici dei servizi segreti, abbia sbagliato di molto i calcoli. Intanto perché non è affatto detto che a mettere sotto controllo le comunicazioni di Luca Casarini, capo della ong Mediterranea, di Francesco Cancellato, direttore della testata Fanpage, e altri, siano stati gli 007.

«Forse basterebbe pensare a chi, oltre ai servizi, può utilizzare quegli strumenti», avverte Guido Crosetto, con chiaro riferimento alle procure. E poi perché - e di questo a palazzo Chigi c'è certezza - le responsabilità non ricadrebbero sull'attuale gestione dell'intelligence. Se a fare quell'operazione fossero stati ambienti dei servizi, avrebbero agito all'insaputa della presidenza del consiglio e all'epoca dell'assetto precedente, che il governo Meloni aveva trovato ed era stato disegnato dai governi passati.

Per comprendere meglio, bisogna fare un salto al 22 ottobre del 2022, quando entrò in carica il governo Meloni. Quel giorno l'Aisi, l'agenzia per la sicurezza interna, era guidata dal generale dei Carabinieri Mario Parente; l'Aise, l'intelligence esterna, dal generale dell'Esercito Giovanni Caravelli, e il Dis, il dipartimento che coordina Aise e Aisi, dall'ambasciatrice Elisabetta Belloni. Parente era stato messo lì dal governo Renzi nel 2016 e confermato dal governo Conte e poi dal governo Draghi. Lo stesso Draghi, nel maggio del 2021, aveva nominato Belloni al Dis. Appena insediatosi, il governo Meloni avrebbe potuto invocare lo spoils system per cambiare i vertici delle agenzie e del Dis. Scelse invece di non toccare nulla, adottando la linea della prudenza istituzionale. È probabile che lo abbia fatto anche per evitare le polemiche che avrebbe scatenato l'opposizione: accuse di essere entrati in uffici tanto importanti e delicati «col lanciafiamme» e così via. Si preferì usare più tempo e precisione chirurgica: oggi l'impressione è che al governo, col senno di poi, qualcuno se ne sia pentito.

Resta il fatto che Parente è stato sostituito dal governo il 19 aprile del 2024, 58 giorni prima della scadenza del suo mandato, che non era più prorogabile. Lo ha rimpiazzato Bruno Valensise, la cui carriera era iniziata al Sisde, l'antenato dell'Aisi. E Belloni si è dimessa agli inizi di gennaio, quattro mesi in anticipo sulla fine del mandato, per accettare (si sapeva già allora, se ne è avuta la conferma poi) la proposta della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che l'ha voluta come consigliera diplomatica. Al suo posto ora c'è Vittorio Rizzi, una lunga carriera ai vertici della Polizia. Dei tre che il governo aveva trovato, è rimasto solo il confermatissimo Caravelli, fondamentale nella liberazione di Cecilia Sala. Altre posizioni sono state riviste. In questo assetto, a palazzo Chigi hanno completa fiducia. «Il sistema della sicurezza nazionale è in ottime mani e non c'è nessun conflitto interno ai servizi», dicono commentando le ultime vicende.

Quelle che emergono, dunque, sono scorie del passato, tra le quali rientrerebbe anche la vicenda dello spionaggio ai danni di Gaetano Caputi, capo di gabinetto della premier. E nessuno se la sente di escludere altri colpi di coda. Nulla di cui questo governo sia al corrente, comunque, o che ricada sotto la responsabilità dei nuovi vertici dei servizi. Per questo non fanno paura le voci che da sinistra si alzano sulla vicenda Paragon, né Giuseppe Conte che prova a indicare il governo come mandante dello spionaggio («Fanpage si è caratterizzata per un'inchiesta sulla gioventù di FdI. Non ho elementi, ma sono fatti di estrema gravità...»).

Un altro dato rilevante è la mancanza di proporzione tra quello che sta avvenendo qui e ciò che si vede negli altri Paesi. Secondo Meta, la società proprietaria di WhatsApp, da cui è partito l'allarme, ad essere stati spiati col software Graphite sarebbero novanta cittadini di quattordici Paesi europei. Gli italiani sotto controllo risulterebbero essere sette, tre dei quali – Casarini, Cancellato e Beppe Caccia, l'armatore di Mediterranea – avrebbero, sino a questo momento, sporto denuncia. Eppure solo in Italia il governo è messo sotto accusa.

Solo qui l'opposizione – una sua parte, almeno – ha deciso di chiedere all'esecutivo apertura e trasparenza sull'operato dei servizi segreti, che per definizione hanno bisogno di zone opache e riservatezza, senza le quali non potrebbero fare il loro mestiere: spiare organizzazioni che tramano contro gli interessi nazionali, seguire sospetti di terrorismo eccetera. E anche questo, a suo modo, tranquillizza: pretese così velleitarie durano finché non fanno uno scontro frontale con la realtà.

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Libero Quotidiano

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